L’unico settore che in questi anni di crisi ha tenuto è l’agroalimentare. Al contrario del manifatturiero, del tessile o delle costruzioni, i cui valori aggiunti sono diminuiti di oltre il 15% dallo scoppio della crisi, agricoltura e industria alimentare hanno mantenuto positivo il trend, con valori compresi tra il +4% e +7%. Grazie a queste dinamiche oggi l’agroalimentare è uno degli assi portanti del tessuto socio-economico nazionale, rappresentandone il 9% del Pil e il 14% degli occupati. E’ quanto è emerso nel corso dell’iniziativa di Agrinsieme, che ha lanciato la Prima Conferenza Economica del coordinamento, prevista a Roma il prossimo 18 novembre presso l’Auditorium della Conciliazione.
La sfida della globalizzazione
“La sfida che abbiamo di fronte è quella della globalizzazione – ha affermato il presidente di Confagricoltura Mario Guidi – che non si vince certo con un modello di agricoltura conservativa e ferma al passato, come quella del km0. Dobbiamo uscire dai nostri confini e anche da quelli europei, che sono ormai diventati mercati domestici, sostanzialmente fermi. Dobbiamo internazionalizzarci. E per fare questo è necessario puntare su imprese che abbiano una valenza economica e su politiche che abbiano come obiettivi il mercato, la crescita, l’occupazione e la sostenibilità”.
“Pur in presenza di numerosi ostacoli economici, dal ‘credit crunch’ alla burocrazia elefantiaca, le imprese agricole dimostrano di essere attive e vitali, garantendo produttività e lavoro in assoluta controtendenza” – ha spiegato il presidente della Cia Dino Scanavino. “Ma è chiaro che bisogna fare un passo in avanti: per questo chiediamo alle Istituzioni di investire sul serio sull’agricoltura, dopo averla lasciata per anni in un angolo”.
“L’agroalimentare italiano ha bisogno di più aggregazione” – ha concluso il presidente dell’Alleanza delle Cooperative Agroalimentari Giorgio Mercuri – “perchè l’elevata frammentazione del tessuto produttivo costituisce ancora oggi un serio ostacolo alla competitività del nostro sistema. Se facciamo un confronto con altri paesi produttori europei vediamo che il fatturato medio delle imprese agroalimentari italiane è meno della metà di quello tedesco e inferiore anche a quello di Francia e Spagna”.