Mario D’Alesio ha 92 anni e una fotografia sulle gambe: il suo bisnonno, quello da cui è cominciata l’avventura familiare legata alla terra e che oggi coinvolge le giovani generazioni dei D’Alesio in nome del vino, dell’olio e dei cereali. La cosa stupefacente della foto, oltre al curioso papillon dell’avo, pare tanto alto da buscarsi un soprannome evocativo di cicloni marini (Scinnone), sono gli orecchini che Mario sottolinea: “Andavano di moda all’epoca, due secoli fa – dice sorridendo – Anche gli uomini volevano apparire belli, mica solo le donne!”
Nelle mani ha anche la prima cartina degli appezzamenti di famiglia e la prima citazione delle terre dell’azienda agricola che da allora ad oggi si estende fra le colline angolane con vista sui calanchi, sui due massicci massimi abruzzesi e sul mare.
Lui è stato professore di agraria alla scuola primaria e poi alle medie di Città Sant’Angelo, una passione, quella per la terra che ha trasmesso ai figli Lanfranco ed Emiliano e che da loro è passata netta ai figli: Mario, Giovanni, Serena e Delia, che oggi sono presente e futuro di Sciarr e che ieri hanno organizzato un evento per presentare tre nuovi vini Sciarr M pronti per il mercato e per proseguire l’ascesa del marchio e della filosofia aziendale.
Il nonno entra a degustazione iniziata. Lo chiamano il professore ed lo è sempre rimasto, anche quando posa davanti al trattore intorno a cui si raduna tutta la famiglia per uno scatto davanti alla cantina.
Dopo un giro fra le cisterne d’acciaio e la strumentazione tecnologica che accompagna la produzione si arriva al piano superiore, dove prende vita l’assaggio delle tre nuove creature di casa: trebbiano, 100 per cento, versato prima sfuso e poi nel bicchiere, spumeggiante come uno spumante; cerasuolo rosato e anticipatori; montepulciano amabile, dalla “sbicchierata facile”, dice Lanfranco D’Alesio invitando a berlo.
E’ giovane Mario, enologo di famiglia che apre le danze: “Vogliamo porgere dei prodotti buoni, lo facciamo davanti a una platea di fornitori e media perché tutto ciò che facciamo venga perfezionato, così affiniamo il prodotto, così agiremo sempre”.
L’evento, infatti, è “popolare”. Mentre fuori il piazzale antistante la cantina si riempie di amici, conoscitori dei vini e vicini, dentro si continua a parlare dei vini attraverso 3 montepulciani datati 2007, 2008, 2010. Ne arriva anche uno del ’95, ha il sapore forte e netto delle colline e il colore della terra quando è fertile: e la stanza si inebria.
“Siamo contenti che i nostri vini e gli oli piacciano – dice Giovanni D’Alesio, lui è il manager di casa, il comunicatore dal sorriso facile – L’idea di presentarli direttamente a chi ci sostiene e li conosce nasce proprio dal fatto che sono prodotti che vogliamo condividere e migliorare. Non abbiamo fretta di affermarli, vogliamo che diano risposte importanti, che siano buoni, che rispecchino la filosofia che ci anima e anche la nostra storia”.
Anni ’20 affonda la storia legata a Sciarr, quel mezzadro che si occupava delle tenute di famiglia e che è ricomparso quando si è trattato di scegliere che futuro dare all’etichetta e al talento enologico dei “padri” (leggi il nostro articolo) .
Una storia che si rinnova nel segno di un’agricoltura poco impattante, biologica, che li vede leader per l’olio, sono diventati famosi ad esempio per quello spray (Oscar Green Coldiretti leggi l’articolo), ma in pole anche per legumi e bonbon al cioccolato e olio d’oliva, ad esempio.
“Ci piace il lavoro di tradizione – sottolinea l’enologo che segue la linea di produzione, Davide Soverchia, è giovanissimo – Un lavoro che trova nel biologico un percorso importante e nel territorio il suo riferimento più alto”. Il perché lo spiega Alvise Toffoletto, enologo di lungo corso che segue gli spumanti: Sciarr Rosè e Sciarr Matt, montepulciano e trebbiano. Avvince il suo discorso sulla terra su come calibrare acidi, purezze, terroir, una chimica “fisiologica” che ritrova nel prodotto finale tutti si suoi codici.
“La verità è che un vino per essere definito buono deve piacere – dice Lanfranco – Noi cerchiamo di fare vini che si facciano bere, perché è così che vogliamo essere presenti sul mercato. Portatori di una qualità che accoglie e che coinvolge. Come lo farà questa cantina quando il lavoro sarà finito. Questo diventerà un posto dove scegliere il vino che più piace, conoscerne di nuovi, vivere a contatto con il territorio in mezzo a un paesaggio bello e accogliente che è il nostro”.