Una piramide alimentare abruzzese in cui racchiudere il territorio e le sue eccellenze, apprezzate in tutto il mondo ma poco in Abruzzo. Un percorso di benessere e salute da conquistare tutti i giorni. E disponibile tutti i giorni, grazie a un territorio incredibilmente ricco ma dalle potenzialità non ancora sfruttate. Bianco verde e azzurro nel logo dell’ Abruzzo: agricoltura e pesca, dalla montagna al mare. E’ quanto rilanciato dall’associazione Isa (Istituto senologia Abruzzo) promotore del convegno “Territorio e salute” che sabato a Pescara ha visto intervenire Ettore Cianchetti, presidente dell’Isa e direttore del Centro ricerche per la patologia mammaria dell’ospedale di Ortona, e Maria Prezzavento, dietista e socia dell’Isa.
“Tutti ormai dobbiamo cominciare a cambiare stile di alimentazione in uno più corretto. Produttori e consumatori devono marciare insieme – ha sottolineato il professor Cianchetti – L’inquinamento ambientale è all’origine di molte patologie. Oltre il 30% dei tumori ha origine dall’alimentazione, che negli ultimi 50-60 anni è cambiata in modo drammatico allontanandosi dal consumo di frutta e verdura e dai cibi integrali, prediligendo cibi ricchi di grassi e lavorati industrialmente, farine raffinate e zuccheri semplici. Cibi che innescano processi infiammatori alla base di malattie degenerative. Inoltre mangiamo quasi le stesse cose tutto l’anno invece di scegliere in base a stagionalità e freschezza dei prodotti”.
“Variare l’alimentazione è importantissimo e va fatto frequentemente – ha aggiunto la dottoressa Prezzavento – Verdura, frutta e olio extravergine di oliva vanno assunti tutti i giorni, diversificando tra cerali integrali – riso, orzo, farro, miglio – e legumi – ha raccomandato – Consumare semi oleosi anche nell’insalata e a colazione, e qualche volta a settimana yogurt, latte e derivati alternando con altre proteine nobili, una volta a settimana l’uovo e una volta a settimana carne”. All’apice della piramide, ha rimarcato la dietista, riservare le cose “non utili”, cioè non indispensabili al nostro benessere: insaccati, alcol, in modo particolare superalcolici. E tutti i tipi di dolci. “Il vino è un alimento non indispenssabile, da trattare con attenzione scegliendo la qualità: 1 bicchiere ai pasti e preferibilmente rosso”. Altre attenzioni necessarie vanno rivolte a latte e proteine della carne e del pesce, spesso contaminate da elementi tossici, e cancerogeni, per via dell’inquinamento delle acque dei fiumi, e quindi del mare, e della catena alimentare”.
Per il settore agroalimentare sono intervenuti Leonardo Seghetti, enogastronomo e docente all’istituto alberghiero Ulpiani di Ascoli Piceno; e due coraggiosi imprenditori del food che hanno fatto del chilometro zero, della ricerca dell’eccellenza, del prodotto biologico e del rispetto della natura i propri cavalli di battaglia: Francesca Petrei Castelli, titolare dell’Antico pastificio Verrigni di Roseto degli Abruzzi, e Francesco Paolo Valentini, titolare della blasonata azienda agricola Valentini di Loreto Aprutino. Due imprenditori che si sono uniti per utilizzare solo prodotti abruzzesi e italiani. “Come possiamo esser competitivi con chi produce a prezzi molto più bassi dei nostri?” ha osservato Valentini ricordando come l’azienda agricola di famiglia sia partita nel 1800 con la produzione di olio d’oliva e di bestiame selezionato, poi la viticoltura e il vino, e solo negli ultimi tempi per via dei costi troppo alti della manodopera per la raccolta di frutta, leguminose e grano, “e lasciando le piante di olivo cariche di frutti”, abbia dovuto reinventarsi la trasformazione del grano in pasta. “Dai 15 euro al quintale offertoci dall’agroindustria, alla possibilità di vendere a non meno di 28 euro al quintale il grano San Carlo”, grano italiano coltivato con metodi tradizionali nell’azienda di Loreto, mietuto ogni due anni (per un anno la terra non produce e viene fatta riposare) e pastificato da Verrigni nel piccolo stabilimento di Roseto. Filiera trasparente per una linea di pasta tutta italiana, che come per i vini doc riporta sulla confezione l’annata della trebbiatura. E la decisa volontà di non utilizzare la dicitura Made in Italy “perchè secondo la legge italiana identifica solo l’ultima lavorazione della materia prima, non garantendo che questa sia italiana. Una truffa legalizzata”. “Dall’alto – ha continiato Valentini – ci hanno accusato di aver minato l’immagine della pasta italiana. Siamo contenti di questa reazione, significa che abbiamo colpito nel segno”.
“Il grano prodotto in Italia e nel sud Europa è il migliore – gli ha fatto eco Francesca Petrei Castelli – il problema è che non esiste normativa sulla bassa temperatura esibita sulle confezioni di qualunque marchio. Se il grano italiano è insufficiente è perché i nostri agricoltori non ne traggono reddito dalla raccolta, l’agricoltura italiana è in ginocchio. Così arrivano dall’estero tonnellate di grano stivato nelle navi e magari trattato con antimuffa”. “E’ necessario esigere prodotti tracciabili per essere sicuri di portare in tavola cibo sicuro e salutare. Ed è evidente che il costo dovrà essere diverso dal prodotto industriale”. In altre parole, la terra in Italia c’è ma non viene coltivata perché la pagano poco. Il tasso proteico elevato, come nel grano canadese, si può avere anche in Italia, pagandolo il giusto. “Dobbiamo riappropropriarci dei nostri 5 sensi per poter riassaporare il vero gusto del cibo non omologato dall’industria – ha concluso Seghetti – Più informazione, più cultura alimentare e più comunione di forze per trovare una strada diversa”.
Jolanda Ferrara