Camicia bianca, sorriso aperto, la Costa dei Trabocchi riempie la vita di Rinaldo Verì che accoglie visitatori e curiosi sul suo Trabocco Punta Tufano raccontando storie, memorie e identità di tutto un pezzo di Abruzzo. Il suo è uno dei trabocchi che accompagnano la tre giorni di Cala Lenta, che domani aprirà profumi, sapori e storie di questo eccezionale fazzoletto di Abruzzo. Il sole a Rocca San Giovanni bacia le acque azzurre e il pendio che scende dalla strada fino al mare. Per arrivare al trabocco si attraversa una specie di porticciolo, barchette in alaggio e antiche mura che furono quelle della Fornace Tufano, che ha dato mattoni e lavoro alla ferrovia e, più tardi, nome al promontorio e al trabocco, come tradizione vuole. Anche se tutti quanti, vecchi e giovani locali, quella prominenza della costa la conoscono come Punta della Balena.
“E’ una storia che accompagna la mia famiglia dal 1960 – racconta Rinaldo – Quando mio padre e un amico, usciti a pesca di cefali con una barchetta, tornarono seguiti da una balena che si trovava al largo. Notarono una forma gigantesca e pensarono si trattasse di un branco enorme di pesci, quando si resero conto che era “altro”, scapparono a riva con un carico a dir poco ingombrante. Il cetaceo si arenò proprio qui, dove oggi c’è l’alaggio e ci rimase quattro giorni, finché, tramite la ferrovia, non fu portato altrove”. Una storia epica, carica di gesta leggendarie, di paure e di misteri, come che fine ha fatto la carcassa che esaurito il momento della curiosità cominciò a puzzare, nel vero e proprio senso della parola. “Dovettero portarla via su un treno. Per anni abbiamo cercato di capire dove, forse oggi lo sappiamo, potrebbe essere in territorio vastese, seppellita, perché non si poteva restituire al mare, gettandola al largo e perché era il modo più economico di darle una sepoltura”. Punta Aderci, forse il luogo, disseppellirla per raccontarla attraverso convegni, un museo, iniziative didattiche collegate, la sfida che interessa Verì e un’associazione che racconta la Costa dei Trabocchi e le sue eccellenze in modo culturale, da anni.
Ma dal quel 16 agosto del 1960 grandi e piccoli della famiglia Verì, una delle famiglie storiche dei Trabocchi, sono cresciuti a pane e leggenda, con le foto di quel giorno accanto. “Quando mio padre tornò a riva – continua Rinaldo – la gente andò a chiamare mia mamma che abitava qui sopra, le dissero di scendere perché il suo fidanzato era diventato ricco, vista la mole del pesce che era stato in grado di pescare! Invece, mio padre ha continuato a fare il pescatore, ma senza perdere mai lo spirito di quel giorno. Molto più in là negli anni, quando un turista venuto per pescare si lamentò perché con lui non era riuscito a prendere nemmeno un’alice, c’era tempo brutto, lui lo invitò ad entrare in casa, si fermò all’ingresso, dove campeggiava la foto di lui sulla groppa di quel “pesce” enorme e, serafico, gli ha risposto così: è perché io sono pescatore di balene, non vedi?”
Oggi a raccontare le storie di quel pescatore audace sono lui e suo fratello. Rinaldo lo fa alle tante scolaresche e gruppi di turisti che visitano il trabocco, che per tradizione ha dovuto chiamare come la Punta su cui sorge, Tufano e da dove si vede bene l’orizzonte minacciato dal petrolio. Proprio lì davanti Legambiente ha inscenato un incidente petrolifero, durante il passaggio di Goletta Verde ieri e Rinaldo è una delle voci per la tutela del territorio, per il Parco, per la Via Verde, perché non solo racconta la Costa dei Trabocchi, ma la coltiva nei suoi frutteti di agrumi che la rendono celebre come altre note costiere, la racchiude nei prodotti tipici che produce in una delle sue molteplici identità imprenditoriali. “Io ci credo, sono rimasto qui per questa ragione e vado avanti perché sono convinto che questo territorio abbia tanto da offrire – dice infatti – Abbiamo organizzato convegni sulla biodiversità, sulla storia, sulla tipicità, è una ricchezza che ci appartiene, è qui: nei frutteti dove nascono arance che da secoli si producono lungo questo litorale; nei fossi dove portiamo in escursione turisti e ragazzini, che sono paradisi di biodiversità che ritornano, come la salalmandrina con gli occhiali riscoperta da poco; è sui trabocchi dove la gente viene a mangiare e a respirare il mare e a conoscere un Abruzzo diverso, quello dove ci si ferma, si resta stupiti e si passa oltre, perchè magari diretti nel Salento, perché capita di saperne ancora poco della nostra terra. Dobbiamo farci conoscere meglio, farlo in modo nuovo, farlo dal territorio. Cala Lenta ci riesce, funziona, ma non basta”.
Alla domanda se qualche vip è passato di lì, Rinaldo sorride e fa capire quanto poco peso possa avere il valore aggiunto vip a chi fa il suo mestiere. Però un passaggio particolare, davvero Vip, ce lo racconta ridendoci sopra: “Allora, vengo tempestato di telefonate dalla segretaria di una imprenditrice televisiva, mi dicono, italoamericana – racconta – Vuole venire a fare un sopralluogo sul trabocco, viene, mi dice che vogliono registrare qui la puntata di uno showw che andrà sulla tv americana, dico sì, ne sono passati tanti da Linea Blu a Tessa Gelisio, Geo & Geo, insomma, accetto volentieri se serve al territorio. Il giorno fatidico arriva, ma il mare non permette di uscire a pescare. L’assistente fa di tutto per realizzare il documentario, acquista il pesce in vendita proprio qui sotto e poi arriva lei, la signora. Cuciniamo, mangiamo, registriamo, illustro tutto, sapendo che lei è l’equivalente di Berlusconi in America, ma io non la conoscevo Lidia Bastianich. Poi vedo una troupe della Rai Abruzzo arrivare sul pontile per intervistarla, resto discreto, ma sentendo il giornalista amico poco dopo scopro che quell’ospite era quello che era”. Una chef di prim’ordine in America. Scrittrice e giudice di tanti show Usa legati al cibo, imprenditrice di fortunatissime tramissioni made in America e non solo, sempre con il cibo di mezzo. Fondatrice di Eataly, il più grande
store di cucina italiana artigianale e mercato del vino, di New York. E mamma di quel Joe Bastianich, food-imprenditore, giudice inflessibile del Master Chef italiano.
Scelse il suo trabocco per raccontare la Costa. Una sfida, raccontare, che Verì svolge ogni giorno, con le escursioni, le iniziative che la sua storia familiare muovono e le cene sul trabocco, dove si scoprono cose meravigliose e possibili solo stando sospesi a qualche metro dalla superficie dell’acqua.