Oltre a quella delle Farchie di Fara Filiorum Petri (leggi il nostro articolo), una delle commemorazioni storiche del Sant’Antonio è quello che si svolge in quel di Villavallelonga, dove in onore del Santo si svolge una vera e propria Panarda, finita anche di recente sul Washington Post, per via di un ristorante che ogni anno la ripropone come viatico
per il futuro (leggi il nostro articolo). Una tradizione, i due giorni dedicati al culto del Santo, sentitissima nel paese marsicano posto nel cuore del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, dove la festa mantiene significati storici ed antropologici vivi da secoli. Si tratta di Villavallelonga, uno dei centri in cui la tradizione è più viva.
Perché c’è il rito della Panarda, che si anima nella notte del 16 di gennaio, è un richiamo eccezionale per nativi e non. Lì, il banchetto luculliano che la tradizione abruzzese descrive come atto di magnanima generosità e anche di dimostrazione dei nobili verso i poveri e i sudditi nullatenenti, lì è un ringraziamento verso il Santo che si trasforma in un banchetto preparato da circa 90 famiglie del paese, come vero e proprio tributo, per onorare un voto contratto dagli antenati della famiglia dei Serafini.
La Panarda di Villavalleonga nacque nel 1657, la prima ad essere documentata. Si tiene nel paese marsicano ogni 17 gennaio, perché nasce in onore di Sant’Antonio Abate. Leggenda vuole che una giovane madre di un clan chiamato Serafini lasciò il suo bambino nella sua culla mentre lei andava al pozzo. Quando tornò, trovò il bambino tra le fauci di un lupo e pregò Sant’Antonio Abate che il suo bambino rimanesse illeso. Così la giovane donna fece voto di tenere una festa annuale in onore di San Antonio. E da allora ogni anno la famiglia Serafini e i suoi discendenti, si adopera nella gestione di questo banchetto del ringraziamento.
Strade e vicoli del paese durante l’intera notte sono animati di gente ed eventi, allettati dalla festa e dall’ospitalità dei cittadini: si passa di Panarda in Panarda cantando e rappresentando le scene legate alla vita e ai miracoli dell’eremita venerassimo in Abruzzo.
Nell’Aquilano, a Collelongo, la sera del 16 gennaio in alcune case del paese si prepara una grande quantità di granturco nelle “cottore”, che sono grossi calderoni di rame in cui si cuociono anche le carni di pecora, oltre a un piatto tipico della cucina contadina del luogo, chiamato “i cicirocchi”.
Durante la notte, invece, si accendono i “torcioni” (enormi falò in onore di Sant’Antonio e si susseguono le visite alle “cottore” fra canti, balli e assaggi. Il tutto si svolge dal pomeriggio del 16 al giorno successivo, a oltranza.
Di seguito le locandine di altri eventi folcloristici, culturali ed enogastronomici legati a Sant’Antonio in tutto l’Abruzzo.