Dopo la levata di scudi contro la terroristica striscia di vignette di Nicholas Blechman sul suicidio dell’Olio d’Oliva (leggi il nostro pezzo) il New York Times corregge il tiro, anzi, cerca di correggerlo, smussando gli angoli della striscia finita sotto il legittimo fuoco incrociato delle associazioni di categoria nazionale a difesa di una delle eccellenze dei territori italiani.
Alza la voce la Confederazione italiana agricoltori che chiede chiarezza e condanna la manovra a nome di tutto il comparto olivicolo nazionale, lo fanno anche gli olivicoltori di Confagricoltura. E poche ore dopo il NYT si corregge. Le vignette sono ritoccate, vengono inseriti dei distinguo sui produttori e ammorbidite le accuse generaliste all’olio extravergine italiano. Ecco la traduzione del testo che vedete in calce alla striscia riveduta e corretta e il link alla striscia.
[box_light]Una versione precedente di questo grafico conteneva diversi errori .
Le olive che vengono utilizzati in olio scadente sono in genere adottate per molti giorni, settimane o addirittura mesi dopo essere state scelte – e non “poche ore “.
La grafica confonde su due pratiche dubbie possono manifestarsi in parte del settore dell’olio d’oliva . Alcuni produttori mescolano olio d’oliva con soia o di altri oli a basso costo, mentre altri fanno mix di oli vegetali con beta-carotene e clorofilla per la produzione di olio d’oliva falso, le due pratiche non sono di solito combinate.
L’olio di oliva imbottigliato in Italia e venduto negli Stati Uniti può essere etichettato come “confezionato in Italia ” o “importato da Italia ” – non “prodotto in Italia ” – anche se l’olio non viene da Italia . (Tuttavia , i paesi di origine dovrebbero essere elencati sull’etichetta. )
Uno studio del 2010 dei ricercatori della University of California , Davis , ha trovato che il 69 per cento dell’olio d’oliva importato etichettato come ” extravergine” non rispecchiava , nel gusto degli esperti e nell’aroma di prova, lo standard per tale etichetta . Lo studio ha stabilito che i campioni in questioni erano si erano ossidati; erano stati adulterati con olio d’ oliva raffinato più conveniente; o erano di scarsa qualità perché fatti con olive danneggiate o o che le olive che erano state impropriamente conservate o trasformate; o una combinazione di queste difetti . Ma non conclude che il 69 per cento di olio di oliva per la vendita negli Stati Uniti è stata ritoccata .
Infine , il grafico ha non correttamente citato Tom Mueller, che gestisce il blog Truth in Olive Oil come la fonte delle informazioni . Mentre il blog di Mr. Mueller e altri scritti venivano consultati in preparazione della grafica , molte delle sue affermazioni sono state male interpretate.[/box_light]
E così sparisce anche dai credits il libro Extraverginità scritto da Tom Mueller, firma americana naturalizzata in Italia, fra le voci di condanna della manovra della testata, anche lui attaccato per aver presentato il libro pochi giorni fa, quando il caso era scoppiato e per giunta a Montecitorio senza aver interpellato i produttori.
Un comparto sotto attacco, c’è da capire il perché. C’è da intenderlo, forse, nel fatto che il made in Italy agroalimentare sta alzando la sua bandiera nel mondo (leggi) e lo sta facendo in tanti settori: i vini in primis (leggi il nostro articolo), la qualità, la cucina, le eccellenze, tanto che è di queste ore la notizia che uno degli chef più famosi al mondo, Jamie Oliver, secondo per ricchezza nella classifica stilata in novembre dai media internazionali (guarda), dove, guarda caso fra i primi 20 chef più ricchi al mondo di italiani non se ne trovano, tutt’al più italo/americani (sic), beh, lui starebbe per chiudere la sua catena Union Jack per trasbordare tutto il personale in quella dedicata invece all’Italia, Jamie’s Italian. Se lo chef fondatore della Food Revolution, scrittore e anchorman fra i più famosi al mondo fa una cosa del genere qualcosa significherà? No?
La cosa che ci lascia perplessi, in verità, è capire perché le sofisticazioni palesi dei prodotti italiani non facciano gridare allo scandalo la stampa internazionale, specie quella così autorevole, Parmesan, finto chianti, zafferano, mortadella e via dicendo. Secondo voi perché?