L’occasione è stata la presentazione di questo fantastico libro: Zafferano Zaafran che incrocia le storie di amicizia e amore per la cultura dei due autori, l’artista aquilano Sandro Visca e il fotografo pescarese Luciano D’Angelo, amici da tanto tempo. Ma poi, già solo il pubblico che ha gremito la sala conferenze dell’Hotel Villa Maria di Francavilla per il convegno prima della presentazione, ha fatto capire che l’occasione di cui sopra sarebbe diventata il primo passo di una vera rivoluzione: per salvare lo zafferano abruzzese dal rischio di estinzione e promuovere la primogenitura di quello coltivato e colto nella Piana di Navelli dov’è nato il libro, come il primo d’Italia, lo zafferano migliore nel mondo. Una rivoluzione “colturale” di cui siamo diventati parte, mettendo lo spazio de L’Abruzzo è Servito felicemente a disposizione della causa: così ospiteremo ricette a base di zafferano, per promuovere e allargare conoscenza, storia e cultura dei piatti e del loro ingrediente principe.
Ma andiamo con ordine. Il nostro impegno nasce da un moto spontaneo suscitato dal convegno. Ed è sgorgato per giustizia. Perché lo zafferano arrivato già prima del 400 a L’Aquila rischia l’estinzione, di nuovo. Delle 5 tonnellate che si producevano allora, oggi sono rimasti meno di 70 chili. E’ abbastanza perché lo zafferano abruzzese resti il migliore e più invidiato e imitato al mondo. Ma è poco perché abbia un futuro certo, inoppugnabile. Lo ha rimarcato via Skype Giovanni Piscolla, presidente dell’Associazione Zafferano Italiano, che ha lanciato il marchio “Città dello zafferano” che produttori e operatori stanno cercando di far decollare a fatica da quando sono diventati una Dop, nel 2008, insieme al marchio di prodotto biologico, che oggi non ha, perché si aprano mercati internazionali che ora sono chiusi e forse anche perché è difficile, quando la nicchia è così stretta, starci in tanti dentro.
Ma una rivoluzione culturale sulla coltura va fatta, perché lo zafferano abruzzese non è solo buono: serve a tante cose, scoperte grazie a Giuseppe Roberto, studioso del Cnr, voce dell’Istituto di chimica Biomolecolare di Catania che ha parlato di quanto sia importante nei profili metabolici conoscere le qualità di questa pianta. E oltre a presentarne il suo profilo biologico ha detto una cosa speciale: “Il fiore dello zafferano ha lo stesso aroma del cioccolato, è quanto di più simile ad esso ci sia in natura e se qualche imprenditore, qui, volesse provare e produrre crema di zafferano per trovare ancora altri sbocchi alla produzione, noi daremmo tutto il nostro appoggio tecnico”. Zafferano uguale cioccolata. Wow.
Ma non sarà l’unico wow del convegno. Un altro motivo di stupore è stato lo scoprire che malgrado tutto questo lo zafferano rischia di nuovo l’estinzione.
Il perché? “Ce ne sono tanti di perché, quello principale – dice provocatoriamente Valentino Di Marzio, presidente della storica Cooperativa di Navelli – è che la terra è bassa e i giovani non si piegano verso la terra come una volta. Per dare futuro allo zafferano bisogna invece abbassarsi sulla terra, seminarlo e raccoglierlo”.
Un peccato. Alberto Piaggesi, della Valagro, una Spa che rende l’agricoltura d’Abruzzo
nota in tutto il mondo per l’alta sperimentazione che mette in campo, spiega tecnicamente l’unicità della pianta: “Per un chilo di zafferano servono 100mila fiori, che occupano 1.000 metri quadri della Piana di Navelli. Una piana che lo vede crescere e fiorire a 800 metri d’altezza da secoli, rinnovando una specie di miracolo che lo rende unico al mondo per caratteristiche ambientali e sapore”. Non si verifica in nessun altro posto dove lo zafferano c’é storicamente: dalla Spagna alla Grecia, dal Maghreb a tutto il Medioriente e in questi posti lo sanno e conoscono lo zafferano aquilano, lo hanno raccontato tutti i convitati.
Non basta. Attraverso la relazione della dottoressa Vania Griffo, nutrizionista dell’Agenzia Spaziale Italiana, infatti, si scopre che lo zafferano ha proprietà che lo rendono un antidepressivo naturale, agevola la perdita di peso, ha piccoli poteri taumaturgici popolarmente noti nel luoghi di produzione e potrebbe, per le sue proprietà, essere impiegato meglio anche in medicina, essere coltivato per alimentare una fitoindustria locale: “In base alla mia esperienza e alla conoscenza e applicazione fatta dello zafferano posso solo avallare un detto rivelatore – dice – Fa che il cibo sia la tua medicina e che la medicina sia il tuo cibo”.
Il crescendo del convegno sale in quota con un invitato particolare, Sergio Maria Teutonico, firma abruzzese della cucina nazionale, è originario di Rosello. E’ noto come cuoco, ma ha una storia di tutela della qualità e del km zero che porta ovunque cucini, dalla trincea tv di un fortunatissimo programma in onda su Alice, “Colto e mangiato”, a quella della sua Palestra del cibo a Torino e alle docenze che ha in vari istituti di formazione, a quella radiofonica di Radio Capital e giornalistica di Repubblica e, infine, a quella letteraria, perché scrive libri dove non ci sono solo ricette, c’è il cibo, persino quello cucinabile sul motore della sua moto (esperienza che ha fatto, strepitosa). “Amo lo zafferano e sono nato a Milano, ma figlio di emigranti – esordisce – e il risotto alla milanese, quando ho cominciato a cucinare mi faceva una gran rabbia. Lo zafferano è roba nostra, ma quel risotto è associato alla cucina lombarda. Poi, com’è che il risotto è più famoso dell’ingrediente madre? Perché, soprattutto, farlo con uno zafferano
nordico che in verità arriva pure dall’Iran?! Perché mi sono dovuto imbattere in uno zafferano di Gimignano, quando lo zafferano VERO si fa in Abruzzo?! Per questo vi lancio una sfida: non consideriamolo una spezia, lo zafferano è zafferano, va trattato come un’eccellenza, perché valorizza l’alta cucina, credetemi, io la faccio. Ma ha impieghi anche semplici. In 27 anni di lavoro ne ho viste di ogni: sulle bustine di zafferano ci sono scritte cose inenarrabili. Bisognerebbe leggerle prima di usarlo e prendere solo quelle in cui c’è scritto che lo zafferano è prodotto in Abruzzo. Lasciamo perdere le altre provenienze, è un prodotto del territorio, del nostro territorio in primis, fa cultura e richiede rispetto”. Quanto sia versatile lo dimostra subito: “Cucinatelo – conclude – Attraverso i piatti la coltura si salva”. Una ricetta fast: seppioline croccanti condite con emulsione allo zafferano, un quarto d’ora di lavorazione.
Il presidente del Consiglio Regionale Nazario Pagano accoglie la sua provocazione: “Farò un disegno di legge che tuteli l’impiego e la promozione del “nostro” zafferano”, annuncia. Poi, l’assessore al Bilancio Carlo Masci, con Pagano promotori del convegno proposto da D’Angelo e Visca, spiega: “Questo è un primo passo, abbiamo creduto in questo evento perché era necessario fare qualcosa per non perdere coltura e cultura dello zafferano, faremo altro, perché la sua produzione è un veicolo preziosissimo di immagine e storia abruzzese”.
E il crescendo, di colpo esplode. Prende la parola il professor Tammaro, dell’Università dell’Aquila: “Ma come non si è fatto nulla fino ad oggi? Nell’89 organizzammo a L’Aquila il primo convegno internazionale sullo zafferano. Ma come è soprattutto antidepressivo e dimagrante? Va usato con cautela, perché è anche emorragico e abortivo se non viene usato con conoscenza. Ma come non ci sono libri? Noi scrivemmo un vero trattato sullo zafferano. Non siamo all’anno zero, assolutamente. Bisogna ricominciare da quello che c’è, che è tanto”.
Interviene un medico che attacca il prodotto in bustina e un pezzo di storia di coltivazione e raccolta della Piana di Navelli si alza in piedi, apre una bustina di zafferano Dop e gliela mette sotto il naso, mentre l’odore secco e caldo della polvere invade subito la platea: “Senta un po’ se non odora e se ha un colore diverso da quello non in polvere e dopo parli!” E’ Gina Sarra, la sorella di Salvatore Sarra. Salvatore di nome e di fatto, perché se lo zafferano aquilano ancora c’è, lo si deve a lui che lo ha preso, ripiantato e riprodotto quando era a rischio di estinzione e messo in piedi una Cooperativa, la Cooperativa, da 40 e passa anni, sentinella e motore dello zafferano abruzzese unico al mondo. Gina è un fiume in piena: “Ma come
non ci sono ricette – chiama in causa Teutonico – Io ne ho migliaia. Non lo abbiamo solo prodotto lo zafferano in questi anni, lo abbiamo anche cucinato. E’ che nessuno le prende le ricette, ve le farei vedere, sono centinaia, altro che risotto”.
E a questo monito non abbiamo resistito e pubblicamente ci siamo impegnati: “Gina, le prendiamo noi le tue ricette”. E grazie al convegno, al suo crescendo e alla passione della gente dello zafferano, presto le scopriremo insieme in questo spazio che da aprile mette insieme notizie, piatti e cultura, con umiltà e orgoglio.
Il clima cambia quando Federico Fazzuoli raggiunge il tavolo dei relatori, è lui che presenta il libro. Si siede in mezzo agli autori e comincia a sfogliarlo: “Questa è un’opera d’arte – dice – fatta da due artisti veri. Si capisce dai testi e dalle incisioni di Sandro Visca, preziosissime. Si avverte subito dalle foto di Luciano D’Angelo, uniche. Il libro racconta storie. E presenta lo zafferano qual è: un diamante. Immaginate che l’Abruzzo sia Bulgari, una gioielleria dove questa pianta c’è, è il gioiello. Ecco, bisogna portare non lo zafferano fuori dall’Abruzzo, ma il mondo in Abruzzo, dove si produce lo zafferano. E il libro Zafferano Zaafran è un biglietto eccezionale di questo viaggio”.
Nasce da una storia di amicizia, quella fra Visca e D’Angelo: “Ci conosciamo da anni -dice Visca – professionalmente ci siamo ritrovati nello zafferano. Quando Luciano mi ha detto che stava facendo libro mi ha aperto un mondo che mi ha travolto, prima da aquilano e poi da appassionato di cucina. E’ stato bello andare oltre, con il libro lo facciamo: abbiamo voluto aprire un discorso capace di riaccendere una luce su tale prodotto”. L’idea del libro è arrivata mentre D’Angelo era in Marocco: “Stavo facendo delle foto nella Zaafran Valley – racconta – Una guida del luogo mi faceva da interprete mentre intervistavo il sindaco della città dove mi trovavo, un signore in apparenza semplice, parlava solo in lingua berbera, ma quando sentì che ero abruzzese, lui mi disse che conosceva la mia terra perché era quella dello zafferano dell’Aquila. E’ iniziato tutto lì e con Sandro la cosa si è evoluta, il libro racchiude una galleria di storie, di gesti, come la postura che assume chi lo raccoglie, è un percorso di grande forza evocativa che speriamo serva allo zafferano d’Abruzzo e a noi abruzzesi perché ci decidiamo a fare del nostro territorio un luogo di cultura, un luogo da frequentare”.
Il convegno si è chiuso con questa certezza che è anche un monito. Poi è arrivato il momento di assaggiare tutto quello di cui si è parlato, attraverso la splendida cena cucinata da una splendida firma della cucina abruzzese: Marcello Spadone, cuoco, chef stellato del ristorante la Bandiera a Civitella, fantastico alchimista di sapori che ha giocato con lo zafferano producendo i piatti che vi illustriamo di seguito. Un altro viaggio, che comincia anche per noi che abbiamo deciso felicemente di dare spazio alla cultura di questa coltura che ci appartiene.
Insalatina di Erbe spontanee, formaggio di capra e caramello allo zafferano.L’uovo d’oro. Dalla nostra tradizione… pappardelle alla genovese d’anatra. Agnello pane menta e campagna. Crema bruciata alla liquirizia e gelato allo zafferano.
Vini Marramiero Brut Metodo Classico, Zaccagnini San Clemente Trebbiano d’Abruzzo, Marramiero Inferi Montepulcianbo Doc, Zaccagnini Plaisir Bianco Passito.
Mi interessa lo zafferano per semplice affetto. Ho parlato con Antonella e lei conosce perché .
Antonella mi ha detto, per noi comincia un percorso dedicato allo zafferano, faremo di tutto per parlarne a dovere. Si accettano consigli, idee, proposte per raccontarlo.
L’amore tra Krocus e Smilace ad esempio…tra miti e leggende…