Rapporto Cresa, ecco la fotografia dell’Abruzzo che affiora dai dati elaborati dal Centro Regionale di Studi e Ricerche Economico Sociali istituito dalle Camere di Commercio d’Abruzzo sulle stime del rapporto Prometeia.
“L’economia abruzzese sta attraversando la crisi più lunga della sua storia – si legge subito nell’incipit della ricerca – La produzione lorda dell’Abruzzo – in valore assoluto – tornerà alla fine di quest’anno ai livelli del 1999. Nel quinquennio 2008-2012 il valore aggiunto industriale si è con- tratto di oltre il 14% a fronte del -11% del Centro Nord. La ripresa del 2010-2011 si è rivelata illusoria: nel 2012 l’attività economica in Abruzzo è tornata ad indebolirsi in maniera significativa, -3% il calo del Pil sulla base delle stime più recenti diffu- se dall’istituto Prometeia. Secondo stime recenti, i livelli produttivi della regione subiranno entro il 2013 una ulteriore perdita del 2,2% in termini reali, un risultato che spinge l’Abruzzo più indietro anche rispetto alle altre regioni meridionali”.
Il rapporto, dunque, non fa trarre un respiro di sollievo, ma non conduce nemmeno alla disperazione (eccolo nella versione completa dal sito) In un contesto nazionale recessivo, l’Abruzzo ha registrato nel 2012 una riduzione del PIL del 3% in termini reali, dovuta principalmente alla caduta della domanda interna. La domanda estera netta – insieme con l’accumulo delle scorte – ha dato un impulso moderatamente positivo, grazie a un ridimensionamento delle importazioni più ampio di quello delle esportazioni.
La crisi che ha investito la regione, cui si sono sovrapposti gli effetti del sisma dell’aprile 2009, è stata preceduta – in analogia con il resto del paese – da un lungo periodo di crescita economica non solo modesta ma anche nettamente inferiore a quelle degli altri grandi paesi europei. Tra il 2001 e il 2007 il PIL abruzzese è cresciuto ad un tasso medio annuo dello 0,6%, la metà circa di quello medio nazionale, mentre nell’eurozona la crescita è stata del 2%. In questo stesso periodo anche la produttività del lavoro ha mostrato un andamento stagnante.
Per tali ragioni gli effetti della crisi globale sono stati più severi che altrove. Fra il 2008 e il 2012, in Abruzzo il PIL è diminuito del -7,2% a fronte del -5,7% nazionale (nello stesso periodo in Francia è rimasto pressoché invariato mentre in Germania è aumentato del 2,5%). L’incidenza della povertà relativa ha raggiunto in Abruzzo il 16,5% della popolazione (12,7% in Italia), aumentando nell’arco di un anno di oltre 4 punti percentuali.
Com’è andata alle imprese? Nel 2012 le imprese attive in Abruzzo (131.072, pari al 2,5% del totale Italia) si sono contratte dell’1,5% rispetto all’anno precedente. Il calo ha interessato soprattutto i settori dell’agricoltura, delle costruzioni, del manifatturiero e del commercio. Le imprese manifatturiere (12.567) appaiono in diminuzione dal 2009 e mostrano un calo del 15% rispetto al 2006, inferiore di due punti percentuali rispetto a quanto registrato a livello nazionale. In linea con la tendenza nazionale, la struttura imprenditoriale abruzzese in questi ultimi anni è stata interessata da un intenso processo di riorganizzazione e di consolidamento: le imprese individuali, che rappresentano ancora oltre due terzi del totale, vanno progressivamente riducendosi mentre si amplia la quota di imprese con assetto gestionale ed organizzativo più complesso, in particolare fra i servizi pubblici essenziali.
In campo agricolo, invece, le stime dell’istituto di analisi Prometeia mostrano una contrazione del valore aggiunto agricolo regionale del 4,0% rispetto al 2011. Secondo i dati provvisori dell’Istat, nel 2012 la produzione di cereali è aumentata del 5,5% insieme a un incremento delle superfici coltivate. Debole crescita della produttività rispetto al resto d’Europa. Aumentano le famiglie in situazione di grave disagio. Il tessuto industriale si indebolisce relativamente meno che nel resto del paese. Si rafforza la tendenza verso forme giuridiche più complesse. Scende il valore aggiunto agricolo.