E’ sicuramente stato un appuntamento inedito e coraggioso quello che ha messo lo spumante abruzzese a confronto con lo champagne francese. Un confronto, non una competizione, che si è svolta nella tenuta Marchesi de’ Cordano a Loreto Aprutino, organizzata dal Centro Tecnico Enologico di Pescara in collaborazione con l’Isvea di Poggibonsi e rivolta ad una platea tecnica fatta di produttori ed estimatori, aperta alla stampa di settore per via della rarità del confronto, sicuramente unico a livello regionale.
A guidare la degustazione dei 3 champagne e dei 3 spumanti abruzzesi scelti dall’enologo Vittorio Festa per la comparazione: l’enologo francese Christophe Gerland e l’esperto giornalista Alessandro Bocchetti, firma del Gambero Rosso e, da abruzzese, paladino delle tre giovani e promettenti etichette abruzzesi. Per la Francia tre champagne scelti da Gerland fra quelli di Janisson & Fils, bianchi e rosè, in arrivo da Verzenay regione a nord della Francia nell’area di Reims cuore della Champagne; a fare largo all’Abruzzo, invece, il Doc “36” prodotto con uve cococciola, passerina e pecorino dalla cantina cooperativa Eredi Legonziano di Lanciano; il Santagiusta brut di uve di pinot nero e chardonnay di alta quota in quel di Goriano Valli, nel cuore del parco Velino Sirente, spumantizzato da Marchesi de’ Cordano e, alla sua prima uscita pubblica, l’Autentico della cantina vastese Jasci e Marchesani, chardonnay e pecorino biologici. Nella platea anche un’altra firma abruzzese del settore, l’enogastronomo dell’Espresso Antonio Paolini, giornalista, scrittore e anche Cavaliere dello champagne”.
“Questo evento non è nato come una sfida, ma come confronto sereno – ha illustrato Vittorio Festa aprendo la giornata di conoscenza e degustazione – Un’occasione per constatare le potenzialità dello spumante abruzzese, che sono alte e di grande qualità e per dimostrare che l’Abruzzo oggi in alcune sue proposte enologiche tiene il passo e regge il confronto con varietà molto più prestigiose ed evolute e che hanno una storia secolare, come quella dello champagne francese. E’ anche un modo per dimostrare che il vino può dare economia nuova: se l’Abruzzo vuole può dire qualcosa e dovrà farlo, perché fra un anno ci troveremo di fronte competitor giganteschi, come la Spagna che sta facendo una politica di quantità che la porterà in vetta alla classifica dei produttori mondiali. Non possiamo farci trovare impreparati”.
Un incontro ravvicinato con tre spumanti che sanno di territorio e lo raccontano diversamente, malgrado arrivino da un’impostazione produttiva affine, quella del metodo classico e 100%. Una sfida che vede da sempre impegnato Festa, artefice dei tre spumanti pensati in modo autarchico. ovvero con uve, lavorazione e lieviti rigorosamente in arrivo dalla terra d’Abruzzo e che riguarda tutti i vini che lui studia, prova, realizza sul territorio che sceglie di volta in volta.
Sfida avvincente per molti versi, quella proposta, che grazie al sapore liscio e profumato del Santagiusta è riuscita a conquistare anche l’esigente palato dell’enologo francese: dopo una disanima dei vizi e delle virtù delle sei bottiglie in lizza, Gerland ha tributato i suoi onori allo spumante d’alta quota, per via delle grandi affinità, ha detto, con lo champagne. L’esperto ha apprezzando inoltre l’audacia della giovane proposta abruzzese che arriva dopo oltre 4 secoli di tradizione francese.
“Vero è che per troppo tempo lo spumante abruzzese è finito in Franciacorta ed è giusto che finalmente si stia facendo la sua strada – ha esordito Alessandro Bocchetti durante la degustazione dei tre spumanti – La scommessa sulle bollicine italiane è quella di difendere la tipicità a partire dalle uve autoctone, insistere sulla fermentazione dei vini spontanei, sui marcatori di territorio, sull’irruenza e la freschezza dei vitigni autoctoni d’Abruzzo che per la grande acidità rendono gli spumanti anche molto gastronomici e che per le erbe e il fiorito che regalano al palato ci fanno ricordare sempre dove siamo. Qualità che sono un bello spaccato delle potenzialità del territorio abruzzese che ora bisognerà necessariamente sfruttare, anzi: spero che si apra un campionato degli spumanti abruzzesi, abbiamo perso troppo tempo a fare lo spumante degli altri”.
“Il vino deve essere festa, non può essere un problema, le bolle pilotano, tirano la cordata del vino che ci sta dietro – ha rimarcato Antonio Paolini alla fine della degustazione – E’ giusto che si facciano in Abruzzo, ma attenzione a non mettersi nello stesso campionato di altri che per tradizione, esperienza e territori hanno un’altra storia. Ognuno deve correre per la sua specialità. La tradizione non deve essere una croce, innovazione e coraggio creano la tradizione, altrimenti la storia abruzzese sarebbe stata destinata a cereali e verdura, invece il coraggio di sperimentare e l’innovazione per andare avanti, rappresentano oggi la possibilità di fare qualcosa di diverso in un territorio, come gli spumanti che abbiamo assaggiato”.
Ma perché gli spumanti abruzzesi trovino la propria strada e crescano c’è un altro nemico da combattere, ha sottolineato Vittorio Festa promettendo una replica del confronto a stretto giro: “Malgrado questa stretta aderenza al territorio, parlare di made in Italy nella filiera non è sempre facile da parte dei produttori, soggetti ad una burocrazia in alcuni casi inutile che non giova né alla qualità del prodotto né al consumatore finale. Dobbiamo liberare il vino da quella e farlo parlare la sua lingua, anche sulle etichette”.