“Siamo stati i primi in Abruzzo a fare una sagra dedicata all’uva e al vino, molti ci sono venuti dietro, ma negli anni ’70, prima della Sagra dell’Uva di Città Sant’Angelo, non c’era nulla”, parola del sindaco Gabriele Florindi.
La prima fu nel 1970: carri, uva e vino consegnati e versati al pubblico da carri allegorici sulla vendemmia e, fra i tanti, le figure di Bacco e Arianna, scelti fra i giovani concittadini, a guidare il primo carro, trainato dai buoi, che ha sempre aperto la sfilata.
Una Sagra che richiama ogni anno migliaia di persone, non solo “indigene”. E che è giunta al suo trentennale di Bacco e Arianna in Bacco e Arianna, celebrando ogni anno uno dei talenti più importanti della terra angolana: la vite. Salendo verso il centro storico di Città Sant’Angelo, curvando fra le colline verdi di foglie e gialle di grappoli maturi, lo capisci subito il perché. Quelle colline raggruppano forse la maggiore concentrazione di produttori di vino e accolgono anche olio di ottima qualità, da decenni. Parcheggiare è difficile, una volta a un passo dal centro storico, alla Sagra c’è molta gente, richiamata dai carri, dalle degustazioni e, quest’anno, anche da Eat Parade, una rassegna musical-gastronomica che ha arricchito di palchetti gli scorci più raccolti del centro storico, per dare spazio e pubblico a band abruzzesi di rock, pop, cover. “Veramente Eat Parade era in programma molto prima – dice il sindaco – dopo la tragedia che ci ha toccato, con l’esplosione della fabbrica di fuochi d’artificio dei Di Giacomo, i ragazzi che la organizzano non se la sono sentita di farla subito, allora è nato un binomio che ha reso tantissimo e che ripeteremo di certo”.
Una città in festa, che però non dimentica. La Sagra è la seconda occasione di intrattenimento dopo quella tragedia. Un evento fra i tantissimi organizzati da Comune e associazioni, presto, poi, ci saranno anche le feste patronali a riportare gente e folklore nella piazza principale, ma la ferita duole ancora: “Non ci saranno più fuochi qui da noi – dice secco Florindi con gli occhi lucidi – Finché ci sarò io sindaco, qui non si sparerà più, non per ora”.
Nel ventre del Comune, intorno ad un cortile su cui campeggia un’allegra bevitrice di cartapesta, ci sono foto e articoli sulla Sagra. Era il 1970 quando nacque, poi ebbe una battuta d’arresto, ma dall’81 in poi non si è più fermata. Appesi alle pareti ci sono i Bacco e Arianna succedutisi nei 30 anni di sfilata: giovani di momenti e generazioni diversi, oggi con famiglie, figli, forse domicili differenti da quelli di quando erano in costume sul primo carro. In giro per le strade e dietro i carri si balla, si suona, si ride, si ammira un’arte sempre più precisa di lavorazione della cartapesta.
“Ai carri ci lavorano in tanti, tutti angolani – racconta il sindaco – io non ho mai fatto materialmente il soggetto, sono sempre stato sul fronte organizzativo, ma vi assicuro che l’atmosfera che precede la sagra è bellissima da vivere, è calda e coinvolgente e produce tutto questa allegria”.
E’ un’atmosfera fatta di notti insieme a fare il carro, di cene e lavoro, discussioni e risate, di ricerca di temi e di una perfezione che a mano a mano è cresciuta nelle mani dei “carristi”. Per le strade ci sono gli zombie, massime che arrivano dal vino, ci sono riproduzioni della vendemmia, della Genesi con un serpente che tenta con un grappolo e non con una mela, ci sono Letta, Grillo a cavallo e Berlusconi in tenuta da, ehm, prigioniero, talmente somiglianti da sembrare veri e c’è anche un carro ispirato a Eataly, spazio romano per eccellenze enogastronomiche italiane che di buon grado ha prestato nome e logo alla sfilata.
Poi, dopo la sfilata le figure prendono diverse strade, alcuni le vendono per trarre fondi per la sfilata dell’anno dopo, ci dicono, altri le lasciano al Comune perché accompagnino la preparazione del nuovo anno e altri eventi, come il Carnevale Angolano, quando quell’abilità con la cartapesta si ripresenta e anima altri argomenti, fino ad una nuova edizione, quella tesa ora verso il 40ennale.