L’incontro era nato per ragionare intorno al tema “Ristorazione oggi e domani: stili, tendenze e nuovi format del fuori casa” e per farlo presso il Grand Hotel Montesilvano l’Associazione cuochi Pescara/Federazione Italiana Cuochi ha chiamato a raccolta tutti i suoi cuochi, chef e addetti ai lavori. Ma con relatori enogastronomici di lungo corso come Raffaella Nobile, caporedattore area Horeca del Gruppo Sole 24Ore, Antonio Paolini, prestigiosa firma enogastronomica de L’Espresso, Angela Pagliaro, direttore marketing Quartiglia Spa e il presidente dei cuochi pescaresi Lorenzo Pace, di argomenti o carne al fuoco che dir si voglia ne è stata messa tanta. A tenere le fila di spunti e discorsi Massimo Di Cintio, giornalista anch’egli di lungo corso e coordinatore della guida Slow Food per l’Abruzzo.
La gastronomia vive una stagione di grande potenza e, al contempo, grande debolezza. E’ la stagione dei talent che creano fenomeni, sì, ma anche occasioni per chi sa coglierle. E’ la stagione della cucina che fa da richiamo per il futuro di giovani generazioni alla ricerca di arte e parte nel mercato del lavoro. Quella della riscoperta dell’arte culinaria atavica, della cucina povera, delle ricette rurali, identitarie, un fuoco tanto sacro da farla diventare gourmet, spesso paradossalmente. E’ la stagione del “posta come magni”, perché al parlare si sono sostituiti gli scatti sui social, dove si riversa sia l’ansia culinaria della gente comune, sia quella censoria dei frequentatori di ristoranti, pronti a bollare con un clic di piacere o disgusto questo o quel locale, sui siti in cui tutti, scrivendo, diventano sedicenti recensori pur facendo altro nella vita.
Tanta carne al fuoco. Ma si comincia con la riscoperta delle tradizioni culinarie: come sta accadendo a Roma, ha esordito Paolini, ritrovando la carbonara. “E’ in atto un processo di valorizzazione del patrimonio gastronomico italiano – dice – Un bisogno che si traduce nel ritorno ai prodotti del passato, alla qualità genuina delle cose di una volta. E’ l’inizio di una nuova era che si sta affermando anche in Italia, quella dello “smart food”, del cibo intelligente e furbo, seducente. E’ questo il futuro. Perché è smart chi lo fa e chi lo consuma con l’obiettivo di non ritrovarsi la monnezza nel piatto. Un sistema che deve fare i conti con diversi tipi di fame: il recupero dei prodotti antichi, la proposta di quelli moderni, l’attenzione alla salute e dunque la scelta di sali himalayani, ma anche l’accortezza di una cucina iposodica, lo sdoganamento delle spezie e l’apertura delle porte a panorami urbani cambiati, anche in cucina. Tutto questo non è confusione, è l’enogastronomia che si adegua ad una realtà cambiata, ad un nuovo abbecedario fatto di culture diverse che si incontrano e convivono. Si mangia con gusto, ma non è solo il mangiare che conta, è il dove, è il quando, è la curiosità per la proposta che ti spinge in un luogo figo o nel luogo dove trovi quello che cerchi e che soddisfa la tua curiosità”.
Il consumatore è cambiato, quando esce a mangiare si informa, sceglie e, grazie ai social, dice com’è andata. “Incredibile pensare che il Italia ci siano quasi 2.500 foodblogger – aggiunge Raffaella Nobile – Gente che mangia e scatta ciò che mangia per condividerne l’esperienza. Tutto questo è social, sì, ma è anche un rischio, quello di vedersi raccontati in modo diverso, in mille modi diversi da gente che per il fatto di fotografare si pone come opinion maker”. Già, perché nel mondo del food e magari non solo in quello, accade che chiunque si improvvisi “esperto” e faccia spesso danni con i propri punti di vista sul cibo, senza avere una formazione adatta per recensire, giudicare, bollare attività fatte non solo di ricette e piatti, ma di persone, lavoro, investimenti. Lo dice Paolini: “Non è detto che il fatto di mangiare autorizzi tutti a dire la propria sul cibo. Allora per il solo avere gambe dovremmo essere tutti olimpionici. Per trattare di cibo bisogna avere esperienza, farla e ricordare le persone che sono dietro un ristorante quando si apre bocca non per mangiare”.
Ma quella che si sta vivendo oggi è anche l’era dell’innovazione, quella in cui attraverso un clic tutto diventa vicino, accessibile, noto. Lo sa la Quartiglia Spa che ha realizzato un catalogo, anch’esso smart, con oltre 7.000 prodotti censiti: “Lo abbiamo fatto per dare storia e territorio ai prodotti che trattiamo – dice Angela Pagliaro, direttore marketing del gruppo – Ci interessano i prodotti base, come la carne o l’olio, ma anche quelli di nicchia, dei quali cerchiamo storia e informazioni e li mettiamo a disposizione di chi ci consulta. Perché diciamolo, la crisi è una congiuntura difficile per tutti, ma può diventare anche una grande opportunità: da capire, cogliere e sfruttare”.
Già, ed ecco che in un momento come questo anche una recensione fatta da un pinko pallino qualsiasi può essere da sprone a chi il cibo lo conosce, lo cucina, lo pratica: “Il cibo, ormai, si degusta – spiega Lorenzo Pace, il presidente dell’Associazione Provinciale Cuochi di Pescara da tre anni – E ogni cuoco deve avere bene in mente che ogni sera, in sala, c’è il giudizio netto di gente che arriva con il telefonino, pronta a scattare sul piatto che si vede servito e a raccontare cosa mangia. Gente alla quale deve offrire qualità, bellezza, innovazione. Ma questo deve spingere chi cucina a dare sempre il meglio di sé, come se fosse sempre in gara con il suo talento, con l’attenzione costante a migliorarlo, a non abbassarne mai il valore. Perché noi abbiamo a che fare con materia viva, dobbiamo cambiare la prospettiva per capire che percorso fare”.
Un percorso che in Abruzzo è sicuramente “smart” per via della qualità e della quantità dei prodotti capaci di aprire le cucine del cibo intelligente di cui si parlava. “Io ne sono convinto – conclude Pace – La situazione è in continua evoluzione. Adesso viviamo un periodo di cambiamento per un comparto storico della ristorazione, quello delle trattorie, che non riescono a stare al passo non perché sia mutata la qualità dei prodotti, ma perché la crisi ha colpito la clientela media della ristorazione media, una clientela che non c’è più come una volta. Per reagire serve l’innovazione, che è un processo che non si può fermare, perché il settore possa andare avanti, avere un futuro. E lo smart food da noi attecchisce proprio per questo: non si può più aspettare la clientela, bisogna formulare offerte capaci di muoverla e portarla dentro il proprio locale, dove il piatto deve essere bello, buono, sano e lasciarsi ricordare, perché il cliente torni”. Amen.