La transumanza: un patrimonio. Il migrare dannunziano dal mare ai monti e dai monti al mare lungo strade che attraversano il cuore più profondo e selvaggio dell’Italia appartiene all’Abruzzo. Ma rischia: perché nel futuro di una pratica ancestrale c’è un’economia che sta defraudando i pastori dei pascoli, una crisi che li priva della possibilità di continuare ad investire nella filiera, un oblìo latente, fatto della mancanza di una politica capace di unire il turismo ai percorsi dei tratturi, come succede in regioni vicine, transumanti anch’esse.
Tutti questi temi sono venuti fuori dal convegno ospitato dalla Camera di Commercio di Chieti, a Chieti scalo, clou della due giorni organizzata dalla Camera di Commercio di Chieti con le Camere di Commercio del Centro Italia e che è diventata una tappa della transumanza in corso lungo il Tratturo Magno e che si concluderà domani a Lanciano con l’arrivo delle greggi messe in cammino dall’Associazione Tracturo 3000. Il primo segno del passaggio della due giorni de Le vie dei Tratturi è il gregge di pecore all’ingresso del centro espositivo Fratelli Pomilio, radunate in un ovile di fortuna. Accolgono visitatori e scolaresche, poco propense a farsi fotografare, ma rappresentando parte di un patrimonio regionale che con i secoli è passato da cifre a sei zeri a cifre a cinque e si riduce sempre di più, perché essere pastori purtroppo oggi costa e non sono solo i costi economici a pesare.
“La transumanza ci appartiene, come ci appartiene la necessità di tenere in vita tutta la filiera”, dice il presidente della Camera di Commercio di Chieti Silvio Di Lorenzo aprendo i lavori. Cita le cifre dell’automotive, da cui proviene, per far capire che dalla terra dell’Abruzzo una risposta alla crisi può venire, anche parlando di transumanza. Anzi, approfittando della tendenza sempre più diffusa a ripercorrerla dal punto di vista culturale, affinché i problemi vengano affrontati e il settore sostenuto.
Perché il problema contro cui combattono i pastori è serio e l’assessore regionale all’agricoltura Mauro Febbo lo sa e prima di essere incalzato sulla “lottizzazione” dei pascoli, incalza: “Mi dicono che prima in Abruzzo c’erano 8 milioni di pecore – dice – che si sono ridotte oggi a scarse 200mila a causa di tante cose. So che il comparto agricolo pastorale rappresenta il 9 per cento del nostro potenziale economia. Stiamo cercando di svolgere un’azione di tutela importante, ad esempio per preservare i pascoli dall’acquisto da parte di soggetti che non hanno nulla a che fare con la pastorizia e che stanno privando chi la esercita di spazi e futuro. Abbiamo portato in Consiglio regionale la legge sulla Forestazione che per la prima volta alza una barriera a questa pratica, bloccando chi non ha capi e chi non esercita le colture che servono per veder rinascere i pascoli”. Insieme al marchio per l’arrosticino, la legge vuole essere un colpo ai rischi, ma purtroppo non li annulla tutti, perché a fare fronte ad oggi ci sono solo i pastori.
Lo sa ad esempio Nunzio Marcelli, voce della categoria, oltre che sentinella della transumanza, che esercita come presidente dell’Associazione regionale ovicaprini e animatore della tradizione della transumanza ’2.0 nella sua azienda di Anversa La Porta dei Parchi. Sua la provocazione di qualche tempo fa: “In Abruzzo ci sono 3.500 opportunità di lavoro con la pastorizia”, che tanto provocazione non è, perché le cifre sono reali. Sua anche la denuncia della svendita dei pascoli, iniziata già da qualche anno sotto gli occhi aperti delle istituzioni competenti e della categoria che non ha organizzato ad oggi una resistenza univoca. “Bisogna cambiare le regole che permettono a chi non coltiva colture che vanno nei pascoli di acquistarli – dice Marcelli – A chi non ha greggi di assicurarsi uno spazio per pascolarli. A chi non ha intenzione di salvare la pastorizia, né di risollevarla, di metterci le mani, perché è questo ciò che sta accadendo”. I pastori, a margine del convegno raccontano di soggetti potenti, che grazie alle normative europee hanno fondi per acquistare e anche per rilevare attività in crisi: “E’ quello che si sa e che si sta diffondendo, si acquista e si lascia la gestione al vecchio titolare che per orgoglio e per imbarazzo non dice che cosa ha dovuto fare, che ha venduto – dice Marcelli – Succede questo nei nostri stazzi e succede che con i buoni propositi non si risolve”. Lui propone un atto concreto: “La creazione di un tavolo operativo fra istituzioni e addetti ai lavori, i pastori, capace di mettere in circolo iniziative per cambiare le regole che stanno dando il nostro territorio in mano a chi ha semplicemente le risorse per poterlo acquistare”.
Migliaia di metri quadri di scenari mozzafiato. Parliamo di pascoli disseminati in mezzo a montagne che incantano gli occhi di chi viene da fuori a scoprire l’Abruzzo e che gli abruzzesi perdono o rischiano di perdere, loro malgrado.
“Abbiamo voluto ripercorrere il cammino del Tratturo Magno per intervenire su un’economia che sta crollando, raccontandola, invitando gente a seguire il percorso per scoprire un territorio da scoprire”, esordisce così Andrea Sfìtaffa, della Soprintendenza per i Beni Archeologici d’Abruzzo, Ufficio Tratturi. “Tratturo 3000 è alla sua terza edizione – continua – Un’iniziativa che propone la valorizzazione dei tratturi perché sono stati e devono essere parte di un’economia che ci appartiene da sempre. Per questo abbiamo elaborato una normativa di tutela durissima con la Regione: per evitare che nei Tratturi si facessero opere a spregio di storia e cultura, per tutelarne l’identità e trovare ad essi un futuro nuovo, capace di attirare turismo e altre economie sulle vie antiche che tagliano l’Italia”.
Altrove succede. In Puglia, per esempio dove i tratturi vengono recuperati, quelli inutilizzati vengono ceduti ad enti pubblici a titolo gratuito perché possano divenire sede di progetti a valenza turistica e ricreativa o, alle brutte, vengono alienati. Lo spiega Costanza Moreo, dirigente dell’Ufficio Parco Tratturi di Foggia Regione Puglia. Salvarli si può, dunque. E’ complicato, ma possibile. E’ necessario, perché la transumanza non diventi una pratica di moda, un argomento di cui è doveroso e facile parlare, non si traduca in una giornata particolare per vivere l’Abruzzo pittoresco delle greggi e dei pastori. Né, infine, sia l’espediente per raccontare una storia che accomuna il passato di tanti territori, senza pensare a scriverne i capitoli relativi al futuro.
Insieme alle greggi si muove una mostra, il mondo enogastronomico dei Tratturi e dei pastori, quello dell’artigianato e quello del folklore. Saranno radunati anche domani, a Lanciano, per chiudere una due giorni giunta alla sua terza edizione e che avrà stagioni animate in futuro.