[box_light]Si è svolto lo scorso fine settimana a Manoppello, il rito dei Majtelli, in programma ogni anno la quarta domenica di settembre. Che cosa sono i Majtelli? Ce lo spiega Roberta Di Renzo, guida turistica d’Abruzzo, originaria di Manoppello[/box_light]
“Majtelli, Maje e palme”, in ogni paese un nome diverso, ma il significato è sempre lo stesso: un solenne omaggio al Santo protettore realizzato in maniera artigianale e con prodotti tipici da mani devote e capaci, quelle dei fedeli.
L’Abruzzo è una delle Regioni che meglio conserva riti e tradizioni, alle volte custodite gelosamente e perciò ignote ai più. È questo il caso dell’asta che, con cadenza annuale si svolge a Manoppello in occasione delle festività di San Rocco, o di quella in onore di Sant’Antonio a Serramonacesca o ancora della “vendita” di cesti o “palme” realizzati in onore di San Rocco dai fedeli di Lettomanoppello.
Quarta domenica di settembre, tarda mattinata: passeggiando per Corso Santarelli, intitolato al celebre incisore che ebbe i natali proprio a Manoppello, davanti alla splendida facciata della chiesa parrocchiale di San Nicola, troverete esposte delle conocchie in legno di forma piramidale addobbate con ogni ben di Dio…Ma che cosa sono? Sono il frutto del duro lavoro di raccolta e di questua, avviato mesi e mesi prima, che le famiglie di ogni contrada, piazza o via di Manoppello realizzano con pazienza e devozione ogni anno in onore di San Rocco.
Per la realizzazione di questi “piccoli omaggi”, che poi tanto piccoli non sono, e che qui a Manoppello prendono il nome di Majtelli, tutti i cittadini sono invitati a fare delle piccole donazioni: soldi, prodotti della terra, oggetti fatti a mano, in particolare all’uncinetto, dolci tipici…Prodotti e oggetti che poi sono inseriti su queste conocchie dalle mani pazienti delle donne del paese. Non mancano anche cesti che alle volte “ospitano” piccoli animali, conigli, galline.. non è raro trovare accanto a questi oggetti e prodotti della tradizione, da sempre sui Majtelli e nei cesti, prodotti un po’ più “attuali” : pasta De Cecco, barattoli di Nutella etc..
Ciò che non è cambiato è la tradizionale asta, rigorosamente in dialetto, che un “banditore” del posto improvvisa ogni anno per vendere al miglior offerente la conocchia o il cesto: la somma ricavata è offerta al Santo e utilizzata per finanziare in parte la festa. Risa, urla e battute varie si mescolano all’asta vera e propria che “attira” persone dei paesi limitrofi, ma anche emigrati che tornano “a casa” per le feste di San Rocco.
Serramonacesca, prima domenica di settembre: festeggiamenti in onore di Sant’Antonio che viene chiamato, nella dimensione più intima e familiare, “Sant’Antoniuccio” a cui è dedicata la”Festa degli Omaggi.” Lascio la parola, per la descrizione dell’evento a Giuseppe Di Fulvio, che nel testo “La Badia di San Liberatore a Majella e Serramonacesca” (Chieti 1961, pp. 184-186), dedicato al suo paese natale, ricorda: “ […] molte famiglie esprimono la loro riverenza al Santo offrendo un omaggio consistente, il più delle volte, in una grossa conocchia costruita con canne e vimini, ricoperta con un intreccio di paglia e foglie e munita di una lunga asta che, sporgendo dal centro della base, ne consente il trasporto a spalla da parte del donatore. Esternamente al cono vegetale, sono appesi i doni più disparati: polli,conigli, bottiglie d’olio e di vino, stoffe, fazzoletti, indumenti, frutta, taralli e ciambelle. […] le conocchie possono contenere agnelli, maialini, oggetti d’oro.
I donatori delle frazioni si riuniscono per contrada ed ogni gruppo accompagnato dalla banda, con una pittoresca sfilata, raggiunge il piazzale antistante la chiesa. Qui gli omaggi, ordinati contro i muri della chiesa e delle case vicine, fatti oggetto delle curiosità e del giudizio critico della folla, sostano in attesa della fine della messa cantata e della processione. Allora, comincia la vendita al miglior offerente di ogni singolo omaggio. Una persona particolarmente adatta alla bisogna, mostra l’omaggio, ascolta le proposte e, quando le offerte rallentano o cessano, ripete più volte quella più alta, esorta a fare offerte maggiori e poi, con studiate pause, conta fino a tre. Se non viene offerta una cifra più alta, l’omaggio viene aggiudicato […].”
Dunque la tradizione è molto simile a quella della vicina Manoppello, anche se le offerte prendono il nome di Maje e il santo a cui sono dedicate è “Sant’Antoniuccio”, il significato è lo stesso: le offerte nascono dal profondo senso di riconoscenza che il popolo nutre verso il Santo protettore.
Così a Lettomanoppello, dove la prima domenica di ottobre, il paese offre a San Rocco, le cosiddette “palme”, rami di ulivo addobbati ancora una volta con prodotti tipici della tradizione dolciaria e artigianale locale o ancora i Majtelli, le conche di rame, i cesti e i carretti. Qui a differenza degli altri due paesi, per la vendita degli “omaggi” non si tiene la solenne asta, ma sparsi nel paese, essi vengono acquistati direttamente da chi li ha realizzati.
Queste tradizioni sono la testimonianza che la fede e la devozione esistono e “resistono” ancora, e che danno vita tuttora nelle feste dei nostri paesi a manifestazioni dell’arte e dell’artigianato antico, mescolate, a torto o a ragione, alle volte a concerti grandiosi e a bancarelle dal gusto lontano dalle nostre usanze originali.
Roberta Di Renzo, guida turistica d’Abruzzo (articolo tratto da cultura.inabruzzo.it, si ringrazia Giovanni Lattanzi)