Tanto tuonò che piovve. Ora abbiamo paura della carne rossa. Ora ci chiediamo, di fronte ad un banco di macelleria, se vale la pena “rischiare la vita”, come siamo stati indotti a pensare, solo per farsi una bistecca. Ora temiamo anche che uno dei prodotti più unici che abbiamo in Abruzzo, il rostello o arrosticino che dir si voglia, sia ricompreso nella lista delle carni killer del genere umano. E siccome siamo consumatori più pronti alla paura che all’informazione, nell’incertezza abbiamo scelto di non scegliere, anziché capire che cosa deve cambiare nel nostro regime alimentare e quali sono, perché ci sono, i limiti di questo allarme che arriva dall‘Organizzazione Mondiale sulla Sanità circa le carni rosse processate, ovvero lavorate.
Chi conosce i vantaggi di un’alimentazione sana sa come regolarsi e sa che la carne rossa non va demonizzata, ma misurata, come succede con le uova, con gli zuccheri, i latticini, le farine e con tutto il resto di cui ci alimentiamo, anche se è di qualità. Mangiarla tutti i giorni, insaccati compresi, ha dei rischi, che non sono solo cancro, ma anche altre patologie non da poco. Ma succede anche con altri alimenti, basta chiedere ad un nutrizionista esperto per avere una risposta razionale. O magari scorrere le reazioni di oncologi di chiara fama alla recente “rivelazione” notizia, eccone una, che arriva da una delle voci più seguite, quella del professor Franco Berrino, già direttore del Dipartimento di Medicina Preventiva e Predittiva dell’Istituto Nazionale per lo Studio e la Cura dei Tumori di Milano, ad esempio (leggi l’intervista sulla Stampa).
Eppure, abbiamo talmente ceduto alla paura alimentata a mezzo stampa, che già il 20 per cento degli acquisti resta dal macellaio, anche se la filiera è controllata, anche se la carne la si mangia una volta al mese, anche se come alternativa si sceglie magari scatolame o alimenti a basso costo di cui non si conosce l’origine e contenuti, basta che non sia carne. E magari continuiamo a essere sedentari, fumare, bere, rimpinzarci di cose che, forse, hanno un’incidenza più forte sul rischio tumorale come da tempo ormai immemore dice anche un altro grande oncologo, qual è l’ex ministro Umberto Veronesi (ecco cosa ne pensa la Fondazione Veronesi a proposito, clicca qui).
Eppure fuggire tale situazione era semplice, al posto di tenersi pronti a dire bye bye alla nostra chitarra alle tre carni, agli arrosti di vitello, agnello e maiale, alle salsicce, ai salumi, a cacciagione e spezzatini che ci arrivano da secoli di cucina regionale… con muto terrore ci chiediamo se salutare pure agli arrosticini. Ma niente, perché abbiamo trovato il nostro “capro”, ma anche vitello e quant’altro espiatorio per metterci alle spalle la paura.
Pazzesco!
“Nel rapporto tra alimentazione e salute è centrale l’equilibrio qualitativo e quantitativo del consumo dei cibi – lo dice il ministro Maurizio Martina nel tentativo di porre un freno alla psicosi – Una regola che è parte integrante della piramide della Dieta mediterranea. Una cultura alimentare patrimonio mondiale dell’Unesco e all’interno della quale il modello italiano rappresenta un’eccellenza sotto il profilo delle abitudini alimentari e della produzione. Abbiamo – puntualizza il ministro- consumi al di sotto della soglia indicata dallo Iarc e i più alti standard qualitativi e di sicurezza a livello mondiale sulla produzione e lavorazione di carni. Questo grazie a disciplinari molto rigidi e controlli effettuati costantemente in tutta la filiera. Come è stato ribadito da tutti gli esperti non bisogna generalizzare e cadere in allarmismi, mentre dobbiamo continuare il lavoro di educazione alimentare portato avanti anche nei sei mesi di Expo“. Ma a quanto pare sei mesi di Expo nulla hanno lasciato se si è ceduto così agevolmente alla paura.
Tant’è che anche il ministro alla Salute, Beatrice Lorenzin, deve scendere in campo e richiamare all’equilibrio a proposito dello studio dell’Oms secondo il quale la carne rossa processata possa causare il cancro: “equilibrio nell’interpretazione della teoria e nello stesso consumo dell’alimento sotto accusa – dice a margine dell’evento internazionale ‘Nutrire il pianeta, nutrirlo in salute‘, organizzato dal Ministero della Salute a Expo Milano 2015. “I titoli che sono stati dati sono stati eccessivamente allarmistici – denuncia – Siamo in una fase preliminare di studio per altro molto complessi. Lo abbiamo affidato al Comitato per la nutrizione, e su questo faremo un lavoro di approfondimento”.
Nel frattempo come regolarsi? Perché questo non basta a rassicurare i consumatori italiani che dovrebbero sapere già dopo anni di allarmi lanciati anche da autorevoli esponenti della lotta contro le patologie tumorali, che bisogna variare l’alimentazione ed evitare la scelta di carni trattate, dando più spazio alle carni bianche nella propria dieta e alla stagionalità e alla qualità di ciò che si ingolla. Eppure.
Ma rivela la Coldiretti: “una frase riportata sullo stesso studio dell’Oms dove si afferma chiaramente che “E’ necessario capire quali sono i reali margini di rischio ed entro che dosi e limiti vale la pena di preoccuparsi davvero”. Altrettanto importante è capire esattamente di quali tipi di carne e di quali sistemi di lavorazione si sta realmente parlando quando si punta il dito contro la carne. Basti pensare agli Usa, dove il consumo di prodotti a base di carne è superiore del 60 per cento rispetto all’Italia e dove l’utilizzo di ormoni e di altre sostanze atte a favorire la crescita degli animali è considerato del tutto lecito”. La soluzione? Per la maggiore associazione di categoria nazionale sta nell’obbligo di etichettatura d’origine per tutti gli alimenti, a partire dai salumi, questa è la vera battaglia che l’Italia deve fare in Europa per garantire la salute dei suoi cittadini e il reddito delle sue imprese.
Invece la guerra gli italiani, a quanto pare e loro malgrado, hanno deciso di farla alla filiera. Il presidente di Fiesa Confesercenti Gian Paolo Angelotti spiega che le persone “si stanno spostando sulla carne bianca “E’ impensabile mettere in tavola solo fagioli e insalata. Purtroppo – aggiunge in merito all’allerta tumori legata al consumo di carne rossa lanciata dallo studio dell’Oms – si fa un calderone e alla fine non si sa bene di che cosa si sta parlando. Anche perché il campione è mondiale e non è riferito solo ai consumi pro-capite di carne in Italia”. Secondo Angelotti, voce del comparto macellai dell’associazione, “il vero problema è la globalizzazione del cibo: tutti i prodotti della carne sono a ciclo breve (cioé prodotti altamente deperibili e delicati), se si pretende di farli durare sei mesi, è chiaro che vengono aggiunte altre cose, conservanti, coadiuvanti coloranti e aromatizzanti. Questo bisogna saperlo. Invito tutti a vedere come sono fatte le carne meccanicamente separate: vengono recuperati gli scarti di lavorazione che vengono letteralmente spremuti e poi si aggiunge dell’altro per farli conservare”. Sta dunque anche al consumatore la capacità di orientarsi e soprattutto di non farsi attirare da grandi sconti su prodotti di marca, l’invito.
Quanto agli arrosticini, non ci esprimiamo. Lasciamo al buonsenso dei nostri lettori-consumatori scegliere fra la paura e una sana e consapervole libidine alimentare. Sana (perché di qualità l’Abruzzo ne ha a iosa) e consapevole (perché abbiamo talmente tanti prodotti freschi fra carni, pesce, ortaggi e verdure da poter scegliere cosa, come e quando mangiare rimanendo vivi e vegeti).