Si è chiuso all’insegna di piatti tradizionali della cucina teramana, il ciclo di incontri sul Progetto di recupero e valorizzazione della Gallina Nera Atriana organizzato dall’Oasi WWF Calanchi di Atri. Il laboratorio didattico si è tenuto presso la scuola dell’infanzia Amaltea di Atri, a cura delle insegnanti dell’istituto che hanno utilizzato le uova prodotte dalla gallina nera per riproporre la chitarrina e le “scrippelle ‘mbusse”. Non è stata solo una lezione di gastronomia ma anche un confronto tra generazioni, visto che i bimbi sono stati aiutati nella preparazione della pasta all’uovo dalle loro nonne.
Il progetto di recupero
Il progetto di recupero della Gallina nera atriana ha avuto il suo momento clou nello scorso mese di dicembre con l’organizzazione di un convegno, che si è svolto presso la sala consiliare del Comune, nel corso del quale sono stati presentati i risultati dello studio.
“Le manipolazioni dell’uomo sugli animali domestici, insieme alle mutazioni naturali hanno progressivamente dato origine a un numero enorme di razze locali. Ogni razza viene selezionata dall’uomo per uno scopo specifico, quasi sempre legato al livello di produttività. Questa pratica ha fatto sì che le razze cosmopolite, altamente produttive, abbiano preso il posto di quelle locali, a discapito della varietà genetica e con una grave perdita di biodiversità” – spiegano i promotori. “Il Progetto di recupero della Gallina nera atriana si colloca all’interno del più ampio Culture e colture nella Riserva dei Calanchi, ripreso negli ultimi anni dal direttore della riserva, Adriano De Ascentiis. Esso è mosso da una duplice motivazione: biologico-ambientale, perché è volto al recupero della biodiversità agricola, storico-archeologica perché contribuisce ad ulteriori scoperte ed approfondimenti sulle origini del nome di Atri. Numerosi, infatti, sono gli scritti di autori greci e latini sulla gallina atriana.
Ad esempio, Crisippo intorno al III° sec. a.C. scriveva che le galline Hadrianae sono «di piccola taglia», con le medesime sembianze le descrivevano Aristotele e l’Efesino. Di questa razza parla anche Plinio il Vecchio nella Naturalis Historia (X,146) e le loda per la loro fecondità”.
Le famiglie custodi
“Dato il forte legame con il territorio di questa specie, il direttore dell’Oasi dal 2006, in collaborazione con quelle che oggi sono le “10 famiglie custodi”, ha intrapreso il recupero della razza dal punto di vista fenotipico, selezionando le galline che, dalle fonti storiche, dovevano avere le seguenti caratteristiche: «corporatura minuta, ma depongono tutti i giorni, tuttavia diventano aggressive, […], hanno una colorazione variegata […]» (Aristotele)” – proseguono.
“Quando nel 2013 le famiglie custodi sono riuscite a raggiungere un numero sufficiente di esemplari (ad oggi se ne contano circa 120), l’Università degli studi di Teramo ne ha intrapreso lo studio genetico. Obiettivo della ricerca è stato verificare se «la popolazione in questione possa rappresentare un reale gruppo di animali annoverabili alla Gallina Nera Atriana, e quindi di notevole importanza per attività di studio e recupero delle risorse genetiche locali», (Mugnai, 2013). A tale scopo è stato redatto un registro della consistenza e distribuzione del volatile sul territorio abruzzese, da cui si è ricavata la caratterizzazione genetica su un campione di 30 soggetti appartenenti al genotipo.La gallina nera ha dato vita anche ad un progetto di educazione ambientale, “Gallina Nera atriana, in un uovo il Territorio”, che gli operatori del CEA Calanchi di Atri hanno presentato agli studenti dell’Istituto Comprensivo di Atri, in concorso per il Progetto Scuola Expo 2015 “Nutrire il pianeta, energia per la vita. Scambi ed esperienze sui temi dell’alimentazione”; i lavori migliori saranno presentati al padiglione Italia durante la manifestazione.