Oltre cento allevatori abruzzesi provenienti dalle quattro province, questa mattina, in rappresentanza della zootecnia da latte regionale, sono partiti all’alba per partecipare ad “Una giornata da allevatore”, l’iniziativa promossa da Coldiretti in piazza del Campidoglio per salvare il latte made in Italy in vista dello storico addio al regime quote latte. Una manifestazione nazionale a cui l’Abruzzo ha voluto partecipare per rivendicare gli obiettivi nazionali della mobilitazione:
– Indicazione obbligatoria dell’origine nelle etichette del latte (anche uht) e dei formaggi
– Garanzia che venga chiamato formaggio solo ciò che deriva dal latte e non da prodotti diversi
– Applicazione della legge che vieta pratiche di commercio sleale
– Trasparenza sui dati relativi alle importazioni di latte e di prodotti con derivati del latte, tracciando le sostanze utilizzate
– Realizzazione di un piano di promozione del latte e delle produzioni italiane a partire da Expo 2015.
Imperativi categorici che hanno portato in piazza del Campidoglio non solo allevatori ma anche ministri, governatori, sindaci, politici e personaggi della cultura, dello spettacolo e dell’associazionismo, uniti per trascorrere insieme un giorno da allevatore in una stalla coperta, allestita appositamente per mungere, custodire e dare da mangiare agli animali.
Il sostegno dei parlamentari
E non sono mancati gesti e messaggi di sostegno all’iniziativa anche da parlamentari abruzzesi. A rispondere all’appello sono state le senatrici aquilane Stefania Pezzopane e Paola Pelino e la deputata pescarese Vittoria D’Incecco, oltre naturalmente all’assessore regionale all’agricoltura Dino Pepe, che hanno espresso solidarietà e sostegno al lavoro che tutti i giorni svolgono gli allevatori abruzzesi e italiani per garantire, oltre al presidio delle aree più difficili del territorio, latte fresco e grandi formaggi made in Abruzzo come la mozzarella, il caciocavallo e la giuncata, che restano i prodotti caseari più apprezzati dal consumatore regionale.
“La richiesta unanime degli allevatori abruzzesi” – ha evidenziato il direttore di Coldiretti Abruzzo Alberto Bertinelli – “è l’indicazione dell’origine del latte e del luogo di mungitura, elemento che si rende indispensabile soprattutto nella nostra regione per tutelare la provenienza e l’origine della materia prima abruzzese contro falsari e mistificatori”.
L’attacco alle stalle italiane
Un settore con tante difficoltà che accomuna l’Abruzzo alle altre regioni, come emerge dal dossier “L’attacco alle stalle italiane”, presentato a Roma questa mattina da Coldiretti per ribadire, come ha evidenziato il presidente nazionale Roberto Moncalvo, che “stiamo perdendo un patrimonio sul quale costruire una ripresa economica sostenibile e duratura che fa bene all’economia all’ambiente e alla salute”. Un patrimonio che in Abruzzo ha una vocazione storica che purtroppo deve fare i conti con una progressiva diminuzione delle stalle che in regione ha visto scendere il numero dei bovini (da latte e da carne) del 30% negli ultimi dieci anni.
Una situazione drammatica su cui pesa anche la diminuzione della remunerazione per il produttore a fronte di un aumento dei prezzi al consumo. In particolare, per il settore latte, sulla base delle elaborazioni Coldiretti su dati Ismea, la materia prima viene pagata agli allevatori in media 35 centesimi al litro con un calo di oltre il 20% rispetto allo scorso anno, mentre al consumo il costo medio del latte di alta qualità è di 1,50 centesimi, quattro volte superiore. “Il prezzo riconosciuto agli allevatori – dice Falcinelli di Aprozoo – non copre neanche i costi per l’alimentazione degli animali e sta portando alla chiusura a livello nazionale, con ripercussioni a livello locale, di 4 stalle al giorno con effetti sull’occupazione, sull’economia, sull’ambiente e sulla sicurezza alimentare degli italiani. Ricordiamo che, in Abruzzo, il comparto latte sviluppa oltre 37milioni di euro, di cui 30milioni derivanti dal latte bovino e 7milioni derivanti dal latte di pecora e capra”. “In tal senso – aggiunge il direttore Bertinelli – la chiusura di una stalla non significa solo perdita di lavoro e di reddito ma anche un danno sociale, in quanto la stragrande maggioranza degli allevamenti anche in Abruzzo si trova in zone montane e svolge un ruolo insostituibile di presidio del territorio – conclude il Direttore Bertinelli – L’unica eccezione a questa regola si registra nella filiera corta, più redditizia per il produttore che riesce a recuperare parte del valore aggiunto sul prodotto finito garantendo l’origine al consumatore”.