Italia sempre più povera: secondo l’Istat nel 2012 si contavano 9,5 milioni di persone in povertà relativa e 4,8 milioni in assoluta. Le persone in povertà relativa sono passate dal 13,6% della popolazione (nel 2011) al 15,8%, mentre quelle in povertà assoluta dal 5,7% all’8%, una percentuale record dal 2005, anno di inizio delle rilevazioni. In tutto la cifra è da brivido: 15 milioni e 300.000. Una cifra che accoglie non solo i poveri a cui siamo i9conograficamente abituati, che chiedono l’elemosina per le strade, che hanno stracci addosso, che ingrossano le file degli uffici pubblici dove si affronta l’indigenza nelle città grandi o piccole.
I poveri italiani sono famiglie normali, quelle i cui membri si sono ritrovati improvvisamente in cassa integrazione, senza lavoro, con il mutuo sulle spalle e le bollette da pagare, quelle in cui i figli vivono con la pensione dei genitori e i genitori, quelli più giovani, attingono anche alle pensioni dei nonni, se ci sono ancora. Sono le famiglie in cui o si mangia o ci si cura, quelle in cui si mangia sempre peggio perché la qualità costa, quelle in cui non si va in vacanza, a cena fuori, in cui i film si aspettano alla televisione, le famiglie che non possono permettersi di fare figli e quelle che li hanno e poi fanno salti mortali per farli studiare perché abbiano un futuro diverso, un futuro. Le famiglie che frugano nei cassonetti dei mercati rionali in cerca di prodotti buoni da mangiare ma che non riescono a comprare e che finiscono anche nelle code delle mense, a confondersi con senzatetto e stranieri, quelli che una volta erano gli utenti maggiori e che oggi sono in schiacciante minoranza.
Nel 2012 – rileva il Rapporto sulla povertà in Italia – il 12,7% delle famiglie risultava relativamente povero, contro l’11,1% del 2011; il 6,8% delle famiglie povero in termini assoluti, contro il 5,2% dell’anno precedente. Tranne alcune regioni del nord Italia, in cui il valore della povertà è marginale, altrove la percentuale è in costante aumento. Fra quelle del mezzogiorno, fa eccezione dell’Abruzzo (16,5%), dove il valore dell’incidenza di povertà non è statisticamente diverso dalla media nazionale.
Ecco i dati analitici. L’incidenza di povertà assoluta aumenta tra le famiglie con tre (dal 4,7% al 6,6%), quattro (dal 5,2% all’8,3%) e cinque o più componenti (dal 12,3% al 17,2%). Tra le famiglie composte da coppie con tre o più figli, quelle in poverta’ assoluta passano dal 10,4% al 16,2%; se si tratta di tre figli minori, dal 10,9% si raggiunge il 17,1%. Aumenti della povertà assoluta vengono registrati anche nelle famiglie di mono-genitori (dal 5,8% al 9,1%) e in quelle con membri aggregati (dal 10,4% al 13,3%).
A livello nazionale, la povertà assoluta aumenta tra le famiglie di operai (dal 7,5% al 9,4%) e di lavoratori in proprio (dal 4,2% al 6%), ma anche tra gli impiegati e i dirigenti (dall’1,3% al 2,6%) e tra le famiglie dove i redditi da lavori si associano a redditi da pensione (dal 3,6% al 5,3%). La crescita dell’incidenza di povertà assoluta è tuttavia più marcata per le famiglie con a capo una persona non occupata: dall’8,4% è salita all’11,3% se in condizione non professionale, dal 15,5% al 23,6% se in cerca di occupazione. Simili le dinamiche per quanto riguarda la povertà relativa: peggiora per le famiglie con uno o due figli, soprattutto se minori (dal 13,5% al 15,7% quelle con un minore e dal 16,2% al 20,1% quelle con due); famiglie con tutti i componenti occupati (dal 4,1% al 5,1%), con occupati e ritirati dal lavoro (dal 9,3% all’11,5%), con persona e ritirati dal lavoro (dal 9,3% all’11,5%), con persona di riferimento dirigente o impigato (dal 4,4% al 6,5%, particolarmente marcata tra gli impiegati) ma soprattutto in cerca di occupazione (dal 27,8% al 35,6%).
L’unico segnale di miglioramento – fa notare l’Istat – si osserva in termini relativi per gli anziani soli (l’incidenza passa dal 10,1% all’8,6%), probabilmente anche perché hanno un reddito da pensione, per gli importi più bassi adeguato alla dinamica inflazionistica.
L’Istat sottolinea che la povertà relativa è in aumento su tutto il territorio nazionale: l’incidenza è passata dal 4,9% al 6,2% nel Nord, dal 6,4% al 7,1% nel Centro e dal 23,3% al 26,2% nel Mezzogiorno. A livello regionale, la provincia di Trento (4,4%), l’Emilia Romagna (5,1%) e il Veneto (5,8%) presentano i valori piu’ bassi dell’incidenza di povertà. Le situazioni più gravi si osservano tra le famiglie residenti in Campania (25,8%), Calabria (27,4%), Puglia (28,2%) e Sicilia (29,6%).
Coldiretti conferma la tendenza: sono aumentate del 9 per cento le famiglie che hanno chiesto aiuto per mangiare con un totale di ben 3,7 milioni di persone assistite con pacchi alimentari e pasti gratuiti nelle mense. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti in occasione della diffusione dei dati Istat nel report ‘La povertà in Italia’ nel 2012′ dal quale si evidenzia che in Italia ci sono 9 milioni 563mila le persone in povertà relativa e di questi, 4 milioni e 814mila sono i poveri assoluti. Molte famiglie sono cadute in poverta’ con tanti bambini e anziani che – sottolinea Coldiretti – hanno difficolta’ economiche anche per garantirsi da mangiare, sulla base dal Piano nazionale di distribuzione degli alimenti agli indigenti nel 2012 realizzato da Agea.