Hanno tante cose in comune Pierluigi Fabrizio, Ciro Meggiolaro e Roberto Zazzara, tre artisti pescaresi, barbuti, amici da sempre che vivono un rapporto di mimesi tra la terra e quella parte del mondo, oltre la volta celeste, in cui da sempre esistono le idee immutabili e perfette, raggiungibili solo dall’intelletto.
Erano degli adolescenti particolarmente curiosi, alla ricerca di emozioni da immortalare, affamati di novità e osservatori del bello, per questo, insieme, fotografavano tutto quello che, a seconda del loro modo di vedere le cose, poteva esprimere un’idea, un pensiero, la verità. Con Roberto, Ciro e Pierluigi, per gioco, ha iniziato anche Paolo Angelucci che negli anni ha indirizzato la sua ricerca al mondo della Polaroid, di cui “esplora le infinite potenzialità espressive” (http://www.paoloangelucci.net).
Altro artista del gruppo è Giorgio Liddo, che ha sviluppato la sua passione fino a frequentare il corso di fotogiornalismo alla John Kaverdash School di Milano e che ha realizzato interessanti reportage partendo da New York, per arrivare in Marocco e a Priluje, enclave serba del Kosovo (http://www.giorgioliddo.com).
Paolo e Giorgio sono stati tra i protagonisti della prima edizione del Loretoview: Festival di Fotografia del Paesaggio di Loreto Aprutino, quest’anno è la volta di degli altri tre che, dal 4 luglio al 7 settembre 2014, espongono un loro dittico fotografico nelle sale dell’imponente Castello Chiola.
Il festival Loretoview
Il festival, arrivato alla seconda edizione,promosso dalla Fondazione Musei Civici di Loreto Aprutino, sostenuto dalla Fondazione Pescarabruzzo e curato da Sandro Parmiggiani, Vincenzo de Pompeis, Gaetano Carboni e Giorgio D’Orazio, presenta novità molto interessanti sotto diversi punti di vista ed è una perfetta sintesi del rapporto tra uomo e ambiente, in cui convivono nel migliore dei modi arte, natura e cultura del territorio.
Cinque sezioni: guest, site specific, storica, young e unconventional, otto mostre e 19 fotografi disegnano strani intrecci all’interno del paesino di Loreto, permettendone di scorgere angoli più segreti e per la prima volta aperti al pubblico.
I tre amici (con Enrico Libutti, Patricia Dinu, Giuliano Mozzillo, Marco Antonecchia, Francesca Loprieno, Sabrina Caramanico, Francesca De Rubeis, Alessandra Giansante e Miss Tumistufi) mettono all’attenzione di tutti, i loro lavori insieme un’idea per la categoria young (http://www.loretoview.it/pages/mostre.php ); dodici progetti, 24 paesaggi, tante storie di vita e tanti i modi di interpretare tutto ciò che non è più o che può essere ancora paesaggio. La loro giovinezza si esprime soprattutto nella liberazione da ogni regola, nell’idea nascosta dietro la bellezza naturale e nelle mille strade che la vera essenza del paesaggio sotto forma di foto e parole, lascia intravedere.
Le relazioni tra la realtà esterna e la sua interiorità
Pierluigi Fabrizio (Pescara 1977) ama conoscere e mappare le relazioni continue tra la realtà esterna e la sua interiorità. Ha iniziato con una vecchia Praktica made in DDr, ed è andato avanti sperimentando e scoprendo forme sempre nuove di comunicazione. Il suo ultimo lavoro ha un titolo importante, Aposiopesi, ovvero l’interruzione del discorso e l’omissione di alcune scene che lo spettatore del commediografo greco Menandro, seduto a teatro, avrebbe potuto facilmente intuire anche senza seguire la scena. Sono luoghi lasciati in sospeso, infatti, quelli ritratti dal giovane fotografo pescarese, che partito da Ortona per arrivare a San Salvo, ha ripercorso un tratto della dismessa linea ferroviaria Ancona – Pescara – Foggia.
Ci sono ancora km di linea armata, almeno fino a Casalbordino, per il resto invece, i binari non ci sono più, restano solo poche tracce e la natura è tornata a prendere il sopravvento. Ogni progetto che Pierluigi porta avanti è frutto di una ricerca di emozioni e sensazioni di intimità, che possono svilupparsi visitando luoghi sospesi nel tempo e nello spazio.
“Ripercorrendo il tracciato da nord a sud che si apre con una galleria chiusa da una inferriata, e prosegue con tratti accessibili ed altri no, si entra sempre più a contatto con un’Aposiopesi, con qualcosa di incompiuto non detto, con una natura ancora dominata (scalinata casa) che si alterna ad una natura che torna a dominare (scalinata infestata). Con questa continua dualità, con questo conflitto, porto avanti il lavoro, cercando di restituire quel tipo di atmosfera sognante di paradiso perduto, considerando che quel tipo di paesaggio ha costituito e costituisce ancora il motore di molte mie azioni”.
http://pierluigifabrizio.tumblr.com
Rendere visibile anche quello che non è
Con lo stesso nome dell’ imperatore persiano, sovrano illuminato e amante della cultura e dell’arte, Ciro Meggiolaro, nato a Padova nel 1978 e trasferitosi con la famiglia a Pescara, inizia a scattare nel 1999 con la vecchia reflex del padre. Si sposta di nuovo, verso la capitale, dove ha la possibilità di poter collaborare con nomi importanti: Nigel Perry, Mario Testino, Fabrizio Ferri. Espone, scatta, espone la sua fotografia che è libera e capace di rendere visibile anche quello che non c’è. Nel 2006 con l’opera “Verso” vince il Premio PagineBianche d’Autore – Seat, e due suoi scatti della serie “Cows” sono esposti in una mostra permanente al quarto piano del Chelsea Hotel di New York City.
Holy Goal è il titolo del progetto che Ciro sta portando avanti da qualche tempo; l’idea nasce dai suoi 35 anni e dai ricordi indelebili di giornate passate in compagnia degli amici di sempre a giocare a pallone nei campetti di città. Forse è colpa delle troppe auto parcheggiate in strada o dell’abuso del mondo virtuale, ma oggi non ci sono più voci, le reti sono state consumate dal tempo e l’abbandono totale ha trasformato i luoghi della sua infanzia in aride steppe arse dal sole o verdi tasselli incastrati nel cemento cittadino, in cui l’erba è diventata troppo alta ormai, anche per lui.
“Associo queste porte vuote a crocifissi solitari” spiega il fotografo ” che si trovano per strada o sulle vette di alcune montagne. Spero che in un futuro prossimo, un gruppo di bambini si fermi ancora dentro quei campetti, non per pregare, ma solo per giocare”.
http://www.ciromeggiolaro.com
Un battito di ali di farfalla
Sono Appunti su un Monte Sagro gli scatti realizzati con uno smartphone durante un viaggio di sopralluogo dal regista Roberto Zazzara. Anche lui nato a Pescara nel 1978, inizia a girare il mondo sin da molto piccolo; restare troppo a lungo in un posto lo rende inquieto ed è per questo che, in una seconda vita, vorrebbe rinascere una farfalla leggera ed elegante. È al rumore del battito di ali di farfalla, infatti, che si potrebbe paragonare il modo di lavorare di Roberto: delicato, intimo, estetico, visionario. Laureato in Discipline dell’Arte e dello spettacolo alla Sapienza, viene selezionato tra pochi altri in Italia dal Centro Sperimentale di Cinematografia di Milano, dove ha inizio la sua avventura di regista e documentarista. Tanti i lavori e tanti i riconoscimenti ottenuti con Tiro a vuoto, Ice cream dream e Leonesse; in questi giorni è in dirittura d’arrivo il suo nuovo film, Transumanza (leggi il nostro articolo), un emozionante cammino lungo quanto un suo profondo respiro.
Appunti su Monte Sagro: girare un documentario sulle Alpi Apuane è il suo prossimo obiettivo. Quella cima, il Monte Sagro, aveva un’importanza catartica per le popolazioni preitaliche liguri e, in un certo senso, continua ad avere una propria sacralità per gli abitanti di Carrara. Roberto vorrebbe capire come questa dimensione spirituale riesca ancora a coniugarsi con quella venale e terrena che ha ormai rivelato quel “bianco segreto” che per tanti secoli le Apuane hanno nascosto nel loro grembo, il marmo di Carrara. Dipingere un grande quadro su quelle cime tutt’oggi misteriose, sui grandi blocchi di marmo grezzo, le statue, il carbonato di calcio usato nei dentifrici e sulla vita di coloro che stagionalmente si muovono in quel grande formicaio che sono diventate le cave, e che contribuiscono allo sventramento sempre più massiccio della montagna sacra.
“Per far parlare una montagna bisogna metterla a suo agio” spiega il regista “regolare il nostro punto di vista sul suo. Una volta trovato l’equilibrio, la montagna si aprirà e inizierà a raccontare le proprie vicende, con calma, con la sua superiorità, con il fascino imperscrutabile che la distingue. Questo film vuole essere una via crucis che racconta le tappe attraverso cui il personaggio principale (la montagna) si sacrifica per il bene dei propri figli (gli uomini), con la consapevolezza della sua morte, con grande dignità e poesia; gli uomini sono coprotagonisti, ognuno, a suo modo, legato alla montagna di appartenenza, col proprio immaginario su di essa, eppure evidentemente inconsapevoli dello spirito profondo che le appartiene. La montagna un giorno parlerà per narrare tutto quello che le accade, come una madre che racconta dei suoi figli, senza giudicarli. Lascerà che ognuno faccia la sua scelta, paladina del libero arbitrio, come una dea”.
http://www.robertozazzara.com
Loretoview: II Festival di fotografia del paesaggio
Loreto Aprutino
Apertura al pubblico:
4 luglio_7 settembre 2014
Dal martedì alla domenica, ore 18:00 – 23:00
Ingresso Mostre + musei:
7,oo € intero
5,00 € ridotto (per under 20, scolaresche, gruppi superiori a 10 persone)
Gratuito: under 10, giornalisti con tessera
http://www.loretoview.it
Francesca Mancini