Un accordo di filiera tra allevatori e trasformatori di carne ovina per tutelare l’arrosticino, simbolo dello street food d’Abruzzo. L’intesa tra Coldiretti Abruzzo, Associazione produttori zootecnici d’Abruzzo (Aprozoo), commercianti e trasformatori, è stata siglata questa mattina, nell’ambito della settimana dedicata all’Abruzzo nel palazzo Coldiretti, all’Expo di Milano, intitolata #exportiamoabruzzo.
Un “patto” atteso da tempo, diventato realtà anche grazie alla recente entrata in vigore della normativa che impone l’etichettatura delle carni ovine. Un obbligo fortemente voluto da Coldiretti che ha fatto emergere una realtà’ inaspettata dal consumatore abruzzese: oltre due arrosticini su tre deriverebbero da carni provenienti dall’estero, “penalizzando – sostiene Coldiretti – gli allevatori onesti e snaturando una produzione che trova il suo punto di forza proprio nella tradizione pastorale regionale che in Abruzzo è rappresentata da oltre 300mila capi di ovini adulti di cui ogni anno 60mila destinate alla produzione di arrosticini”.
I termini dell’accordo
L’accordo siglato prevede: una maggiorazione del prezzo riconosciuto all’allevatore dalla ditta di commercio e trasformazione delle carni; la disponibilità delle ditte a partecipare ad una rete comune di valorizzazione e commercializzazione dell’arrosticino made in Abruzzo; l’adozione del marchio Fai (Firmato agricoltori italiani) di Coldiretti per migliorare la riconoscibilità del prodotto per il consumatore; lo sforzo comune nella costituzione di un comitato promotore per il riconoscimento dell’arrosticino quale prodotto Dop. “L’accordo – spiega Alberto Bertinelli, direttore di Coldiretti Abruzzo – scaturisce anche dalle novità introdotte nel mese di aprile in materia di etichettatura e in particolare dall’obbligo per gli operatori di indicare in etichetta il luogo di allevamento e macellazione delle carni di maiale, pecora e capra. Dalla nuova norma restano ingiustamente escluse la carne di coniglio, particolarmente diffusa a livello nazionale, e quella di cavallo oggetto del recente scandalo, ma anche le carni di maiale trasformate in salumi. Una carenza particolarmente grave che va colmata al più presto in una situazione in cui in Italia – denuncia la Coldiretti – due prosciutti su tre sono fatti da maiali stranieri ma il consumatore non lo può sapere, e la situazione non è certo migliore per salami, soppressate, coppe o pancette”