“Con la diminuzione della produzione di olio, aumenta il rischio di falso dell’extravergine abruzzese”. E’ l’allarme lanciato da Coldiretti a margine del convegno “La contraffazione alimentare e il made in Italy”, che si è svolto ieri mattina nella sala Camplone della Camera di Commercio di Pescara. L’Abruzzo, particolarmente provato dall’andamento climatico annuale, ha avuto un calo di oltre il 50% (con punte dell’80%) nella produzione di olio. Con un rischio preoccupante e inaspettato: il possibile aumento di forme di commercio clandestino dell’extravergine, uno dei prodotti simbolo della regione, seconda coltura arborea più coltivata dopo la vite, con una produzione olivicola pari a 125.000 tonnellate ed olearia di circa 13.000 tonnellate per un totale di circa 45.000 ettari di terreno dedicato e 25.000 aziende.
Attenzione alle produzioni dall’estero
“Il mercato regionale dell’olio di oliva rischia di essere invaso dalle produzioni provenienti dal nord Africa e dal medio oriente che non sempre hanno gli stessi requisiti qualitativi e di sicurezza. In queste condizioni” –dice il presidente di Coldiretti Abruzzo Domenico Pasetti – “il rischio di trovare sulle tavole abruzzesi un olio spacciato per abruzzese, ma che abruzzese non è, è altissimo”.
Ma qual è il pericolo che si nasconde dietro il commercio clandestino? “Che entrino nel circuito della distribuzione alimentare prodotti fortemente adulterati, manipolati attraverso l’aggiunta di additivi o imbottigliati in maniera fraudolenta – spiega la presidente di Coldiretti Pescara Chiara Ciavolich – betacarotene, clorofilla, olio di semi e olio di sansa sono i veri nemici dell’extravergine di oliva”. Così, per evitare di imbattersi in spiacevoli inconvenienti, il monito di Coldiretti è semplice: scegliere la filiera corta, sinonimo di garanzia e trasparenza. “La ricerca di qualità, correttezza e legame con il territorio” – conclude Coldiretti – “è alla base del successo della rete di Campagna Amica che in Abruzzo, in meno di 5 anni, è riuscita a creare oltre 30 mercati, 300 punti vendita oltre a ristoranti accreditati e botteghe italiane”.
Il kit del falso Montepulciano
L’allarme contraffazione è stato lanciato anche per il Montepulciano d’Abruzzo. Nella mostra sul finto made in Italy, allestita in occasione del convegno, è stato esposto anche il kit di Montepulciano d’Abruzzo . Tra i vari San Marzano prodotti in USA, la Palenta prodotta in Croazia passando per il Kresecco della Germania e il Regianito “scovato” in Argentina, anche un singolare “pacchetto” contenente discutibili ingredienti che promettono di ottenere – a casa e in pochi giorni – il vino simbolo dell’economia agricola abruzzese. Un danno di oltre 20mila viticoltori abruzzesi (di cui 225 vitivinicoltori) che coltivano con passione e sacrificio i vitigni da cui si ottiene una delle migliori eccellenze dell’enologia internazionale con una produzione complessiva di circa 700mila ettolitri di imbottigliato su 17mila ettari dedicati.
Così, nel “miracoloso” wine kit – acquistabile in rete o anche direttamente in negozi di alcuni paesi dell’Unione europea – è possibile trovare un liquido che sembra essere mosto concentrato e diversi tipi di polveri che dovrebbero essere i lieviti necessari per la fermentazione, la bentonite per la chiarificazione del vino, il metabisolfito di potassio, il sorbato di potassio come antifermentativo e il liquido chiarificatore.
Un offesa a chi valorizza il prodotto
“Un vero e proprio tripudio del falso che danneggia l’immagine e la credibilità conquistata dai produttori abruzzesi con fatica, lavoro e sacrificio”- dice il direttore di Coldiretti Abruzzo Alberto Bertinelli – “ma soprattutto una grave offesa a chi si impegna per valorizzare un prodotto di qualità che esprime la storia e la cultura di un territorio e un grande inganno per il consumatore ignaro di ciò che compra”.
Un’ulteriore banalizzazione delle produzione vinicola italiana che, a fronte del moltiplicarsi di falsi made in Italy soprattutto tra vini e spumanti, rende sempre più urgente l’intervento delle istituzioni per tutelare le esportazioni di vino Made in Italy. “Oltre al danno economico, a preoccupare è soprattutto il danno di immagine che la diffusione di questi kit provocano tra i consumatori emergenti dove non si è ancora affermata la cultura del vino” – conclude Coldiretti.