Una fotografia alle vacanze degli italiani quella che scatta Coldiretti, analizzando abitudini, esigenze e sogni che restano nei cassetti di casa per colpa xella crisi. Il rapporto è stato presentato dall’associazione a Roma e subito snocciola un dato: in vacanza quasi un italiano in vacanza su tre (32 per cento) si porta il pranzo al sacco qualunque sia la sua meta. Si tratta della prima analisi su “Le vacanze degli italiani a tavola nell’estate 2013”, nell’ambito dell’incontro promosso insieme alla Fondazione Univerde sulla base sui dati Ipr marketing. Il pic nic, dunque, è l’unica forma di ristorazione che cresce con la crisi anche se il 28 per cento dei turisti, all’opposto, complice anche un po’ di pigrizia vacanziera, preferisce, dice Coldiretti, mangiare nel ristorante del posto dove alloggia, mentre il 23 per cento sceglie di andare in trattoria o pizzeria.
Una minoranza del 7 per cento , invece, si rifugia in bar e fast food per un pasto mordi e fuggi mentre appena il 3 per cento può contare sull’ospitalità di parenti e amici. “Si tratta di risultati che – afferma la Coldiretti – evidenziano il ritorno del pic nic, di cui si svolge peraltro in tutto il mondo proprio il 18 giugno la “Giornata Internazionale”, perche’ rispetta quei canoni di sobrietà, libertà, risparmio, ma anche di desiderio di esprimere creatività in cucina che sono propri degli anni della crisi. Una opportunita’ che cresce nel consenso tra gli italiani che possono risparmiare senza privarsi di prodotti sani, tipici e genuini facili da trovare in tutte le localita’ turistiche. “Una alternativa valida in un paese come l’Italia che può contare su 871 parchi e aree protette oltre a chilometri e chilometri di spiagge”, afferma il presidente della Coldiretti Sergio Marini nel sottolineare che “”si tratta di ben il 10 per cento del territorio nazionale”.
Secondo l’indagine tra i cibi più gettonati per un pic nic al mare figurano – precisa la Coldiretti – la frutta (77 per cento), i panini (61 per cento), le verdure (19 per cento), i piatti pronti (17 per cento) come pasta e riso freddo, pasticcio e lasagne, ma non manca chi sceglie altro come salumi, formaggi o la carne in scatola, il prodotto simbolo delle gite degli anni 60.
Invece, un terzo della spesa di italiani e stranieri in vacanza in Italia è destinato alla tavola per consumare pasti in ristoranti, pizzerie, trattorie o agriturismi, ma anche per acquistare prodotti enogastronomici che, in controtendenza, fanno segnare un aumento del 43 per cento negli ultimi 5 anni segnati dalla crisi, durante i quali, al contrario, calano tutte le altre voci di spesa a partire dall’acquisto dei capi di abbigliamento che fa segnare un crollo di oltre il 31,5 per cento fino alle attività ricreative, culturali e di intrattenimento (-6). Complessivamente tra il consumo di pasti nella ristorazione (13,9 miliardi) e l’acquisto di prodotti alimentari nei negozi e nei mercati (10,1 miliardi), i turisti italiani e stranieri spendono per cibo e bevande – sottolinea Coldiretti – circa 24 miliardi di euro su un totale di 72,2 miliardi del fatturato turistico complessivo. La gran parte dei risultati economici e delle opportunità di lavoro del turismo in Italia nell’estate 2013 dipende quindi dalle scelte dei turisti a tavola che condizionano i bilanci di ristoranti, agriturismi, mercati, pizzerie, negozi, bar e gelaterie. Il mangiare e bere è però anche il vero valore aggiunto delle vacanze Made in Italy. Tra tutti gli elementi della vacanza, dall’alloggio ai trasporti, dai servizi di intrattenimento a quelli culturali, la qualità del cibo in Italia, precisa l’analisi, è quella che ottiene il più alto indice di gradimento trai i turisti stranieri e italiani.
E se la crisi riduce le partenze e costringe a tagliare la durata e il budget delle vacanze delle famiglie per far quadrare i conti, il 33 per cento degli italiani rinuncia ai divertimenti (cinema, parchi giochi, discoteche) e il 25 per cento al livello dell’alloggio (meno stelle e più pensioni che alberghi) ma appena l’11 per cento limita gli acquisti di prodotti tipici, secondo le elaborazioni Coldiretti/Univerde sui dati Ipr marketing.
“L’Italia e il suo futuro sono legati alla capacità di tornare a fare l’Italia anche nell’offerta turistica, imboccando intelligentemente la strada di un nuovo modello di sviluppo che trae nutrimento dai punti di forza che sono il proprio patrimonio storico ed artistico, il paesaggio e il proprio cibo al quale unire originalità e creatività, gusto e passione, intuito e buonsenso di cui siamo portatori-afferma il presidente della Coldiretti Sergio Marini – la competizione si vince facendo leva sui valori identitari che nascono da un territorio unico ed inimitabile”.
E chi sceglie il ristorante, ha idee ben precise in merito a ciò che cerca e ciò che vuole mangiare: il 42 per cento degli italiani al ristorante si informa sui piatti al ristorante nei luoghi di vacanza dove però è in agguato il rischio “tarocco” con i menù acchiappaturisti e i falsi souvenir di prodotti tipici che si moltiplicano lungo tutta la penisola, con la crisi. Un rischio che riguarda le località più turistiche dov’è più facile imbattersi in ristoranti che offrono ricette “violentate” come – sottolinea la Coldiretti – la cotoletta alla milanese preparata con carne di pollo o maiale, fritta nell’olio di semi al posto della carne di vitello fritta nel burro. “E’ bene fuggire rapidamente di fronte ad una locanda romana che offre spaghetti alla carbonara con prosciutto cotto al posto del guanciale e formaggio grattugiato al posto del pecorino romano – consigliano gli esperti.
Il consiglio della Coldiretti è quello di rivolgersi direttamente ai produttori nelle aziende agricole, negli agriturismi o nei mercati di Campagna Amica oppure di cercare sulle confezioni il caratteristico logo (DOP/IGP) a cerchi concentrici blu e gialli con la scritta per esteso nella parte gialla “Denominazione di Origine Protetta” o “Indicazione Geografica Protetta” mentre nella parte blu compaiono le stelline rappresentative dell’Unione Europea. “Cresce tra i cittadini la voglia di conoscenza e la richiesta di conoscenza alla quale le nostre imprese sono impegnate a dare una risposta spesso senza il supporto delle Istituzioni – afferma il presidente della Coldiretti Sergio Marini – i troppi ritardi accumulati nell’attuazione delle norme per rendere obbligatorio in etichetta l’origine degli alimenti, ma anche il recente ed ingiustificato dietrofront della Commissione Europea sul divieto all’uso di bottiglie di olio senza etichetta e oliere anonime nei locali pubblici sotto la pressione delle lobby”.