Si rinuncia a curarsi per mangiare, si mangia di meno per non spendere, dicendo addio prima al superfluo, alla carne, poi al pesce. I consumi delle famiglie italiane si confermano bassissimi a livello nazionale, lo dice la Confcommercio analizzando i dati delle vendite al dettaglio diffusi dall’Istat. Con marzo salgono a 10 i mesi di riduzione consecutiva. “Al netto della variazione dei prezzi, la riduzione dei consumi nel primo trimestre del 2013 raggiunge il -4,8% in confronto a quello dello scorso anno, mentre la riduzione del primo quarto del 2012 rispetto allo stesso periodo 2011 – rileva l’Ufficio Studi Confcommercio – era stata pari al -2,7%. Dunque, l’inizio del 2013 è peggiore rispetto a quello dello scorso anno che è stato il più negativo per i consumi nella storia economica repubblicana”.
“La risposta delle famiglie alle riduzioni di reddito, conseguenti all’incremento della pressione fiscale, si articola, quindi – prosegue Confcommercio – tra contenimento assoluto dei consumi e riduzione della qualità media degli acquisti. Particolarmente colpite – continua la nota – risultano le aree di spesa considerate meno necessarie e urgenti, come vestiario e arredamento”. “E’ ormai eccezionalmente grave – conclude l’Ufficio Studi – la condizione produttiva delle imprese del commercio al dettaglio di piu’ ridotte dimensioni. Nei primi 3 mesi del 2013 la riduzione di spesa nelle grandi superfici è dell’1,4% mentre nei piccoli negozi ha già superato il 5%. La sparizione di ampia parte del tessuto imprenditoriale si riflette in una maggiore disoccupazione oltre che in un’oggettiva riduzione di vivibilità nei centri storici e nelle prime periferie delle grandi città”.