Buone notizie dalla Coldiretti che lancia la notizia che il cento per cento dei pomodori italiani trasformati, dalla passata di pomodoro alla polpa di pomodoro, dai pomodori pelati ai pomodori secchi, sono risultati regolari per la presenza di residui chimici sulla base delle ultime analisi del Ministero della Salute pubblicate nel rapporto “controllo ufficiale sui residui di prodotti fitosanitari”.
Questo se i pomodori sono italiani, ma tante sono comunque le incognite legate alla qualità dei pomodori: una la tracciabilità, due la provenienza che vede in netto svantaggio quella campana per via delle notizie in arrivo dalle terre dei fuochi, che hanno seminato paura fra i consumatori per via delle discariche abusive tossiche sotterrate nei campi dalla camorra. E tre, non indifferente, l’impiego di pomodori italiani al cento per cento da parte delle industrie produttrici di salsa a livello industriale. Ragionevoli dubbi che potrebbero instillare più che un’incertezza sull’inattaccabilità dei dati ministeriali.
Ma la Coldiretti rassicura commentando le polemiche sulla produzione di pomodoro evidenzia il fatto che l’Italia ha conquistato il primato in Europa e nel mondo della sicurezza alimentare con il minor numero di prodotti agroalimentari con residui chimici oltre il limite (0,3 per cento) che sono risultati peraltro inferiori di cinque volte a quelli della media europea (1,5 per cento di irregolarità) e addirittura di 26 volte a quelli extracomunitari (7,9 per cento di irregolarità).
Un risultato ottenuto dalla grande responsabilità degli agricoltori italiani e dal sostegno del sistema di controlli piu’ capillare ed efficiente in Europa che – sottolinea la Coldiretti – garantisce la genuinità di quello che arriva in tavola. Una attività che occorre però agevolare rendendo obbligatoria l’indicazione della provenienza in etichetta. Attualmente in Italia – denuncia la Coldiretti – l’obbligo di indicare la provenienza è in vigore per carne bovina (dopo l’emergenza mucca pazza), pollo (dopo l’emergenza aviaria), ortofrutta fresca, uova, miele, latte fresco, passata di pomodoro, extravergine di oliva, ma ancora molto resta da fare e l’etichetta è anonima per circa la metà della spesa dalla pasta ai succhi di frutta, dal latte a lunga conservazione ai formaggi, dalla carne di maiale ai salumi fino al concentrato di pomodoro e ai sughi pronti.
Vale la pena ricordare che secondo Coldiretti/Eurispes nella provincia di Salerno arriva il 98 per cento del concentrato di pomodoro cinese importato per essere rilavorato nelle industrie campane. Infatti il 34 per cento del pomodoro italiano da industria viene coltivato in Emilia Romagna, il 35 per cento in Puglia ed appena il 5 per cento in Campania dove peraltro ci sono due pomodori come il San Marzano e il Pomodorino del Piennolo del Vesuvio che si possono fregiare del marchio europeo Dop (denominazione di origine protetta) che – conclude la Coldiretti – assicura un livello aggiuntivi di controllo e di garanzia qualitativa sulla base di specifici disciplinari di produzione.