Chiedere cibo per poter mangiare: con uno scatto del 10 per cento salgono alla cifra record di 4.068.250 i poveri che nel 2013 in Italia sono stati addirittura costretti a chiedere aiuto per portare qualcosa in tavola. E’ quanto afferma la Coldiretti nel commentare uno degli effetti della riduzione del reddito disponibile delle famiglie evidenziato dall’’Istat in tutte le regioni. In piccolo sarebbe a dire che quasi 4 persone su 10 (37 per cento) hanno avuto bisogno di aiuti alimentari nel 2013 . Si tratta di persone che si trovano nelle regioni del sud Italia, dove si contano ben 1.542.175 indigenti, in aumento del 65 per cento negli ultimi 3 anni.
“A preoccupare – sottolinea la Coldiretti – non è solo il trend negativo del sud, ma anche la concentrazione del disagio, con gli ‘assistiti’ che assumono valori veramente notevoli in Campania (da 509.928 a 913.213 indigenti) e, in misura minore, in Puglia e Calabria. Nell’Italia centrale il numero dei beneficiari di aiuti alimentari sale tra il 2010 ed il 2013 da 537.068 a 720.636, ma nel Lazio, che passa dai 326.938 ai 423.233 assistiti, tali aumenti assumono un’importanza maggiore”.
“Nelle isole il numero degli indigenti assistiti cresce tra il 2010 ed il 2013 da 496.771 a 748.584 dei quali – precisa la Coldiretti – ben 660.152 in Sicilia. La situazione non è peraltro rosea al Nord dove il numero degli indigenti tra il 2010 ed il 2013 passa da 797.939 a 1.056.855 (+32 per cento). In Lombardia si passa dai 261.063 assistiti del 2010 ai 329.746 assistiti del 2013 (+ 26 per cento) e in Emilia Romagna – continua la Coldiretti – dai 163.029 assistiti del 2010 ai 228.591 assistiti dopo il terremoto (+ 40 per cento). Per effetto della crisi economica e della perdita di lavoro si sta registrando un aumento esponenziale degli italiani senza risorse sufficienti neanche a sfamarsi: erano 2,7 milioni nel 2010, sono saliti a 3,3 milioni nel 2011 ed hanno raggiunto i 3,7 milioni nel 2012. Una situazione drammatica che – conclude la Coldiretti – rappresenta la punta di un iceberg delle difficoltà che incontrano molte famiglie italiane nel momento di fare la spesa”.
La fotografia della nuova indigenza non migliora dal punto di vista della Cia-Confederazione italiana agricoltori: nel 2012 sono saliti al 29,9 per cento gli italiani a rischio di povertà o esclusione sociale per effetto del calo del reddito disponibile delle famiglie, combinato all’aumento delle tasse e alla disoccupazione galoppante.Una quota che arriva al 48 per cento nel caso dei residenti nel Mezzogiorno, dove infatti il reddito monetario disponibile in valori assoluti è pari a 13.200 euro, quasi la metà rispetto alla media del Nord (20.300 euro).
La conseguenza per le famiglie è una feroce “spending review” casalinga -spiega la Cia- che coinvolge sempre più spesso voci un tempo incomprimibili come il cibo. Dall’inizio della crisi la spesa per la tavola ha perso mediamente 2,5 miliardi di euro l’anno, attestandosi nel 2012 a 117 miliardi, vale a dire sui livelli di vent’anni fa. Ma oggi il carrello
alimentare degli italiani è tutto improntato al “low-cost” -aggiunge la Cia- Il 62 per cento delle famiglie riduce quantità e qualità del cibo acquistato, percentuale che però supera addirittura il 70 per cento al Sud. Inoltre, per 6,5 milioni di famiglie i discount sono diventati l’unica alternativa sostenibile per resistere ai colpi della crisi, mentre nel Meridione la disoccupazione piu’ alta della media e i redditi esigui fanno sì che un cittadino su quattro (il 24,9 per cento) non possa permettersi un pasto adeguato tutti i giorni.
Alla luce di tutto questo c’è penuria di provvedimenti: si muovono le organizzazioni preposte all’assistenza e al pronto intervento di sussistenza, ma non sono la politica, non sono lo Stato che deve assicurare per Costituzione una vita dignitosa a tutti. Della crisi questo è forse il risvolto più nero.