I prodotti agricoli, in particolare frutta e verdura, frenano a ottobre la corsa dei prezzi, ma il carrello della spesa non decolla. I consumi restano al palo per una crisi che ha tagliato il potere d’acquisto degli italiani. Basti ricordare che oggi due famiglie su tre riescono ad arrivare a fine mese solo con notevoli sacrifici e “tagli” alla spesa. Anche quella per il cibo. Lo sottolinea la Cia-Confederazione italiana agricoltori in riferimento ai dati sui prezzi al dettaglio diffusi oggi dall’Istat.
Dai campi -osserva la Cia- è quindi venuto un colpo di freno (meno 0,2 per cento rispetto allo scorso mese di settembre) che riporta i listini al consumo (specie sul fronte del “fresco” che registra un calo dello 0,8 per cento) su livelli più accessibili, anche se alcuni prodotti trasformati rimangono ancora cari. Comunque, sempre molto al di sotto delle quotazioni raggiunte negli ultimi mesi, visto che l’aumento in ottobre è stato appena dello 0,3 per cento. La flessione al dettaglio dei prezzi degli alimentari non lavorati -sottolinea la Cia- è principalmente imputabile alla diminuzione congiunturale dei listini della frutta (meno 3,5 per cento) e dei vegetali freschi (meno 1,4 per cento e addirittura meno 6,7 in termini tendenziali). E questo nonostante le difficoltà del settore primario, che sta scontando pesantemente le “bizze” del clima, tra i danni delle recenti alluvioni sui campi, le variazioni obbligate dei calendari stagionali e i ritardi nelle raccolte.
Per non parlare dei costi aziendali. Dalle analisi di mercato si rileva -rimarca la Cia- che anche il capitolo alimentare, che dovrebbe essere il più “resistente” alle spirali recessive, è contagiato dalla caduta generale dei consumi, con un calo del 4 per cento da inizio anno. D’altronde, proprio per risparmiare, ben il 65% delle famiglie compara i prezzi con molta più attenzione; il 53% gira più di un negozio alla costante ricerca di sconti, promozioni e offerte speciali; il 42 per cento privilegia le grandi confezioni o “formati convenienza”; il 32 abbandona i grandi brand per marche sconosciute e prodotti di primo prezzo; il 24% ricomincia a fare cucina di recupero con gli avanzi della cucina.
A pesare maggiormente sul crollo dell’inflazione è il calo dei prezzi alimentari che si sono ridotti a ottobre dello 0,2 per cento su base congiunturale, per effetto di un taglio alla spesa familiare per cibo e bevande stimato in 5 miliardi nel 2013. E’ quanto afferma la Coldiretti nel sottolineare che l’effetto della spending review degli italiani è stato più forte dell’aumento dell’aliquota Iva, sulla base dei dati sull’andamento dell’inflazione ad ottobre resi noti dall’Istat. C’è il rischio deflazione perché la situazione economica generale del Paese – sottolinea la Coldiretti – non è in grado di sopportare aumenti di prezzi che si riflettono sul potere di acquisto delle famiglie e quindi sull’andamento dei consumi.
Il risultato è – precisa Coldiretti – che i prezzi degli alimentari sono calati su base congiunturale dal 3,5% per la frutta al’1,4 per i vegetali freschi ma cali congiunturali si rilevano inoltre per i prezzi del Pesce fresco di mare di pescata (-2,0 per cento) e di acqua dolce (-1,0). Per contro – conclude Coldrietti – si registrano leggeri aumenti su base dei prezzi della carne ovina e caprina e delle altre carni (+0,6 per cento), del latte fresco (+0,4) e dei vini (+0,5). Su base tendenziale – conclude Coldiretti – i prodotti alimentari tuttavia aumentano dell’1,5% rispetto all’incremento dello 0,8 fatto segnare dall’inflazione in generale.