A Cese dei Marsi, sabato 8 novembre, alle 18, prende il via Fornacelle e Cantinelle acCese, un percorso di gusti, sensi e genuinità, alla scoperta delle tradizioni enogastronomiche tipiche locali nel borgo del paese. Per un giorno, le cantine del paese si aprono ai visitatori e diventano luoghi di incontro e di riscoperta delle tradizioni. A far da cornice al percorso cibi tipici, vino e numerosi spazi d’arte, con musica e allestimenti.
L’evento è organizzato dalla Pro-Loco di Cese con la collaborazione della popolazione locale. “La manifestazione vuole lasciar scoprire e riscoprire sapori e voci, segni della tradizione e momenti di allegria tra le cucine e le “cantinelle” sparse nelle zone più antiche di Cese” spiegano gli organizzatori. “A far da cornice al percorso gli spazi d’arte, le note musicali, gli allestimenti e la scenografia del vecchio borgo che si accende della propria voglia d’incontro”.
Ci sarà anche una cantina in cui saranno preparati piatti gluten-free.
La tradizione di San Martino
Giunta alla nona edizione la manifestazione prende spunto dalla tradizione di San Martino
“Alla vigilia di San Martino il paese respirava un’aria insolita, ed i vicoli, le cantine e le abitazioni vivevano a pieno l’euforia del momento. La gente, come d’incanto, si rallegrava d’entusiasmo; anche il mosto, prossimo a diventare vino, sembrava impaziente. Arrivava poi il momento di spillare il vino nuovo, e proprio per tale evenienza venivano ricavate “spine” nella parte superiore delle botti. Dal forellino il frizzante “cerasuolo” si tuffava nelle “bbocalétte”, use al sorseggio e propense a risollevare le membra affaticate. I giovani visitavano a gruppi le cantine della comitiva, inebriandosi di euforia più che di alcol (il giovane vinello anche “da grande” avrebbe superato a fatica i 10 gradi). Prima della tradizionale data di San Martino, qualcuno si accontentava di bere anche il raspato (acquata o ciripìcchia), derivato da raspi, bucce, mosto ed acqua, messi a fermentare solo per una settimana.
I più piccoli girovagavano allegri per il paese con le loro zucche, opportunamente svuotate, intagliate ed illuminate, e rincorrevano giocosi le loro stesse ombre accompagnandosi col rumore sordo di un vecchio campanaccio ed il canto stridulo di: “San (fra’) Martino, campanaro…”. Immancabile a San Martino era la preparazione della pizza “summa” (azzima), che veniva cotta sulla base del camino “sotto ajjo cóppo”. Nell’impasto (che non veniva fatto lievitare) di farina bianca, acqua, sale ed un pizzico di bicarbonato, le mamme nascondevano una moneta di modesto valore e spesso, una volta a tavola, “pilotavano” amorosamente la “pesca” affinché la sorte baciasse il più piccolo della famiglia; altrimenti ci si affidava al caso. Il fortunato, oltre alla monetina, guadagnava l’opportunità di scegliere un menu di proprio gradimento per il giorno successivo, sebbene la promessa non potesse esser sempre mantenuta. Oggi le tradizioni di San Martino sono state rivisitate ed arricchite all’interno di “Fornacelle e cantinelle acCese”, l’evento enogastronomico e culturale che ha luogo dal 2006 nella zona più antica di Cese”. (tratti dal sito Le Cese)