Una giornata a bordo di un treno che percorre una linea viva, ma fantasma, suo malgrado, per vivere un modo insolito e, purtroppo, solitario di scoprire l’Abruzzo che tutti decantano, che tutti promuovono, su cui tutti oggi puntano per uscire dalla crisi.
Siamo saliti a bordo di uno dei quattro vagoni della Transiberiana d’Italia alla stazione di Sulmona alle 9,30, direzione Carpinone, la meta scelta dal viaggio è la stazione di Pescolanciano-Chiauci, alto Molise, dove ci sono Pietrabbondante e Bovianum Vetus, antica capitale dei Sanniti. Con noi ci sono altre 270 persone arrivate da ogni parte d’Abruzzo e anche da fuori regione, convocate da un tam tam che da ottobre la Onlus Transita sta facendo per salvare la linea dismessa dalla morte definitiva, il taglio del binario di Carpinone che ci sarà, se le cose andranno malissimo, presumibilmente in luglio. Un richiamo che riporta i treni su quel tracciato almeno una volta al mese da allora, con la primavera i viaggi si sono intensificati, sono viaggi turistici, certo, ma sempre sold out.
Siamo in un gruppo “social”, di blogger e giornalisti appassionati di scenari naturalistici e territorio, radunati, invece, da Paesaggi d’Abruzzo che nel suo ormai noto portale ne ospita migliaia. Obiettivo, anzi, “obiettivi” per far conoscere ancora di più la storia della Transiberiana e il triste destino che potrebbe riguardarla, attraverso decine di occhi pronti a postarla sul web e socialnetwork attraverso le fotografie. Un’opera di sensibilizzazione, insomma, per aprire nuovi scenari a chi potrebbe, volendolo, tornare a cambiare le sorti della storica Napoletana, la linea che legava Pescara a Napoli, morta dopo una solitaria agonia iniziata il 10 giugno 2007, quando venne soppressa l’ultima coppia di treni Pescara-Napoli, simboli della Sulmona Carpinone, l’inizio della fine.
Fischio di rito, il treno parte chiassoso e superata Sulmona è già un fiorire di clic, di tweet, di post, di foto a tutti i costi, di obiettivi incollati al finestrino per fotografare il Morrone ancora bianco di neve, gli altipiani verdi, la natura che si sveglia colorando i boschi di giallo e ciclamino. “Questa linea è bellissima anche d’inverno – dice il macchinista – con la neve lo spettacolo è mozzafiato e lascia senza parole tutta la gente che ha ripreso a frequentarla grazie a questa iniziativa, ma è anche una linea problematica, perché la manutenzione costa”, ed è questo forse il motivo più forte che ha portato RFI a staccare la spina.
La prima fermata. Dopo una sosta della memoria a Campo di Giove, siamo a Palena, prima fermata ufficiale della Transiberiana.
Ci accoglie il centro visite Del Parco della Majella con i prodotti tipici del territorio: pane, pasta, funghi, conserve, farine, salumi, valore aggiunto che sta reggendo l’economia regionale e che per moltissimi imprenditori locali è l’unico modo per salvarsi e uscire dalla crisi. Il carico passeggeri assaggia, acquista e si documenta sul come reperire i prodotti e poi è pronto a riprendere il viaggio.
Nelle carrozze mentre si osserva il paesaggio si canta, si balla e si beve vinello insieme alla musica popolare del duo di Guardiagrele “Lu Sole Allavate”, tenzoni fra mogli e mariti, goliardia popolare, tradizioni che fanno saltellare e scaricano le tensioni di tutti a ritmo di ddu bbotte e tamburello, c’è anche chi fa il trenino nel trenino.
La situazione. Ma un utilizzo turistico? Funziona, la gente e da ottobre non è mai mancata, e, facendo un calcolo veloce di circa 300 persone per un treno al mese, sono 2.100 passeggeri e considerando che ce ne saranno altri 8 fino a giugno, sono altre 2.400 persone, siamo a quasi 5.000, in meno di un anno e senza aiuti, se non la collaborazione della Provincia di Isernia e del Parco Nazionale della Majella, unici loghi che si trovano sulla brochure insieme a quelli di Transita Onlus e degli Amici della Rotaia, l’altra associazione molisana che sta tentando l’impresa del salvataggio. “Abbiamo bisogno che qualcosa si muova – dice Claudio Colaizzo, responsabile treni Abruzzo per Transita – ci stiamo provando non perché siamo legati a tutti i costi a questa linea, ma perché farla morire è uno spreco, oltre che un delitto. In Molise la fine delle corse per molti paesi si è tradotta nell’isolamento. In Abruzzo le cose sono andate in modo un po’ diverso, perché i treni sono stati sostituiti con gli autobus, anche se tantissimi centri restano comunque scoperti. Eppoi c’è il turismo, che potrebbe fare bene ad almeno una ventina di Comuni interessati dalla linea, per non parlare di quelli del circondario che potrebbero diventare destinazioni, riferimenti per le corse che sono tematiche”. Quella di oggi porta alla capitale Sannita, ma ne sono programmate anche altre, l’obiettivo saranno le riserve, i fiori, i cavalli pentri, la ferrovia, i laghi e la montagna. C’è tutto l’Abruzzo e tutto quello che serve per rappresentarlo, folclore compreso.
Mentre scorrono i ponti, nei convogli scorre anche il racconto di Riccardo Finelli, giornalista e autore emiliano, un anno fa si è misurato in una sfida singolare sulla Sulmona-Carpinone: l’ha fatta a piedi insieme all’amico fidato Stefano e ad un angelo custode sulmonese, Emanuele, con loro per una parte del percorso. Quattro giorni a ridosso del 25 aprile, raccontati nel libro “Coi binari fra le nuvole”, edito da Neo. casa editrice di Castel di Sangro che sta promuovendo il libro per tutto l’Abruzzo e anche per tutta l’Italia. Prima di prendere il posto di Riccardo al microfono per recitare tratti del libro, il suo editore, Francesco Coscioni, racconta com’è nato. “Ci ha chiamato lui! – esordisce – Ci ha detto che intenzioni aveva e ci è piaciuto subito il modo in cui voleva realizzarle. In pratica il libro lo ha scritto camminando, perché lo abbiamo pubblicato in tempo per l’estate e senza nemmeno fare tanto editing per quanto la scrittura scorreva. Ha raccontato la sua avventura, ha spiegato anche che la fine della linea era la fine di un’idea che aveva accompagnato la nascita dell’Italia, perché le ferrovie arrivavano ovunque proprio per farla, l’Italia. Abbiamo cercato, con questo libro, di smuovere la sensibilità istituzionale, raccogliendo quella di 26 Comuni fra Abruzzo e Molise, due Parchi Nazionali: Abruzzo Lazio e Molise e quello della Maiella, tre comunità montane, la Regione Molise e l’Agenzia di promozione culturale di Sulmona-Castel di Sangro. E speriamo che attraverso il libro la storia e l’importanza di questa linea torni d’attualità, torni ad interessare le istituzioni alla storia di questo territorio che ha avuto un contraccolpo fortissimo con la fine delle corse”. La Regione Abruzzo nel libro non c’è.
In poco più di due ore ore sfilano Rivisoldoli, Pescocostanzo, Alfedena, Castel di Sangro e il confine, siamo a Pescolanciano-Chiauci, dove ci aspetta l’autobus per Pietrabbondante e un pranzo pittoresco.
Poi un tuffo in uno delle più preziose testimonianze sannite del Molise, l’antica capitale.Bovianum Vetus è oggi quel che resta di un Senato e un Tempio, dove prende vita la drammatizzazione della storia Sannita ad opera di Nicola Mastronardi, autore di Viteliù, libro sull’epopea dei popoli italici, traduzione del termine Italia in lingua sannita. Dopo una visita al sito e una lotteria si riparte.
Il treno procede senza fermate la sua corsa a ritroso verso Sulmona, col suo carico di passeggeri imbottiti di paesaggi e di viaggio, torna la musica, il libro, torna anche qualche clic, si continua a postare quanto l’Abruzzo sia bello da scoprire e sia meta a cui tornare perché già scoperta e a sperare che il futuro della ferrovia appena percorsa cambi.
(fotoreportage fatto con iPhone)
Che bella giornata sara” stata!spero di poter partecipare presto.Vi faccio i complimenti per l’iniziativa!
Massimo Del Monte Io ho viaggiato più volte sulla Transiberiana russa, in Siberia, fra Ulan Udè e Irkutsk, fra Krasnoyarsk e Yekaterinburg. Negli anni ’90 viaggiai piu’ volte, d’inverno, fra Sulmona e Roccaraso; facendo le dovute proporzioni, in alcuni tratti la “nostra” ferrovia ricorda gli scenari innevati siberiani…ed oltre 20 anni fa coniai (ancorchè solo interiormente) la definizione “Transiberiana d’Italia”…nei vecchi “carrelli” di diapositive che conservo da allora, c’è scritto proprio così…Già allora il treno era però quasi vuoto; ho visto le stazioni spengersi una dopo l’altra…E dentro di me cresceva la rabbia x l’inerzia che purtroppo pervade gli abruzzesi (a parte i pochi volontari che coi cugini molisani tentano di tenere in vita fa ferrovia in questione).Ma come si fa a non sfruttare turisticamente una simile risorsa? Ma se la stessa si fosse trovata in Romagna o in Toscana, a quest’ora sarebbe diventata PATRIMONIO DELL’UNESCO!!!!!! Costà purtoppo…si dorme…(absit iniura verbis):guardate che so quello che dico…ho conosciuto tempo fa una funzionaria dell’Unesco…Ma lo sapete che stanno x chiedere l’inserimento della Garfagnana (Toscana)in detto Patrimonio? E fra la Garfagnana e la Majella (e zone toccate dalla ferrovia di cui sopra) c’è la stessa differenza che passa fra la gazzosa e lo champagne! Ci sono delle reclamizzate zone romagnole che paragonate agli scenari dei Parchi Abruzzesi fanno ridere (o piangere).Però sono più conosciute e visitate (con conseguenze positive sull’economia ecc.ecc.).Insomma bisogna che la gente d’Abruzzo si dia da fare! Svegliate i politici…non avete anche Marini? Invece di pensare al Quirinale faccia qualcosa x l’Abruzzo, che a Nord di Roma è semi sconosciuto..qualcuno non sa neanche che ci si possa sciare!!!Ma cosa fanno i vari assessorati alla cultura e al Turismo nella Regione e nei comuni abruzzesi? Dormono e aspettano il 27 del mese? Sveglia!!!
Andate avanti con queste iniziative è l’unico modo per far capire che le ferrovie di montagna hanno un futuro. Qui da noi, in Irpinia, con la solita logica dei numeri hanno “sospeso” da due anni una analoga ferrovia: la Avellino Rocchetta sulla quale anche noi dell’associazione in_loco_motivi, avevamo fatto conoscere il nostro territorio a migliaia di persone con appositi viaggi turistici/culturali. Al prossimo viaggio saremo presenti. Pietro Mitrione
http://avellinorocchetta.wordpress.com/
https://www.facebook.com/groups/109575662819/
una figata di giornata 😉
Ho letto l’articolo e la descrizione del viaggio mi ha ricordato una giornata trascorsa 4/5 anni fa, quando da Domodossola ho preso il trenino delle Centovalli che porta fino a Locarno sponda Svizzera del lago Maggiore. Ci sono 9 corse al giorno e le carrozze sono piene di turisti. Mi chiedo perchè fare il viaggio una volta al mese? La gente scende dal treno, fa il suo giro per il paese prescelto ed è sicuro che per una certa ora c’è il treno seguente che lo porterà alla meta successiva.
Certo una volta al mese mi sembra pochino non è stimolante turisticamente, perchè non puntare sull’incremento? Magari non giornaliero ma tutti i sabato e domeniche potrebbe funzionare.
Meditate e studiate gente, le risorse ci sono bisogna solo riconvertirle.
http://www.vigezzina.com/Italiano/dove_siamo.htm
A tutti i gruppi, a tutte le associazioni, ristoratori e a tutti coloro che credono davvero nel rilancio turistico di questa ferrovia bellissima, a tutti coloro che possono davvero far qualcosa anche al fine di costitutire un’associazione che alla fine se ne prenda cura, a tutti coloro che comunque credono in questa stupenda ferrovia che ancora può fare e dare tanto dico:- NON MOLLATE! Non lasciate che questa ferrovia muoia per sempre!. Spero presto di venir a fare un viaggio in questi bei posti.
ho partecipato alla corsa del 14 aprile–è da apprezzare la buona volontà dei molti organizzatori
sarebbe bello se valorizzassero il treno con belle scritte esternamente..che riguardino
l,avvenimento e che lo pubblicizzano..vedevo tanti curiosi attoniti al passaggio del treno che fotografavano..anche..
Auguro di fare sempre meglio!!!!Maria-