Per fare la biodiversità ci vuole un fiore. Per fare il fiore ci vuole un’ape, anzi, ci vogliono milioni di api. Siccome gli animali impollinatori scarseggiano, a causa di dissennate politiche sull’ambiente in corso nel mondo, il futuro della sicurezza agricola mondiale è in forse. “La diminuzione degli animali impollinatori può produrre un impatto negativo nella produzione del 75% delle colture alimentari mondiali”. Nessun allarmismo ma, dati alla mano, solo una previsione di buon senso. A farla, Allison G. Power, docente di Ecologia e Biologia evolutiva alla Cornell University di New York, intervenuta all’XI Forum Internazionale dell’Informazione per la Salvaguardia della Natura, organizzato dall’associazione di giornalismo ambientale Greenaccord Onlus, in collaborazione con il Comune di Napoli.
L’analisi della Power parte dalla considerazione che ¾ delle specie agricole utilizzate nell’alimentazione (e il 65% di tutte le specie vegetali) richiedono un’impollinazione animale che è praticamente impossibile sostituire con tecniche artificiali. Facilmente comprensibili le conseguenze, in termini di accesso al cibo e di impatto economico sulle produzioni agricole. In Europa, Nord America e Asia il valore garantito agli agricoltori dall’impollinazione può arrivare a 1200 euro per ettaro. E varie ricerche hanno calcolato che le perdite di soggetti impollinatori proseguono a ritmi impressionanti: in Europa la moria delle colonie di api si attesta su una media del 20%. E, secondo dati Unep, il Nord America ha ormai il minor numero di impollinatori domestici dell’ultimo mezzo secolo.
“Una situazione da considerare con grande attenzione” spiega Power, che punta il dito, tra gli altri fattori, sull’attuale sistema agricolo basato sempre più su un’industria intensiva e monocolturale. “Un danno non solo per gli animali impollinatori ma per gli interi sistemi ecosistemici, quei benefici forniti all’uomo dagli ecosistemi terrestri (offerta di nutrienti, acqua potabile, combustibili, controlli climatici, valori ricreativi e culturali)”.
E proprio sulla tutela dei servizi ecosistemici si sofferma Power sottolineando il grande valore economico che essi offrono anche se non figura nei calcoli dei Prodotti interni lordi dei singoli Paesi. Da qui la proposta di cambiare l’approccio agricolo, puntando su diversificazione delle colture e introducendo sistemi che permettano di pagare i fornitori di servizi ecosistemici. “Visto che a fruire di tali servizi è la collettività – osserva Power – è giusto che tutti paghino per essi. Ma sistemi di misura in tal senso sono ancora futuribili in quasi tutto il mondo”.
Nei quattro giorni di dibattiti e confronti, l’XI Forum dell’Informazione per la Salvaguardia della Natura affronterà il rapporto tra produzioni agricole, problemi di malnutrizione e modelli di sviluppo, partendo dalla fotografia del mercato agricolo mondiale e dal ruolo degli attori coinvolti per arrivare a prospettare le possibili linee di riforma che permettano di aggredire in modo efficace la piaga della fame.