Ha una forte coscienza ambientalista che anima la sua creatività anche in cucina. Ogni piatto si ispira al mondo vegetale e di animali e pesci vuole avere non solo la tracciabilità, ma anche sapere come si sono alimentati, il modo in cui sono vissuti e hanno terminato la loro vita terrena o acquatica. Antonia Klugmann appartiene alla più giovane generazione degli chef che sta dando un’impronta nuova alla cucina perché “per creare buoni piatti bisogna avere un rapporto intimo con gli alimenti e positivo con l’ambiente” spiega. Trentaquattro anni, nata a Trieste, chef del ristorante “Venissa” di Isola di Mazzorbo (Ve), Antonia Klugmann è stata la prima protagonista femminile della rassegna “A cena con le star” , al Cafè Les Paillotes di Pescara, dove ha tenuto un corso di cucina sul tema La Raccolta degli ingredienti a Venissa.
Da studentessa voleva fare l’avvocato, ma la passione per la cucina l’ha travolta. Così ha abbandonato gli studi di Giurisprudenza ed ha iniziato la gavetta. “E’ stato un percorso difficile come tutti quelli professionali” racconta “ma il mio desiderio era di intraprendere una carriera in cui poter investire anche sulla creatività. Ho scelto di lasciare l’università in un momento in cui non avevo grosse responsabilità, ero una semplice studentessa e i miei genitori mi hanno capita perché conoscono la mia serietà nell’affrontare la vita. Fin dall’inizio ho cercato luoghi interessanti dal punto di vista tecnico e stimolanti dal punto di vista creativo”.
Dopo cinque anni da apprendista nelle cucine di alcuni ristoranti, Antonia Klugmann è riuscita ad aprire il suo primo locale, L’Antico Foledor Conte Lovaria, ma il progetto che si fa largo nella sua mente è più ambizioso. Vuole un posto tutto suo e così acquista un terreno dove tra circa un anno sorgerà L’Argine, il suo ristorante, a Venco, nelle vicinanze del confine con la Slovenia e sull’argine di un fiume. Nel frattempo, continua a lavorare per il Venissa, curandone la parte creativa.
Al Cafè Les Paillotes, la chef, affiancata da Davide Pezzuto, ha proposto un menù di quattro portate precedute da un fingerfood di spuma di patate e ostrica, baccalà mantecato e grissino nero, polpetta di bollito. Come primo piatto, ha preparato garusoli e bieta; la seconda portata un fiore di zucchina affumicato alla senape e, a seguire, lasagnetta capesanta e liquirizia; quindi tatake d’oca, gnocchi di pane e shitake, per concludere con un delicato gelato di camomilla e meringa all’italiana al limone.
“Anche se è molto difficile definirla” spiega “posso dire che la mia è una cucina intima e personale. Parto sempre dall’ingrediente per creare il piatto e non dalla rivisitazione della tradizione. Il mio ingrediente essenziale è tutto il mondo vegetale. Ecco perché l’Argine è situato su un terreno pianeggiante e davanti alle sale ci sono un orto e un frutteto”.
Nella sua cucina c’è anche un po’ di Abruzzo, non per la presenza di piatti della tradizione ma per amicizie e conoscenze che hanno influenzato la sua formazione. “Sono molto amica di Nicola Fossaceca” dice . “E’ davvero simpatico e, ogni volta che lo incontro, mi porta un ingrediente della cucina abruzzese. E’ un ottimo testimonial di questa regione. Poi c’è Niko Romito che ha cambiato il mio mondo estetico. Quando vedevo i suoi piatti sulle riviste, all’inizio della mia carriera, dodici anni fa, ne ammiravo la semplicità, la pulizia, l’essenzialità. Da ogni ricetta scaturiva l’idea dello chef e sembrava che gli ingredienti uscissero dal piatto. Questo suo stile ha influenzato la mia formazione”.