Quando descrive i suoi piatti lo fa con una strana luce negli occhi. Una luce che cogli dal taglio sornione del sorriso, perché i suoi piatti, malgrado prendano vita attraverso passaggi complicatissimi che lui ti spiega con una semplicità disarmante, non sono piatti normali. Meglio: partono dalla normalità e la plasmano, la trasformano, la rendono diversa, ma mantenendo INTATTO il sapore della tradizione.
Una volta colta questa “sfumatura”, diventa anche chiaro il perché uno chef come lui sia rimasto nella sua terra. Perché dalla sua “Magione Papale” sia riuscito a conquistare le ambite stelle della categoria, perché William Zonfa sia un valore aggiunto per l’Aquila e l’Abruzzo. A pensarla così è anche Carlo Cambi, giornalista ed enogastronomo di eccellenza che ha presentato la sua lezione al Salone dei Prodotti Tipici dei Parchi di cui è voce e che chiude oggi: “Con Zonfa a Magione Papale – ha detto – il terremoto fa meno paura. Lui invita la gente e si prende cura delle sua felicità. Lui riesce a coniugare tre ingredienti: materia, anima e bellezza. Quando la materia incontra l’anima il livello è la bellezza e la bellezza nel caso di Zonfa è qualità. Perché le sue creazioni danno alla materia forma compiuta per piatti che sono buoni da mangiare e da pensare”.
E così una “Battuta di manzo” diventa qualcosa di speciale, da gustare e da guardare. Lui la spiega così al pubblico che segue la lezione e il video della realizzazione di quella che è nei fatti una tartara: “Si prende un filetto di manzo, lo si avvolge in una garza che assorbe il sangue, perché se la carne cotta umida è gradevole, la carne cruda deve essere asciutta per conservare il suo sapore migliore. Va messo sottovuoto per 20 minuti per asciugarlo, poi due ore a riposo. Vanno aggiunte cipolle cotte per 1,20 minuti a 180 gradi, poi frullate e strizzate perché se ne deve ricavare un concentrato che diventerà gelatina. Poi si caramellano i tuorli, prima grigliati a 66 gradi, a vapore per 32 minuti, setacciati e ridotti in capsule di crema d’uovo della consistenza plastica, tanto che il tuorlo sembri candito. La carne viene condita con sale e timo e olio a crudo e il piatto è pronto”.
Zonfa chef e Cavaliere dell’Ordine dei Maccheroni alla Chitarra, un ruolo conservativo e promozionale per la ricetta abruzzese per eccellenza, che rivede a modo suo davanti ad altri tre cavalieri: Lorenzo Pace (presidente dei cuochi pescaresi e motore dell’Ordine), Andrea Di Felice, a capo dell’Unione abruzzese, Nadia Moscardi, chef di Elodia e la giornalista Cristina Mosca, segretaria del cavalierato. La chitarra di Zonfa è al maccheroncino bruciato al ragù bianco di agnello.
“Ho usato farina di Solina bruciata in padella – spiega come se stesse parlando di una cosa che normalmente accade sulle spianatoie delle massaie abruzzesi – mischiata a semola normale e dolina bianca. Il maccheroncino viene marrone, bruciato, ma Sto arrivando! di crosta di pane, ve lo assicuro. Il ragù di agnello è bianco, mischiato a centrifuga di carota, sedano e glassa di cipolla”.
Manteca tutto, spiana la pasta che è davvero marrone, compone il piatto condendo il maccherone con la centrifuga della base di quello che tradizionalmente è un soffritto e poi pone l’agnello e aggiunge una riduzione di Montepulciano e una nevicata di pecorino abruzzese hard. E’ la chitarra del presente e del futuro, di un cavaliere che ha più sembianze Jedi che medievali!
La lezione continua fra applausi, bocche aperte ed esclamazioni, passando attraverso il suo brodo di manzo, pardon, “Fumo liquido” e fermandosi a una parmigiana da mangiare a occhi chiusi, perché a vederla non sembra ciò che il gusto rivela: una parmigiana che ha tutti gli ingredienti e i sapori intatti, ma lavorati alla Zonfa.
“L’ho provata solo una volta e ho chiesto ai clienti che si sono trovati a tavola di chiudere gli occhi prima di assaggiarla – dice ridendo – perché soltanto ad occhi chiusi puoi chiamarla parmigiana. Per farla servono tanto tempo, tante persone e ingredienti puri, come la mozzarella di Campo Felice, le nostre melanzane, pomodorini veraci e tanta pazienza. Perché la cucina gourmet è così, sono questi gli ingredienti”. Passa tutte le fasi, riducendo un ingrediente “alieno” il riso, in polvere e quello autorevole, la melanzana, in un concentrato e la mozzarella in gelato, il pomodoro in acqua. Cose fantastiche, nel senso di ispirato dalla fantasia, che restituiscono al piatto qualcosa che non assomiglia per niente ad una parmigiana, ma che ne ha il sapore, l’odore, gli ingredienti.
Il dessert è un tripudio di abruzzesità: crema inglese di zafferano e genziana. Diventa una sfera avvolta nel cioccolato bianco che contiene un cuore di meringa e uno di genziana il primo morbido, il secondo addirittura liquido, ottenuti passando gli ingredienti nell’abbattitore, impiattati con le creme e con una frolla dolce a base di caffè. Un piatto che ha un grande valore, un prezzo alto per il lavoro che racchiude e un grande sapore che contiene lavoro e valori insieme. E che spiega cosa significa essere geni in cucina. Come Zonfa. E come gli altri talenti abruzzesi capaci di trasformare la cucina in un viaggio di conoscenza dei sapori, della tecnica e degli ingredienti.