“Ci sono dei sogni che per fortuna nella vita si realizzano, così io sono qui, a suonare per Battiato”, il giovane musicista romano Tommaso Di Giulio e la sua chitarra aprono il Sesamo di Franco Battiato al Teatro d’Annunzio di Pescara. Un ritorno, l’autore siciliano era venuto in città quest’inverno, sul palcoscenico del Teatro Massimo, con un sold out e un concerto indimenticabile per chi segue e ama la sua musica.
Una formula magica pienamente rispettata, quella che dà il nome al suo ultimo lavoro e al tour che sta portando in giro per l’Italia. Formula consolidata: lui sul tappeto, la sua giovane band e gli archi del Quartetto Italiano che si confondono con le note melodiche, rock, psichedeliche, sognanti della sua musica, da cima a fondo al repertorio.
Esce e il pubblico di tante età gli tributa il primo applauso. Sugli spalti ci sono i giovani, i quarantenni, i giovani degli anni ’70 e i cultori di una musica diversa dalle altre, ma piena, bella, che dal vivo offre sensazioni mai provate prima all’ascolto dei suoi brani. La scaletta dà subito spazio alle ultime cose. Poi, mentre dalla base del palco si irradiano luci rosse, blu e arancio, lui avverte: “Ora comincia una sfilza di brani che…”
E’ Un’altra vita, sono i successi raccolti in Fleur, tributo alle canzoni italiane più belle: La canzone dell’amore perduto, quella dei Vecchi Amanti, Te lo leggo negli occhi, che
riportano alla mente e al cuore De André, Endrigo, Bardotti. Poi il Cafè de la Paix, I treni di Tozeur, e un tutto indietro di 43 anni, con lui alla tastiera e la musica psichedelica di allora. Il giovane chitarrista passa attraverso vari strumenti per accompagnarlo, tastierino, distorsore, sintetizzatore, finché l’aria non diventa blu e arriva quella che tutti aspettano: La Cura. Le luci si abbassano, i telefonini del pubblico si accendono per immortalarla, altri si spengono per ascoltare le parole di quella che viene definita, non a torto, una delle più belle canzoni d’amore mai scritte prima. Lui lo sa e la canta senza tante storie e con un trasporto semplice delle braccia che scandiscono i versi del testo.
E poi ancora E ti vengo a cercare, La stagione dell’amore, musica, ancora musica che fa cantare il pubblico. La sua nenia siciliana, L’era del cinghiale Bianco e Bandiera Bianca, Up patriots to arm, scatenano i fan che scendono davanti al palco, e ballano, gli tirano un peluche bianco e fanno richieste strane: “Cosa vuoi? Il mio bicchiere, quello da cui ho bevuto prima, ho letto bene? E che ci fai?”. Applausi e ovazioni quando le sue canzoni più politiche percorrono le frasi che parlano di
“parassiti” e rappresentanti politici nullafacenti contenuti in Aria di Rivoluzione.
E siparietti, come l’intro più volte ripetuta di Tutto l’Universo, rifatta alla fine solo a metà per rendere giustizia al pubblico pagante di quell’errore nel decollo. Fatta quella ringrazia e se ne va, ma tutto rimane acceso, per il bis che arriva dopo e contiene Cuccuruccuccù Paloma che infiamma ancora di più la platea, all’apice quando arriva Voglio vederti danzare. Poi i riflettori si spengono, il gruppo raccoglie i suoi strumenti, Battiato guadagna l’uscita mentre fan vecchi e giovani lo aspettano per autografo, per i complimenti di rito, o semplicemente per vederlo andare via dal posto che ha acceso per due ore buone di musica e ricordi.