La spesa delle famiglie va indietro di 70 anni. Mai registrati dati così: è come se a fare la spesa, a decidere come comporre il proprio paniere dei consumi, fossero tornate le nonne o, in alcuni casi, persino le bisnonne! I consumi delle famiglie, “nel 2009 ancora capaci di contrastare gli effetti della Grande recessione mondiale, sperimentano oggi una flessione di dimensione mai registrata nei quasi 70 anni di vita della Repubblica italiana”. E’ quanto emerge dall’indagine Cer-Confcommercio L’Italia arretra. Assistiamo “alla disintegrazione di quei fattori che in passato avevano contribuito a stabilizzare il ciclo della nostra economia”.
Gli investimenti in costruzioni, si legge nell’indagine, “i cui andamenti hanno sovente compensato il ripiegamento congiunturale delle altre componenti della domanda aggregata, registreranno a fine anno la sesta riduzione consecutiva; la produzione industriale, nonostante il comparto manifatturiero sia impegnato in uno sforzo di espansione sui mercati mondiali, è scesa di oltre il 4% nel primo trimestre e non ha mostrato segni di ripresa nel bimestre aprile-maggio”.
Nel 2013 il numero di giorni di lavoro necessari per pagare tasse, imposte e contributi “raggiungerà il suo massimo storico: 162 giorni (ne occorrevano 139 nel 1990 e 150 nel 2000); ne occorrono 130 nella media europea (-24% rispetto all’Italia)”. E’ quanto emerge dall’indagine Cer-Confcommercio. Si tratta di “un inasprimento che aggredisce un monte redditi già declinante, contribuendo così sia a comprimere la domanda aggregata, sia a scoraggiare l’offerta di lavoro”. La complessità del sistema di prelievo costituisce “un ulteriore fattore di penalizzazione”.
Secondo le rilevazioni Istat, i prezzi dei prodotti acquistati con maggiore frequenza diminuiscono dello 0,1% su base mensile e crescono dell’1,5% su base annua, come ad aprile.
Siamo di fronte agli effetti del drammatico crollo storico della spesa che non è mai stato così pesante con le famiglie italiane che hanno svuotato il carrello dei prodotti base per l’alimentazione dalla frutta (-4 per cento) al pesce (-5), dalla carne bovina (-6) al vino (-7) fino all’olio di oliva (-8). E’ quanto afferma la Coldiretti sulla base dei dati Ismea del primo trimestre nel commentare l’andamento dell’inflazione nel mese di maggio 2013 diffuso dall’Istat dal quale si rileva che i prezzi per gli alimentari sono cresciuti del 3,1 per cento
Il basso tasso di inflazione riflette – sottolinea la Coldiretti – il clima di depressione nei consumi evidenziato anche da Confcommercio che ha costretto ben sette famiglie su dieci (71 per cento) a modificare la quantità e la qualità dei prodotti. L’aumento degli acquisti a basso prezzo se da un lato ha favorito il contenimento dell’infrazione dall’altro – precisa Coldiretti – ha privato gli italiani di alimenti essenziali per l’alimentazione. Il risultato è infatti che – sostiene Coldiretti – il 12,3 per cento degli italiani non è stato in grado di sedersi a tavola con un pasto adeguato in termini di apporto proteico almeno una volta ogni due giorni con conseguenze gravi anche per la salute. Da segnalare peraltro l’effetto maltempo con una primavera impazzita che ha fatto aumentare i prezzi del 9,4 per cento per la frutta mentre i vegetali freschi nel complesso crescono del 9,9 per cento su base annua nel mese di maggio. Gli incrementi dei prezzi dei vini del 4,4 per cento, del 4,3 dell’olio d’oliva mentre – conclude la Coldiretti – il prezzo del pesce fresco di mare di pescata e’ in calo dello 0,9 per cento rispetto allo scorso anno.
Il basso tasso d’inflazione a maggio è frutto di un contesto economico depressivo segnato da una crisi profonda e da un crollo senza precedenti dei consumi delle famiglie, come evidenziato anche da Confcommercio, che sono scesi a livelli record registrando quota -3,4% nel primo trimestre dell’anno: calano perfino pasta (-1,6%) e latte (-3,6%). Lo afferma la Cia-Confederazione italiana agricoltori, in merito ai dati Istat. D’altra parte, le famiglie spendono ormai più del 60% del reddito mensile solo per affrontare le spese obbligate, dalle utenze domestiche fino all’abitazione -sottolinea la Cia- e’ chiaro che poi sono costretti a ‘tagliare’ su tutto il carrello della spesa, compreso il cibo, tanto piu’ in un mese come maggio in cui le spinte al rialzo dei prezzi hanno interessato soprattutto gli alimentari (+3%).
Colpa della lunga ondata di maltempo che per tutto il mese non ha dato tregua alle campagne, con il 50 per cento di piogge in più rispetto alle medie stagionali e allagamenti nei campi che hanno trascinato in alto le quotazioni al dettaglio di frutta (+9,4 per cento) e verdura fresca (+9,9). Quello che preoccupa di più oggi è che non soltanto 16 milioni di famiglie, il 71 per cento, riduce abitualmente gli acquisti per la tavola sia in quantità che in qualità -osserva la Cia- ma il fatto che cominciano a ridursi anche i consumi dei prodotti alimentari di base, quelli di uso quotidiano: nel primo trimestre dell’anno sono calati gli acquisti di pasta (-1,6 per cento) e latte (-3,6). Vuol dire che le famiglie italiane sono in “trincea” e che la situazione è ormai giunta al limite. Per questo bisogna assolutamente fare in modo di bloccare l’aumento dell’Iva al 22 per cento dal primo luglio -conclude la Cia- il governo deve capire che non è questa la soluzione, perché non c’è nessuna possibilità di ripresa economica se si attuano misure che abbattono ancora di più i consumi domestici.