“Dobbiamo far passare dei messaggi che non istigano a odio e violenza. Sicuramente non sarà il mio compito di rispondere alla violenza con la violenza. Il mio compito è quello di dare una guida ai nostri giovani, all’Italia, perché l’Italia non é razzista e chi vuole soffocare questa parte dell’Italia non razzista farà fatica a farlo”, così Cecile Kyenge, ministro della Repubblica Italiana all’Integrazione, in Provincia a Pescara, a margine della Carovana della libera circolazione, l’occasione per parlare di nuove cittadinanze e di tutto ciò che la parola integrazione racchiude e rappresenta. La prima uscita pubblica dopo le inqualificabili “metafore” del vice presidente della Camera Calderoli e a cavallo delle tematiche relative allo ius soli che stanno infiammando dibattiti e discussioni entro e fuori dai palazzi del potere.
Fuori da quello del Governo, in piazza Italia, però la sparuta minoranza che sta a destra della destra ha lasciato per lei un pegno degno delle metafore di Calderoli: cappi, per contestare il diritto di cittadinanza di bambini che vedono la luce nella penisola. Una minaccia di morte contro un diritto di vita che non ha senso e giustificazioni possibili, oltre a non essere un bel biglietto da visita per l’intelligenza, se c’è, di chi li ha pensati. Roba di cui la ministra non ha parlato: lei stessa ha scelto Pescara come tappa intermedia di un tour partito da Bergamo e che si concluderà a Matera per affrontare la delicata questione relativa all’immigrazione. E nella stanza del presidente Guerino Testa ha glissato in modo sereno sui fatti e le infelici parole che la contrappongono a Calderoli, anzi, invitando a dare ai toni un valore diverso: “Noi insieme sicuramente ce la faremo – ha proseguito – a far vedere che l’Italia non è così perché non ne ha bisogno solo la sottoscritta e non sono solo attacchi personali, non é un attacco alla mia persona, ma credo che è l’Italia che in questo momento ha bisogno di far vedere in tutto il mondo, a tutti i nostri figli di che cosa siamo capaci e sicuramente non risponderemo mai con la violenza”.
Secondo Kyenge bisogna “trovare un dialogo e una comunicazione trasparente e rispettosa verso tutti e noi questo insegnamento lo dobbiamo dare, lo dobbiamo fare per chiunque guarda gli occhi delle istituzioni con speranza”.
“Non possiamo andare avanti con una politica dell’emergenza. L’immigrazione ne sta risentendo. Noi dobbiamo riuscire a leggere dieci anni di sbarchi a Lampedusa e tradurli in una politica di prevenzione e di sistema, dare delle risposte”. Lo ha detto il ministro dell’Integrazione Cecile Kyenge, a Pescara, nel corso del suo intervento, durante le relazioni della giornata della “Carovana della libera circolazione”, in cui ha ricevuto anche l’accoglienza della comunità congolese e gli onori delle altre etnie rappresentate in Abruzzo.
Papa Francesco, andando a Lampedusa, ha concluso: “ci ha fatto capire che quei morti, passati invisibili per tanti anni, sono persone”.