Nella valigia degli chef non ci sono solo ricette. Nella maggior parte dei casi ci sono migliaia di chilometri. C’è il tempo trascorso lontano da casa. C’è la fatica, il lavoro. C’è anche la voglia di tornare dove tutto è partito e dove ti aspettano amici, casa, famiglia un futuro da costruire. Così è successo che Alessandro Quintili Di Ghionno, nato a Tollo 34 anni fa, a un tratto ha deciso che quel momento era arrivato e dopo gli anni di studio a Villa Santa Maria, a cui sono seguiti quelli di esperienza in Svizzera, a Miami, in Sardegna, Valle d’Aosta, al Baglioni di Venezia, il lavoro di sempre alla Lanterna, ha radunato un gruppo di amici che sentivano la stessa voglia e ha aperto una “Ristorìa” nel centro storico del paese a 7 chilometri dal suo, a Canosa Sannita.
Ristorìa, sì, perché nel suo ristorante, quattro sale mozzafiato più dehor e giardino, al piano terra di un palazzo antico, restaurato, prima sede di un museo, tutti possono mangiare, prendere aperitivi, o semplicemente andare dopo cena, per una birra, un bicchiere di vino, qualcosa da stuzzicare o da ascoltare. Un posto dove “ristorarsi” e dove puoi farlo circondato da mura a mattoni vivi, volte a botte, nicchie e antri antichi, pavimento di pietra, Palazzo Martucci. “La prima volta che ho visto questo posto – racconta Alessandro – me ne sono innamorato. Ero venuto a fare un catering per una festa, l’ho girato un po’ col proprietario e ho cominciato a pensare al mio futuro qui. L’amministrazione comunale mi ha supportato molto per rendere possibile questa avventura. E’ andata bene, ora posso costruirlo insieme ai miei amici, persone che avevano voglia di rimettersi in gioco, di farlo vicino casa, come me”.
C’è Matteo Di Ghionno, il maître, braccia sorridenti addette alla sala e al ristoro, aiutate da quelle di Donatella Felizzi, poi, in cucina, c’è Andrea Straccini, aiuto cuoco, amico storico, tanti anni di lavoro all’estero, fino a un paio di mesi fa. Loro lo chiamano “cheffone”: “O chefOne – aggiunge Alessandro ridendo, indossa una maglia col numero 10 dietro la schiena, ma non è per celebrare dei 10 calcistici, anche se il calcio c’entra – Nel 2006 ero nella brigata di cucina dei mondiali, ero il decimo cuoco. Siamo amici e lavoriamo meglio insieme, proprio per questo. Perché in cucina si fatica e servono le coccole per fare un piatto davvero buono, dal primo all’ultimo ingrediente – dice – Questo è un lavoro bello, remunerato, ma che ti assorbe completamente e che ti chiama in causa al cento per cento, ogni cosa che fai coincide ad una responsabilità, a una scelta. Questo c’è dietro uno chef che oggi in tv viene visto spesso soprattutto come una figura cool. No, per cucinare prima del carisma serve la forza, fantasia e determinazione, tutto il resto arriva dopo”.
Per farsi il nome ci vuole tempo, dice Alessandro, c’è tanto da imparare, poi, non è semplice stare al giro, aggiunge, ma per chi ha la cucina nelle dita è difficile starne fuori: “Quando ero piccolo a Tollo si faceva la festa del vino alla Cantina – racconta – io chiedevo a mio padre di portarmi a vedere i cuochi che preparavano migliaia di piatti, restavo incantato a guardarli. I miei primi ricordi in tema di cucina vengono da lì. Il primo piatto invece l’ho composto che avevo 14 anni, a Villa Santa Maria, dove ho studiato, era pasta. Poi è arrivato tutto il resto. Sono stato fortunato, faccio quello che amo e anche se ho deciso di iniziare un mio percorso nel momento della crisi, la mia vita mi ha insegnato a vedere il bicchiere mezzo pieno, e non mezzo vuoto. Il mio grande desiderio oltre a cibare tutti è anche dare lavoro, perché in questo mondo posto c’è, e perché la nostra preziosa tradizione oggi in Italia e nel mondo è spesso affidata a mani straniere e questo non è giusto. L’identità non si può trasferire a chi ne ha un’altra”.
La tradizione è la base di partenza, ma in cucina a lui piace innovare: ecco perché i suoi ravioli con fave e asparagi, pancetta e pecorino preparati per L’Abruzzo è Servito sanno di nuovo, ma odorano di mamma, nonna, della cucina delle massaie di un tempo. Qualità che gli hanno portato riconoscimenti: Carrature d’Oro, anni fa, è stato ambasciatore per l’Abruzzo per Mare Vivo, ma a lui i premi importano poco.
“Il talento senza la tecnica resta basso – conclude Alessandro sistemando il piatto nella sua cucina di cui va orgogliosissimo, perché ha il soffitto a botte – Io nel tempo che resta dopo il lavoro e la famiglia leggo molto, mi documento, esploro, faccio ricerche, mi scelgo i prodotti, la materia prima dei piatti che arriva dal territorio che ne è ricchissimo. Io scelgo, perché qui c’è il vantaggio che conosci i produttori e facendolo gli dai respiro e ne ottieni. Sono curioso e perché non posso smettere di imparare e generoso, perché tutto quello che imparo lo vado subito a condividere con la mia brigata di cucina, pensando a quello che possiamo fare insieme per dare a un piatto il nostro tocco, perché in ciò che mangi ci sia davvero la tua firma”.
(foto di Daniele Di Pillo)
Grande Alessandro!!!!!La Tua Cucina ,farà impazzire tutti i tuoi commensali!!!!!!
Ho mangiato diverse volte nel nuovo ristorante, e’ sempre stato buonissimo. Complimenti a tutti e buona fortuna.
Ho festeggiato il mio compleanno, ed era il primo evento del locale, Alessandro ha fatto si che una semplice festa sia diventata il giorno più bello per me…
auguri alessandro e complimenti …..bel posto