Ha studiato per diventare un perito chimico, ma poi ha avuto la ventura di essere arruolata nelle fila della Forestale che le ha permesso di conoscere da vicino e tutelare il territorio che sarebbe stato il suo futuro. Subito dopo ha fatto da volano alle tipicità prodotte da quel territorio e questa esperienza è stata determinante perché da perito chimico con la passione per la terra si trasformasse in agricoltore. E oggi la sua storia è l’energia che alimenta il suo mandato di presidente della Cia di Pescara. Beatrice Tortora è prima di tutto una donna agricoltore, in quanto tale porta il testimone del cambiamento voluto dalla Confederazione Italiana degli Agricoltori, che sta passando l’azione dalle

Il passaggio delle consegne da Caludio Sarmiento
mani amministrative e politiche a quelle tecniche di chi in mezzo alla terra ci lavora, la conosce, sa cosa serve e a chi chiedere. Così, la rivoluzione potremmo dire “colturale” è stata lanciata prima dal nazionale, a fine gennaio ha investito il rinnovamento dei vertici e direzioni provinciali (leggi il nostro articolo), sabato 8 febbraio sarà la volta di quelli regionali. La parola d’ordine è l’agricoltura agli agricoltori, con la piena collaborazione di quanti hanno ceduto e cederanno il testimone.
Titolare dell’azienda agricola I Sapori di bea nel cuore del Parco della Majella ad Abbateggio, fondatrice e coordinatrice regionale fino a giugno delle Donne in Campo della Confederazione, Beatrice ha anche un’altra particolarità: è la prima donna presidente nella storia della Cia di Pescara, raccogliendo un felice testimone dall’ex presidente Claudio Sarmiento. “Ho voluto dare la mia disponibilità per mettere a frutto l’esperienza maturata con Donne in Campo e portare il punto di vista delle donne dentro questo mondo – dice – Un valore aggiunto di sicuro importante, l’esperienza nell’associazione di genere lo ha dimostrato, Donne in Campo è e resta una palestra formativa fondamentale per le imprenditrici in agricoltura abruzzesi che si vogliono accostare anche a tematiche politiche e sindacali, oltre che commerciali, imprenditoriali vere e proprie. Ora, forti di questa positiva forza, creeremo sinergie, collaborazioni, un dialogo con la categoria che sia più diretto e costruttivo, perché condotto da chi lavora la terra”. Nella sua giunta ci sono 7 imprenditori, 2 sono donne; nel direttivo sono 18 imprenditori agricoli, fra cui 8 donne, con un’età media molto al di sotto del passato. Oltre ai giovani ci sono anche i “saggi”, parti attive dell’Associazione Nazionale Pensionati Cia che sono indispensabili per dare completezza alla strategia di azione.

Beatrice “sul campo”
“Sì, perché all’agricoltura serve futuro e per costruirlo è necessario favorire il ricambio generazionale, i vecchi imprenditori devono accompagnare i nuovi imprenditori agricoli alla terra – spiega – Abbiamo grandissimi problemi perché questo messaggio passi, è inimmaginabile quanto sia difficile oggi l’accesso alla terra per gli agricoltori. Paradossalmente è più semplice che un estraneo alla categoria, che so un farmacista, o un notaio, insomma un non agricoltore, apra un’azienda agricola che un coltivatore apra o mantenga la sua attività. E il bello è che non ci sono le stesse agevolazioni al contrario: un agricoltore, com’è giusto, non può aprire una farmacia con la stessa facilità! Perché le regole ci sono, anche troppe, ma non sono chiare e non vengono rispettate con il giusto controllo. La burocrazia ci strozza: 60 giorni l’anno li trascorriamo per uffici a correre dietro ad adempimenti che mettono sullo stesso piano le holding dell’agroalimentare e i piccoli coltivatori. Non è possibile. Così l’agricoltura che oggi è l’unica vera fonte di tutela e promozione del territorio muore, non respira”. Fra le priorità cercare una misura dello sviluppo che rispetti le dimensioni delle aziende agricole e ritrovare un dialogo con il territorio: “Porteremo la Politica Agricola Comunitaria direttamente nelle frazioni per parlarne con gli agricoltori e produrre istanze e proposte operative da fornire ai tavoli su cui decidono i politici, che in questi anni hanno dimostrato di sapere poco, anche loro malgrado, sulla terra, sulle condizioni in cui è e sul potenziale che ha dentro”.
Accanto a lei c’è il suo vice, Palmiro Carota, agricoltore pure lui, un’altra voce storica della Cia. “Le politiche le condivideremo ai vertici e con la base, con gli agricoltori – dice – perché ci rispecchino e cambino qualcosa. Affinché ciò che serva alla terra, sia utile a chi la coltiva, questo oggi, purtroppo, non accade. L’uso del territorio è difficile, all’agricoltura resta poco spazio, così com’è difficile accedere a tutti i fondi che potrebbero agevolarlo e che devono essere divisi con soggetti che con la terra non c’entrano nulla”.
Fondi europei, che sono fruibili da tutti, come accade con quelli dedicati all’agricoltura, senza soluzione di reciprocità: “Vero, turismo, promozione, tutto diventa ragione per attingere a risorse che sono le uniche grazie a cui gli agricoltori possono andare avanti, ma non viceversa – spiega la presidente – Senza quei fondi un’azienda agricola difficilmente sopravvive. Il valore dei prodotti della terra è bassissimo. Una volta con un quintale di grano si compravano 360 litri di gasolio, una famiglia ci campava a pane e pasta per un anno. Oggi con quel valore si compra a malapena un aperitivo per quattro in centro a Pescara! E’ indispensabile capire come stanno messi gli agricoltori e il valore di un ruolo che non può essere sostituito”. Coltivano, producono, tutelano con il lavoro territorio e ambiente, accolgono, cucinano, conservano, promuovono: una delle cause delle catastrofi ambientali degli ultimi anni è l’abbandono della terra. Ma per costruire un ritorno alla terra, per la Cia è necessario capire come fare, rendere interprete in primis chi è già imprenditore agricolo o ha un’esperienza familiare alle spalle, poi chi vuole provare.
“Bisogna creare sinergie con turismo e ambiente, prendere decisioni onnicomprensive per i territori che solo così si risollevano – conclude la presidente – A primavera ripartirà la nostra iniziativa simbolo, La Spesa in campagna, lanciata sei anni fa dall’Abruzzo a livello nazionale con Donne in campo. L’idea era che gli agricoltori non si snaturassero conquistando un posto in città, certo anche quello serve e cercheremo di alimentare la presenza delle aziende agricole in contesti cittadini e urbani, ma con moderazione, perché si rischia di trasformarli in commercianti. Portare gente in campagna è la sfida, un obiettivo che migliora tutti: chi produce e impara a promuoversi, chi acquista e impara a scegliere la qualità che in Abruzzo è presente,
anche se a volte va cercata. Porteremo avanti questi discorsi anche nelle scuole, come facciamo da anni, perché la natura, una mucca, pecore, galline o pane e olio non diventino una cosa di cui si è sentito parlare o uno spettacolo o uno spuntino eccezionale, ma ritornino nel nostro patrimonio identitario. Ci batteremo per una visione condivisa e unitaria sull’agricoltura con le altre sigle della categoria: la Cia nazionale ha lanciato Agrinsieme, il codice per farlo, noi lo faremo anche sul locale, perché con i distinguo che arrivano da storie ed esperienze di tutte le sigle, le richieste siano unitarie e quindi più forti dove devono ottenere risultati. La crisi e la stagione che comincia ci impongono di essere operativi, di non perdere altro tempo e occasioni e noi non chiediamo di meglio”.
Grandissima donna! Buon lavoro Beatrice!