Il prezzo del latte fresco si quadruplica nel passaggio dalla stalla allo scaffale, ma agli allevatori non rimangono che pochi centesimi insufficienti per dare da mangiare agli animali. Il rischio? La scomparsa delle stalle e del prodotto simbolo del settore caseario regionale: la scamorza. E’ quanto denuncia la Coldiretti Abruzzo che questa mattina, nell’ambito della campagna del latte “giusto”, con gli allevatori associati, provenienti da tutte le province, ha allestito un vero e proprio accampamento nello spazio antistante l’Ipercoop di San Giovanni Teatino (Chieti), per far conoscere da dove viene il latte e come si ottengono i formaggi senza polveri o semilavorati industriali ma anche le distorsioni economiche che strozzano gli allevatori e provocano l’abbandono delle stalle con effetti sul lavoro, sul territorio, sulla qualità dell’alimentazione e sul made in Italy.
L’iniziativa di Coldiretti ha trovato il supporto e la solidarietà di molti Comuni e dell’assessore regionale alle politiche agricole Dino Pepe. Dalle 9 alle 14, gli allevatori hanno invaso l’accampamento organizzando presidi di volantinaggio davanti ai tre ingressi dell’ipermercato e, all’interno, punti informativi di Coldiretti. Erano presenti tutti i vertici: il presidente regionale Domenico Pasetti, il direttore regionale Alberto Bertinelli, i presidenti provinciali Sandro Polidoro (Chieti), Chiara Ciavolich (Pescara), Silvana Verdecchia (Teramo), oltre ai direttori Gabriel Battistelli (Chieti) e Massimiliano Volpone (Teramo e L’Aquila).
Dopo aver allestito una stalla all’aperto, gli allevatori hanno distribuito latte fresco pastorizzato, panini al formaggio e dispensato informazioni sull’importanza della filiera corta, dirette soprattutto agli studenti delle scuole che erano presenti alla manifestazione. Sorpresa e curiosità hanno inoltre destato le due mucche messe a diposizione dall’Associazione regionale allevatori (Ara) che, battezzate simpaticamente dagli studenti in visita con i nomi di Carolina e Onestina, hanno trovato ricovero all’interno delle aree verdi antistanti l’ingresso principale del centro commerciale.
Al presidio ha fatto visita, tra gli altri, anche l’assessore regionale alle politiche agricole Dino Pepe, che ha evidenziato l’importanza dell’etichettatura “per tutelare il territorio e gli allevatori stessi perché permetterà di fermare il fenomeno delle importazioni che nuocciono e fanno morire le aziende e gli allevamenti della nostra regione”. Pepe ha inoltre evidenziato le “battaglie vinte su blue tongue e prati-pascolo” e che “la sfida sarà il nuovo Psr che favorirà la concentrazione dell’offerta” con l’obiettivo di rafforzare il potere contrattuale dei produttori ed in generale della zootecnica.
Latte straniero non in etichetta
Nel corso dell’iniziativa sono stati inoltre presentati i risultati del dossier nazionale “la guerra del latte” da cui, tra le altre cose, è emerso che tre cartoni di latte a lunga conservazione su quattro venduti in Italia sono stranieri mentre la metà delle mozzarelle sono fatte con latte o addirittura cagliate provenienti dall’estero, ma nessuno lo sa perché non è obbligatorio riportarlo in etichetta.
“Dalle frontiere italiane – sottolinea Alberto Bertinelli, direttore Coldiretti Abruzzo – passano ogni giorno 3,5 milioni di litri di latte sterile, ma anche concentrati, cagliate, semilavorati e polveri per essere imbustati o trasformati industrialmente e diventare magicamente mozzarelle, formaggi o latte italiani, all’insaputa dei consumatori. Si tratta di prelavorati industriali che vengono soprattutto dall’Est Europa che consentono di produrre mozzarelle e formaggi di bassa qualità. Un chilogrammo di cagliata usata per fare formaggio sostituisce circa dieci chili di latte e la presenza non viene indicata in etichetta. Oltre ad ingannare i consumatori ciò fa concorrenza sleale nei confronti dei produttori che utilizzano esclusivamente latte fresco.
In Abruzzo la situazione non cambia – aggiunge Bertinelli – una quarantina di caseifici artigianali che si ostinano a lavorare latte abruzzese rischiano di scomparrire insieme ai 500 allevatori. Una situazione ormai insostenibile che rischia di annientare il sistema”. Per Coldiretti l’assenza dell’indicazione chiara dell’origine del latte a lunga conservazione, ma anche di quello impiegato in yogurt, latticini e formaggi, non consente di conoscere un elemento di scelta determinante per le caratteristiche qualitative, ma impedisce anche ai consumatori di sostenere le realtà produttive nazionali e con esse il lavoro e l’economia del vero Made in Italy.