Cucina quello che trova. Lo cerca nel mercato rionale circostante e nei negozietti della Pescara Vecchia, dove suo padre Remo insieme alla nonna Adalgisa, ha cominciato a fare brodetti capaci di attirare gente in cerca di gusto e di meravigliare i pescatori dei borghi nord e sud della città di d’Annunzio. Il Vate, un vicino illustre, nato ad un passo da dove la famiglia Viola ha deciso di aprire la sua attività.
Così, 50 anni fa, a nascere furono prima la pensione e il ristorante Remo su via Conte di Ruvo dove rimasero fino al 1987: ospitava viaggiatori e commercianti di passaggio in città. Poi, nell’88 Remo decide di spostarsi su piazza Garibaldi, proprio di fronte al Teatro Michetti, al Circolo Aternino, alla Casa-Museo di Gabriele d’Annunzio, “pescarese” come lui. Per mangiare quei brodetti e quelle fritture oggi bisogna cercare l’Osteria numero 1000, dove oltre a Remo e alla moglie Elisa, padrona della cucina, ti accoglie Luca Viola. Viola solo di nome, però, perché fra quei tavoli palpitano cuori biancazzurri, pescaresi Doc. Lo vedi dalle foto di Galeone alle pareti, da quella con Zeman, l’altro ct da serie A, dai menù e dalla frequentazione del locale, dove ci si ritrova anche per parlare beatamente delle sfide fatte, di quelle da fare, del futuro della squadra e della città. Lo scopri anche dai ricordi dell’infanzia: “Mio padre voleva tenermi al sicuro dall’atmosfera dello stadio – racconta – così un giorno al posto di mandarmi alla partita mi tenne in osteria. Tanta era la voglia di vedere la partita che mi misi a calciare dentro e ruppi un’intera partita di vino. Da allora lo stadio venne sdoganato”. E finì sulle tovagliette celebrative, sui menù scaramantici pre partita.
E’ lo spirito dell’osteria, quello che fra pranzi e cene ha visto crescere famiglie del circondario e aggiungersi ai clienti storici: amici, comitive, giovani sparigliati dal flusso della movida che ogni sera si accende a un passo da loro e che poi vedi tornare, magari a pranzo. Ma la filosofia dietro la porta di piazza Garibaldi è sempre la stessa: poche cose, cucinate con prodotti affidabili e di qualità a km zero o a km minimo, sempre. “Quando non possiamo realizzare il km 0 facciamo il 100 metri! Non abbiamo mai avuto il congelatore proprio per questo e mai lo prenderemo – dice Luca – In tempi come quelli che ci ritroviamo a vivere, comprare dai contadini, dai casari, dai macellai che abbiamo intorno, è
un modo per far girare l’economia, la nostra e la loro”. Qualche anno fa, quando Remo ha ceduto il timone, l’Osteria è stata ristrutturata, in cucina è entrata anche la sorella di Luca, Laura e il futuro ha cominciato a scriversi sulla strada aperta 50 anni prima. “Praticamente sono cresciuto in cucina – racconta Luca – Mi hanno sempre incuriosito le cose buone e in vista di aiutare mio padre nella conduzione del ristorante, ho fatto tutto quello che potevo fare per specializzarmi”. Luca Viola è sommelier, è degustatore ufficiale d’olio e per non farsi mancare nulla, è anche assaggiatore ufficiale di formaggi per l’Onaf, la sigla madre del comparto. Ma queste sono cose che si scoprono parlandoci, perché i titoli per lui valgono solo in cucina. “Volevo saperne di più del vino che bevevo e dell’olio per cucinare e ho fatto i corsi. Adoro i formaggi, perché dietro ad ognuno di essi c’è una storia che racconta l’Abruzzo, così ho scelto di specializzarmi per proporli, e presto ripristineremo anche un carrello che una volta avevamo in sala, abbinandoli a olio e vino. Ma sono state mie scelte, perché credo che per fare cucina, anche tradizionale, si debba essere in grado di raccontare gli ingredienti, non sceglierli soltanto”.
E parlando scopri che lì la pasta è fatta a mano e condita con ragù di carne, di pesce, persino selvaggina e verdure o servita con il pesce fresco su ordinazione. Un tempo da Remo si mangiavano anche le pizze, oggi invece no, anche se il pane lo impastano ancora. I piatti forti sono a base di carne: bistecca fiorentina, filetto, tagliata di manzo, agnello, braciole di maiale, salsicce nostrane e trippa, ma quello del cuore è il brodetto: “E’ la ricetta di nonna Adalgisa adattata da mia madre – annuncia Luca Viola – Un piatto nato per il coccio e servito nella terracotta, impegnativo perché lo facciamo da un chilo almeno perché sia
quello della tradizione, alla pescarese, con il pesce che serve. Per assaggiarlo bisogna prenotarlo, però, perché non possiamo improvvisarlo, come pure la frittura”. Il pesce è nostrano, dal mercato ittico locale, vuoi anche per i trascorsi calcistici di Luca, che giocava nella squadra del porto quando era più giovane, tant’è che c’è la serata “scafetta” ogni mercoledì, si mangia ciò che il mare propone seguendo stagioni e fortuna. In più, l’Osteria dedica una serata a parte al baccalà, altro piatto forte, cucinato in tante salse, ogni giovedì e il sabato si stuzzica con antipasti caldi e freddi. Tutti a prezzo politico, 20 euro.
“Per venire in contro alla gente e affrontare la crisi che colpisce tutti. Tanto, però, di quello che facciamo arriva anche dalla terra – continua Luca – minestre, legumi. E’ un target classico da osteria, chi viene da noi si siede e raramente a mangiare insalate, mordi e fuggi non è il nostro target, anche se la crisi ha colpito la fascia di clientela tipo che storicamente frequenta le osterie. Però gli gli affezionati sono rimasti e malgrado siamo praticamente a ridosso della zona del centro storico, sede della movida serale, abbiamo lavoro anche a pranzo. Ma affrontare la congiuntura è dura per tutti, specie per chi, come noi, ha una storia di 50 anni da continuare a scrivere”.
I nuovi capitoli sanno di mare e di terra e di quel mettere nel piatto il territorio che Luca e la sua famiglia alimentano da quando hanno apparecchiato il loro primo tavolo.
(Foto Di Peco)