Assemblea annuale per la Confesercenti nazionale e le novità non sono buone per il settore: se la tendenza evidenziata fino a aprile dovesse confermarsi, sottolinea l’organizzazione, a fine 2013 saranno persi nei due settori quasi 65mila imprese: oltre le 43mila nel commercio al dettaglio, già segnalate dall’Osservatorio Confesercenti nei giorni scorsi, chiuderanno per sempre anche più di 21mila imprese tra alloggio, bar e ristoranti. Un dato che, sommato ai saldi negativi dei settori dal 2009, porta a quasi 145mila le imprese bruciate dalla crisi negli ultimi cinque anni, con la conseguente perdita occupazionale stimata in circa 300mila posti di lavoro. Si tratta di circa un terzo degli 833mila posti di lavoro perduti a livello nazionale nello stesso periodo.
La crisi che ha investito commercio e turismo ha colpito tutte le categorie di impresa, dal dettaglio alimentare ai bar. A soffrire di più sono gli esercizi commerciali “non alimentari non specializzati”, classificazione che individua i tradizionali negozi delle città che non vendono prodotti alimentari, ed esclude il commercio ambulante. Secondo le elaborazioni Confesercenti, se non si invertirà il trend attuale, il 2013 vedrà scomparire quasi 37mila negozi no food e più di 5mila imprese del dettaglio alimentare. Particolarmente grave il saldo in rosso di oltre 12mila e 500 esercizi nel settore dell’abbigliamento, degli accessori e delle calzature: nel comparto hanno aperto due nuove imprese ogni sette che hanno cessato l’attività. Anche il commercio ambulante, l’unico settore tra quelli presi in esame ad essersi mantenuto in crescita dal 2009 ad oggi, chiude bottega: la stima è -739 imprese a fine anno.
Numero negativo previsto anche per i comparti tradizionalmente associati al settore di attività economica del turismo: i bar, saranno circa 9.000 in meno, e le imprese della ristorazione, perderanno più di 10.000 unità. Non sfuggono alla contrazione nemmeno gli alberghi: le imprese attive nell’alloggio, nelle previsioni Confesercenti, scenderanno di 2.000 unità. E davanti a loro hanno la prospettiva di un’estate ‘fredda’ dal punto di vista dei flussi di turisti: secondo il sondaggio Confesercenti-SWG sulle vacanze degli italiani, dal 2010 al 2013 i nostri concittadini che andranno in viaggio passano dal 79% del 2010 al 58% del 2013.
Il saldo negativo del 2013 è da addebitarsi al rallentamento delle nuove aperture in tutti i settori presi in esame. Fenomeno in atto da tempo: tra il 2010 e il 2013, le iscrizioni hanno registrato in questi anni variazioni negative per tutti i comparti ad eccezione dell’ortofrutta, riducendosi del 10% per il dettaglio alimentare, del 45,4% l’alloggio, del 46% per la ristorazione, del 28,4% per i bar, del 54% per l’abbigliamento e le calzature. La cancellazioni hanno invece registrato una crescita per tutti i comparti tra il 2010 e 2013.
Di più: l’Italia rischia la desertificazione urbana: tra il 2024 e il 2025 non ci saranno più negozi fissi al dettaglio. “Per mettere a punto in maniera lo scenario del prossimo decennio – afferma l’organizzazione – abbiamo considerato la dinamica tra il 2003 ed il 2012 fatta registrare dalle imprese iscritte e dalle cancellate: le prime si sono ridotte del 21%, le seconde sono aumentate del 28%. Nel 2003 il rapporto tra iscritte e cessate era quasi 1 ad 1, nel 2012 era diventato quasi 2 cessate per ogni iscritta e nel 2013, secondo le nostre stime, avremmo 1 nuova impresa ogni 2,7 cessate. Abbiamo applicato, in un’ottica, dunque, prudenziale, il tasso medio annuo rilevato nel passato al decennio futuro. Il risultato è che tra il 2024 ed il 2025 (tra 11-12 anni, dunque) scomparirebbero tutte le imprese del dettaglio fisso. Il vero salto avverrebbe quest’anno, nel quale per il lungo protrarsi della crisi, assisteremmo, soprattutto, a un forte incremento delle imprese cessate, ad una diminuzione delle iscritte e, di conseguenza, alla perdita netta di oltre 40mila imprese”.