Degustati alla cieca e messi in classifica, 50 etichette scelte fra 300 per comporre la lista dei 50 migliori vini d’Italia che il prossimo 21 settembre sfileranno al Palacongressi di Milano. Un gioco che si trasforma in un premio, quello del Best Italian Wine Awards, che vanta un comitato tecnico di palati nazionali e non solo come Luca Gardini, Andrea Grignaffini, Tim Atkin, Christy Canterbury, Raoul Salama, Daniele Cernilli, Pier Bergonzi e Antonio Paolini.
Due solo i vini abruzzesi che conquistano una posizione nobile nella classifica, invece costellata di etichette piemontesi e toscane (leggi la classifica su Intravino): si tratta del Trebbiano d’Abruzzo di casa Valentini, annata 2012, che si assesta al 10° posto e del Pecorino di Torre dei Beati che a quota 29 dà sfogo ai suoi “Bianchi grilli (per la testa) del 2013.
Due signori vini, entrambi voce di un’associazione e di un marchio, quello di è Abruzzo, che sta cercando di dare voce alla biodiversità abruzzese attraverso ciò che essa produce.
Valentini, dunque e il suo trebbiano targato 2012, che ha conquistato attenzione e interesse dentro e fuori dall’Italia per la sua storia, per la storia di un’azienda che è voce autorevole di qualità e di metodo nel mondo del vino e in quello dell’olio.
Mondi a cui si è aggiunto anche quello più prettamente agricolo dei cereali, a cui Francesco Valentini si sta sempre più dedicando, scelta che conferma un rapporto importante con la terra e con il territorio, le colline di Loreto Aprutino, dove l’azienda agricola è nata, è cresciuta e va avanti di generazione in generazione.
Il Pecorino di Torre dei Beati merita tutta l’attenzione che gli arriva dal mondo del vino, perché porta dentro una filosofia che lo mette a stretto contatto con la natura da cui proviene e con la scelta di renderla al cento per cento, in modo che i prodotti dell’azienda agricola alla guida di Adriana Galasso, che è anche presidente dell’associazione è Abruzzo, siano autenticamente voci di una regione che produce e di un territorio baciato da odori e sapori che lo rendono unico qual è quello sempre loretese, di una regione che sperimenta e mette a dimora i suoi migliori talenti.