E’ venerdì pomeriggio e cammino verso Corso Manthonè. E’ un pomeriggio tiepido, quasi primaverile. Sto andando a prendere i biglietti per l’incontro di Alessandro Baricco al Festival delle Letterature dell’Adriatico, FLA 2013. Non so se aspettarmi una ressa di ragazzine ancora piene di illusioni, sguardi intelligenti e ispirati o vuoto totale, oltre al solito circo di “autorità” e posti riservati a gente che probabilmente, arriverà un’ora dopo l’inizio dello spettacolo, tanto per farsi vedere. I libri sono il mio pane e la mia passione da quando sono piccola ed un piacere-bisogno di cui non posso fare a meno.
Ho nella testa il rumore dei tacchi di mamma fra gli scaffali della libreria che era sotto i portici di Piazza salotto cercando sempre le ultime novità: lei mi ha trasmesso l’amore per la lettura e il sorriso della “Signora dei libri”, che era sempre calma e sorridente, forse perché a furia di leggere aveva scoperto segreti importanti che a noi ancora sfuggivano.
…“Ritrovare l’incanto dei primi libri che leggi, da ragazzino, proprio i primi , quando ancora non te l’aspetti. Non ti aspetti che possa fare quell’effetto lì: tipo che diventi uno dei ragazzi della via Pal, o che quando un personaggio muore tu ti senti morire.
…Da bambino, con gli occhi in un libro, non sapevo camminare in altro modo, se non sentendo nelle gambe una facilità da lieve discesa che l’aver scalato così tante montagne , negli anni, mi aveva fatto quasi dimenticare. E adesso mi rendo conto che, come per tutto il resto, anche per la lettura vale la regola implacabile per cui si è al posto giusto solo quando non si hanno le carte per capire che lo è. Lo dico senza rimpianto, non c’è nulla da lamentarsi, non è grave, ma le cose stanno così. Perchè la vita non è giusta, è solo più decente della morte, tutto qui.”
Passeggio per le vie del centro storico godendomi un po’ di solitudine e penso al mio “periodo baricchiano” e a quanto ho amato i suoi libri, da “Castelli di rabbia”, “Oceano mare”, “Novecento”, “Seta”, “I barbari” ai più recenti, “Questa storia”, “Mr Gwin ”, “Tre volte all’alba” e “Una certa idea del mondo”. Ho pensato alle parti che conosco praticamente a memoria quasi di ogni libro che ho amato, alla bellezza limpida ed esatta di certe frasi, ai momenti e agli anni belli, ma anche meno belli, in cui li ho letti, alle storie che si succedevano come fiumi in quei libri, a volte, mescolandosi ai sentimenti, alle persone che mi erano accanto o a quelle che ci ho rivisto dentro e alle vicende della mia vita vera. Arrivo al Circolo Aternino e intorno a me, persone di età e aspetto diverso, cominciano nell’attesa a chiacchierare tra di loro. Tutti venuti per ascoltare l’incantatore di storie, coppie giovani e meno giovani, un’umanità variegata ma accesa
La fila in poco tempo diventa sempre più lunga. Mi giro e mi chiedo dove sono normalmente tutte queste persone. E siamo tanti, tutti diversi, ma a me sembra tutti con un unico denominatore: lo sguardo acceso e curioso del lettore. Queste persone però non assomigliano alle persone con cui parlo e che vedo tutti i giorni, stiamo aspettando di ascoltare uno scrittore che in fondo, parlerà di libri. Ma la statistica non diceva che gli italiani leggono ormai pochissimo ? Che non ci sono più tempo, né voglia, né soldi per dedicarsi ad un piacere così lento ? “Ho sempre odiato le statistiche”, dice ad un certo punto Baricco e non posso non essere d’accordo con lui. Comincio a pensare che ci sia più che mai bisogno di farsi “consolare” dalle parole esatte e confortanti di uno scrittore che ci ha creato su una scuola intera, la Holden, proprio per insegnare agli altri il mestiere dello scrittore ma soprattutto per cercare di trasmettere la passione per la lettura e la scrittura.
“Uno ha una nota, che è sua, e se la lascia marcire dentro… no, statemi a sentire: anche se la vita fa un rumore d’inferno affilatevi le orecchie fino a quando arriverete a sentirla e allora tenetevela stretta, non lasciatela scappare più. Era una specie di lancinante, dolorosa meraviglia. Ti senti una specie di consolazione, dentro, quasi una rivelazione, che ti spalanca l’anima, per così dire, ma contemporaneamente senti una specie di fitta, come la sensazione di una perdita irrimediabile, e definitiva. Una dolce catastrofe…..Quel che di bello c’è nella vita è sempre un segreto. Per me è stato così. Le cose che si sanno sono le cose normali, o le cose brutte, ma poi ci sono i segreti, ed è lì che si va a nascondere la felicità. ..È che procediamo per lampi, il resto è oscurità. Una tersa oscurità piena di luce, buia.”
Le luci si spengono e si comincia.
“Mi va di parlare di libri, in un momento in cui non sembra più così importante dirsi quali sono belli e quali no, litigarne un po’, pronunciarsi – Alessandro Baricco si concede al pubblico incalzato dalle domande di Luca Sofri, giornalista, scrittore, animo sensibile alla letteratura, qualunque essa sia – Eppure i libri sono ancora lì, a migliaia e continuano a declinare una civiltà di piaceri pazienti che in modo piuttosto silenzioso collabora a ridisegnare l’ intelligenza e la fantasia collettiva. Alla fine mi sono ricordato di una cosa che ho imparato dai vecchi: falli parlare di quello che veramente conoscono e amano, e capirai cosa pensano del mondo. Io di cose che conosco davvero, e amo senza smetter mai , ne ho due o tre. Una è i libri. Mi è venuta un giorno questa idea: che se solo mi fossi messo lì a parlare di loro, prendendone uno per volta, solo quelli belli, senza smettere per un po’ – bè, ne sarebbe venuta fuori innanzitutto una certa idea del mondo. C’erano buone possibilità che fosse la mia.”
Mentre parla penso alle sensazioni forti della prima volta che ho iniziato a leggere i suoi libri e mi sembrava di ritrovare qualcosa che era in me, ma che non sarei mai stata capace di descrivere in quel modo, con quella “esattezza geometrica” struggente, che solo lui sa usare. Ma soprattutto penso al “Circolo Picwick”, “L’amore è un dardo” o a “Totem”, trasmissioni televisive e uno spettacolo teatrale con Gabriele Vacis, di letture, musiche, teatro, dove ho imparato ad amare ancora di più libri meravigliosi che avevo già letto ma, mai in quel modo e a scoprire libri magari considerati difficili, che non conoscevo.
“Scrittura che scioglie l’erudizione di una narrazione e disegna mappe in cui la complessità diventa leggibile – si continua il viaggio baricchiano dentro la letteratura – ordinata e bella, un piacere sottilmente fisico generato dal puro disporsi della scrittura nello spazio, dalla leggerezza delle sue movenze, dal suono cristallino che fa rimbalzando sul tavolo di marmo della nostra attenzione. Si legge anche per lasciare che quella prosa scorra su certe personali stanchezze, o sconfitte, o disfatte e ne lenisca il bruciore, sciacquando via lo sporco dalla ferita. Si legge per il puro piacere della lettura e per salvarsi. “
Era tanto tempo fa e rimanevo incantata davanti alle sue letture di Carver, Calvino, Shakespeare, Selby, Eschilo, Dickens, Gadda, Mc Carthy, Rostand, Rilke, Joyce, Soriano, Celine, Marquez, Fenoglio, tanto per citare alcuni tra gli scrittori preferiti. Ho visto e rivisto le registrazioni di questi spettacoli e riletto i libri che erano stati letti e spiegati, facendo in modo che tutti potessero avvicinarsi e accoglierli, in una festa di musiche e parole che avrebbero lasciato il segno per sempre. Ho ripensato a certe lezioni all’università, dove ho imparato ad amare e a fare miei, autori meravigliosi e poeti, accompagnati da professori che con passione, ci hanno aiutato a scoprirli e a collegare periodi, correnti, musica e letterature e lingue di paesi diversi.
Ho lasciato che le storie di Baricco mi ammaliassero e incantassero e ho letto tutti gli articoli pubblicati negli anni ma soprattutto, incarnato un po’ in lui, quello che nel mio immaginario, dovrebbe essere il professore “perfetto” nella sua, appena rinnovata, e da me sempre sognata, Scuola Holden.
Un po’ come il professore dell’ “Attimo Fuggente” , qualcuno che possa svelare con passione e preparazione le meraviglie della scrittura , con parole e occhi più lucidi e perspicaci dei nostri e nello stesso tempo, accompagnarci dentro un viaggio bellissimo e straordinario, che non potremo dimenticare mai e che ci arricchirà profondamente.
Per me Baricco è sempre stato soprattutto questo, popolare, incantatore di folle, pifferaio magico che sia, ma straordinario nella sua scrittura esatta e musicale, nelle suo modo di raccontare storie e di leggere dentro le persone e restituirle, ammantate di poesia e desideri, sulla carta.
C’è una ragazza dietro di me che discute con il fidanzato, dicendogli che lui legge Fabio Volo perché in fondo incarna la sindrome di Peter Pan, degli uomini che non vogliono crescere mai. Quasi, quasi non credo alle mie orecchie…due ragazzi stanno discutendo di scrittori e di libri? Mi scappa un sorriso e intanto penso a certe pagine che ho letto…
“Temo che il senso della vita sia estorcere la felicità a se stessi, tutto il resto è una forma di lusso dell’animo, o di miseria, dipende dai casi….
..Gli erano entrate negli occhi, quelle due immagini, come l’istantanea percezione di una felicità assoluta e incondizionata. Se le sarebbe portate dietro per sempre. Perché è così che ti frega, la vita. Ti piglia quando hai ancora l’anima addormentata e ti semina dentro un’immagine, o un odore, o un suono che poi non te lo togli più. E quella lì era la felicità… Io questo l’ho capito, che il mondo è pieno di gente che gira con in tasca le sue piccole tristi biglie infrangibili..... e allora tu non smetterla mai di soffiare nelle tue sfere di cristallo… sono belle, a me è piaciuto guardarle, per tutto il tempo che ti sono stato vicino. Ci si vede dentro tanta di quella roba… è una cosa che ti mette l’allegria addosso… tu non smetterla mai e se un giorno scoppieranno, anche quella sarà vita a modo suo… meravigliosa vita.”
Sorrido con mio marito e mi volto a guardarla e mi sembra di tornare indietro di qualche anno. A proposito, ma è passato davvero così tanto tempo? Vorrei parlarle e dirle che questo periodo durerà un po’ e a seguire, varie vicissitudini la porteranno a desiderare di leggere altro, ad accantonarlo un po’ e a guardarci dentro con un po’ di diffidenza, perché svelato il trucco anche se dolcissimo, poi non si ha più tanta voglia di farsi trasportare da certe magie, se la realtà diventa in realtà molto più mesta, pratica e banale.
Vorrei dirle che da un certo momento in poi ti viene voglia di riprendere in mano certi libri, di risentirle certe magie, perché non ne puoi più della cruda e nuda realtà, del sentir parlare di come tutto vada male e sempre peggio, perché hai la nausea di certi discorsi sconcertanti con altrettante sconcertanti persone, di che futuro tragico stiamo consegnando ai nostri figli e ti viene voglia di risentire un incantatore di parole che ti ricordi quello che ti sembra aver dimenticato ma che hai ancora dentro, perché lo “straordinario” nell’umanità c’è e le cose si possono cambiare, solo credendoci ancora, restituendo la speranza a noi e al mondo e non spegnendoci o rassegnandoci.
“..Perché nessuno possa dimenticare di quanto sarebbe bello se, per ogni mare che ci aspetta, ci fosse un fiume, per noi. E qualcuno un padre, un amore, qualcuno capace di prenderci per mano e di trovare quel fiume immaginarlo, inventarlo e sulla sua corrente posarci, con la leggerezza di una sola parola, addio. Questo, davvero, sarebbe meraviglioso. Sarebbe dolce, la vita, qualunque vita. E le cose non farebbero male, ma si avvicinerebbero portate dalla corrente, si potrebbe prima sfiorarle e poi toccarle e solo alla fine farsi toccare. Farsi ferire, anche. Morirne. Non importa. Ma tutto sarebbe, finalmente, umano. Basterebbe la fantasia di qualcuno un padre, un amore, qualcuno. Lui saprebbe inventarla una strada, qui, in mezzo a questo silenzio, in questa terra che non vuole parlare. Strada clemente, e bella. Una strada da qui al mare.
Sensazione meravigliosa. Di quando il destino finalmente si schiude, e diventa sentiero distinto, e ormai inequivocabile, e direzione certa. Il tempo interminabile dell’avvicinamento. Quell’accostarsi. Si vorrebbe non finisse mai. Il gesto di consegnarsi al destino. Quella è un’emozione: Senza più dilemmi, senza più menzogne. Sapere dove. E raggiungerlo. Qualunque sia, il destino.”
La sala piena é piena e Baricco conversa, con il suo fare schivo, ammaliante e notoriamente poco modesto, con un bravissimo Luca Sofri.
Si è parlato di cultura, di scrittori, di mestiere dello scrivere, dei suoi cambiamenti degli ultimi anni, della Holden, di un’umanità ancora ricca e intensa e soprattutto si è parlato di libri, “di una sporcheria dolcissima” che ci appartiene e di una luce che non deve spegnersi mai.
Cristina Pace Palitti
[box_light]“…L’eternamente cangiante multiformità del mondo intorno e l’impietrito microcosmo di un occhio che legge.
Come un nocciolo di silenzio nel cuore di un boato.
Non fosse storia vera, vera storia, si potrebbe pensare: non è che la bellezza di un’esatta metafora.
Nel senso che forse, . sempre, e per tutti, altro non è mai, leggere, che fissare un punto per non
essere sedotti, e rovinati, dall’incontrollabile strisciare via del mondo.
Non si leggerebbe, nulla, se non fosse per paura.
O per rimandare la tentazione di un rovinoso desiderio a cui, si sa, non si saprà resistere.
Si legge per non alzare lo sguardo verso il finestrino, questa è la verità.
Un libro aperto è sempre la certificazione della presenza di un vile gli occhi inchiodati su quelle
righe per non farsi rubare lo sguardo dal bruciore del mondo – le parole che a una ad una stringono
il fragore del mondo in un imbuto opaco fino a farlo colare in formine di vetro che chiamano libri –
la più raffinata delle ritirate, questa è la verità.
Una sporcheria.
Però: dolcissima.
Questo è importante, e sempre bisognerà ricordarlo, e tramandarlo, di volta in volta, da malato a
malato, come un segreto, il segreto, che non sfumi mai nella rinuncia di nessuno o nella forza di
nessuno, che sopravviva sempre nella memoria di almeno un’anima sfinita e lì suoni come un
verdetto capace di far tacere chicchessia: léggere è una sporcheria dolcissima.
Chi può capire qualcosa della dolcezza se non ha mai chinato la propria vita, tutta quanta, sulla
prima riga della prima pagina di un libro? No, quella è la sola e più dolce custodia di ogni paura –
un libro che inizia.
Così che, insieme a migliaia di altre cose, cappelli, animali, ambizioni, valigie, soldi, lettere d’
amore, malattie, bottiglie armi, ricordi, stivali, occhiali, pellicce, risate, sguardi, tristezze, famiglie,
giocattoli, sottovesti, specchi, odori, lacrime, guanti, rumori – insieme a quelle migliaia di cose che
già sollevavano da terra e lanciavano a velocità prodigiosa quei treni che rigavano avanti e
indietro il mondo come ferite fumanti, si portavano dentro anche la solitudine impagabile di quel
segreto: l’arte di leggere.
Tutti quei libri aperti, infiniti libri aperti, come finestrelle aperte sul dentro del mondo, seminate su
un proiettile che offriva allo sguardo, solo si avesse avuto il coraggio di alzarlo, lo sfavillante
spettacolo del mondo di fuori.
Il dentro del mondo e il mondo di fuori. ..
..Gli intellettuali, che siano poeti o studiosi, sanno dare i nomi alle cose, salire su vette apparentemente inutili del sentire umano e dar loro un nome. Da allora, milioni di persone, dal fondo valle, possono alzare lo sguardo e percepire quelle vette come se gli appartenessero, e questo per il solo fatto che posseggono il nome, amabilmente portatogli dal lavoro massacrante, esatto e struggente di qualcuno più ardito di loro.
..La ragione per cui vai avanti a leggere, nei libri, non dovrebbe essere che vuoi arrivare in qualche posto, ma che vuoi rimanere in quel posto lì. Non abbiamo letto “Il giovane Holden” o “Cent’anni di solitudine” per sapere come andavano a finire ma perché ci andava di stare in quella luce, o leggerezze, o precisione, o follia, più tempo possibile. E’ un paesaggio, la scrittura, non va a finire da nessuna parte, è lì e basta. Respirarlo, è quello che si può fare, rifugiandosi nell’immaginazione, dove riposa una qualche correzione della realtà, e nel restituirle sulla pagina, ci vendica della modestia delle nostre giornate. Non esistono grandi scrittori forse, esistono solo grandi libri. I grandi libri sgorgano dalla terra dei racconti come percorsi sotterranei che non sappiamo, come laghi che raccolgono le sorgenti più diverse e mescolano mille nevi in un’unica acqua, che poi prende un nome e quel nome è quello di un uomo che scrive. Essi nascono da una corrente sotterranea che li ha usati per covare una qualche grandezza e farla uscire alla luce del giorno. Ogni tanto immagino la vita culturale degli umani come una sorta di tenace crosta terrestre, e i grandi autori come carichi di dinamite che riescono a creparla e a fare uscire fuori fiumi sotterranei che vengono da chissà dove e viaggiano da chissà quanti anni. Poi si confonde il fiume con l’autore, ma in verità, l’autore è solo forza, pazienza e megalomania: è un’intensità, un’esplosione.
Scrivere i libri significa puntare i piedi davanti alla realtà, dopo averla vista. E’ la magnificenza di un passo indietro…animale e di danza.
Grazie per i sogni, la musica e per questa bellissima danza, signor Rail.”[/box_light]
I testi virgolettati sono tratti da “Una certa idea del mondo”, “Novecento”, “Seta”, “Oceano mare”, “Castelli di rabbia”, “Questa storia” di Alessandro Baricco.