Adriana Tronca non crede quasi ai suoi occhi quando il suo sogno più ambizioso si avvera. Ora quel sogno è lì, contenuto nel bicchiere che ha davanti e che le riempiono di continuo, e profuma di lieviti, ha dentro il sapore dell’erba e delle melette che crescono a 700 metri di altezza in località Goriano Valli, a Tione degli Abruzzi, insieme alla sua uva, allo zafferano, ai tartufi, ai ceci e l’altra frutta della sua Vigna di More. L’effervescenza setosa dello spumante Santagiusta stupisce tutti, perché questo è il primo spumante abruzzese metodo classico fatto con uve di alta quota: 13 gradi, 18 mesi di posa, 70 per cento Pinot Nero, 30 Chardonnay, è un pas dosè, che per il metodo classico significa niente aggiunta di liquore zuccherino, perché la fermentazione delle sue uve in bottiglia lo hanno reso naturalmente speciale.
Riempie di orgoglio l’enologo che lo ha voluto a tutti i costi, Vittorio Festa e che lo degusta sornione, perché sa che è buono e che la sua idea ha funzionato, raccontandolo al parterre de rois di stampa tecnica e ospiti eccellenti venuti ad assaggiarlo dove quella sfida è diventata possibile, perché a raccoglierla e rilanciarla c’era la curiosità di Francesco D’Onofrio, titolare della Cantina Marchesi De’ Cordano, fra le colline pescaresi, a quasi un centinaio di chilometri di distanza dalle vigne di Adriana Tronca.
“Questo vino mette insieme tre filosofie di vita – dice D’Onofrio aprendo la degustazione dopo una visita della sua cantina – lo abbiamo voluto per provare una cosa davvero nuova in questo momento in cui tutti fanno spumanti. E non abbiamo imitato nessuno. Semmai raccoglie alcune ispirazioni. Il Santagiusta è un prodotto di Goriano Valli che noi abbiamo sostenuto, perché raccontasse la storia di quel territorio immerso nel Parco Velino Sirente e nascesse rappresentando anche la nostra visione del vino e di prodotti capaci di raccontarsi. E’ un piacere assaporarlo per questo. Un piacere che siamo felici di condividere a metà del cammino, in questa versione 18 mesi che presentiamo per Natale”. Dopo una breve introduzione Francesco aprirà più di una bottiglia durante tutta la durata del pranzo con la sciabola di ordinanza che obbedisce al suo tocco, il primo, condiviso con il suo bambino divertito e orgoglioso di quel ruolo evidente, poi lo farà persino con la base di uno dei bicchieri sparsi sui tavoli e pronti ad accogliere lo spumante spumeggiante.
“Arrivo a L’Aquila dalla Franciacorta e ho voluto portare questa esperienza nella mia terra d’origine, perché diventasse un’opportunità, un’alternativa al nulla a cui il mio territorio abruzzese altrimenti sarebbe stato vocato”. Parole nette quelle di Adriana Tronca, consapevoli di anni di difficoltà, necessari a realizzare quello che aveva in testa. Vive divisa fra la famiglia in Franciacorta e la tenuta a Tione, sostenuta da un compagno di vita e sfida che ha retto la staffetta Lombardia-Abruzzo quando Vigna di More doveva nascere, anzi, l’ha proprio costruita, perché al Nord realizza prefabbricati. “13 ettari recintati perché ci sono i cervi, dove coltiviamo uva, zafferano, ceci, mele, frutta, asparagi, tartufi e abbiamo degli animali – spiega – e vogliamo veder crescere un tipo diverso di accoglienza, che metta insieme cultura e sociale”. Non parole, ma fatti, perché così com’è nato il Santagiusta, ispirato nel nome dalla Santa più venerata a Tione, lei farà nascere anche il resto, un passo per volta o, più semplicemente, affidandosi alla fortuna: “A volte le cose accadono – dice – noi ne siamo la riprova”. Sgobba da anni per aiutare la fortuna, ma finalmente il mondo del vino, a poche settimane dall’esordio delle sue bollicine si è accorto di lei, l’ha scoperta e premiata a Pescara davanti ad una Sala Consiliare comunale gremita di etichette radunate e premiate dal Pescara Abruzzo Wine Awards dell’Ais che la commuove ancora al solo nominarlo (leggi l’articolo).
“Ci siamo conosciuti con il terremoto di mezzo – racconta Vittorio Festa – incontrati pochi giorni prima, rivisti appena dopo, determinati a cominciare un cammino insieme malgrado quello che era successo”. Solo lunedì l’enologo pescarese presentava un’altra creatura da record, “36”, ovvero il primo spumante Doc Abruzzo 100 % metodo classico della Cantina Cooperativa Eredi Legonziano (leggi l’articolo), a Lanciano, frutto di un’idea che ha preso forma su un altro territorio, totalmente diversa da quella presentata a Loreto, anche se originato dalla stessa intuizione: “Spumanti che lasciano parlare la terra dove nascono – spiega con il Santagiusta nel bicchiere – qui si sentono i lieviti, il sapore di crosta di pane, ma è netto anche il sentore di erba, di mela acerba, il silenzio rumoroso del territorio aspro e duro da cui proviene. Non eravamo in Franciacorta, non abbiamo scimmiottato niente e nessuno per ottenerlo: questo è un prodotto che incrocia tre storie e modi di vivere il vino che si sviluppano su ambienti diversi. A ragion veduta oggi possiamo fare dell’Abruzzo una terra di rossi, bianchi e spumanti: quello di alta quota mancava e abbiamo deciso che questa assenza finisse. E’ un mix di sapori e possibilità, che nasce in un pezzo eccezionale d’Abruzzo, dentro un Parco e in un’area verde che ne fanno un prodotto speciale. Questo spumante rappresenta un formidabile lavoro di squadra che ha funzionato, staff che voglio ringraziare persone per persona”.
Sono circa 3.000 le bottiglie pronte per il battesimo dei 18 mesi, in tempestiva coincidenza con il Natale e Capodanno perché il brindisi in Abruzzo possa diventare un brindisi abruzzese al 100 per cento anche nel prodotto, in vendita per ora solo da Vigna di More e Marchesi De Cordano a un prezzo di poco più di 10 euro.
Ma altre bottiglie viaggiano verso il traguardo dei 36 mesi, perché si pensa anche al futuro del Santagiusta, nella bottaia della Cantina che lo ha reso possibile. Quella della tenuta Santa Caterina a Cordano è una storia “giovane”, nata circa 10 anni fa, legata ad una storia di amicizia, quella fra Francesco D’Onofrio e Vittorio Festa, il giovane vignaiolo sospeso fra il Chietino e il Pescarese e l’enologo capace di tradurre in sapore la voce per il territorio e il suo talento per il vino. Circa 43 ettari in tutto a vite, di cui 15 vitate a Santa Caterina, D’Onofrio li segue insieme alla moglie Daniela Palmitesta e propone vini di carattere, longevi, allevati a pergola perché la luce non colpisca direttamente l’uva, si legge fra i segreti della casa, controllati con strumenti capaci di ridurre al minimo i trattamenti e con l’attenzione a dare voce ad ogni singolo vigneto da cui provengono le uve: Trebbiano, Montepulciano, Cococciola, Pecorino, Cerasuolo, c’è anche un passito rosso. Giovani come marchio, ma vinificatori da tre generazioni, una storia alle spalle buona per affrontare le sfide del futuro: il Santagiusta è una di quelle, insieme alle altre che riempiono i serbatoi e le botti grandi e piccole, francesi e non che inebriano la cantina e l’aria silenziosa fra le vigne che si affacciano sui calanchi (Marchesi de’ Cordano su Facebook).