Nell’equilibrio la forza. E’ il segreto di Emidio Pepe e dei suoi vini artigianali. Cinquanta vendemmie sulle spalle e non sentirne il peso. Piuttosto la felicità di averci visto giusto fin dal principio realizzando il suo sogno. E aver regalato all’Abruzzo col suo Montepulciano artigiano il vanto di essere annoverato nella Critic’s Choice di Wine Spectator, la ristrettissima élite dei migliori produttori al mondo secondo l’autorevole bibbia newyorkese del vino.
Nell’equilibrio la forza. Per i vini Pepe la forza è nell’equilibrio delle componenti, la qualità delle bucce, le vigne vecchie curate con amore una per una come fossero persone, la struttura e l’armonia di quel nettare morbido e delicato, non filtrato, genuino, capace di invecchiare anche trenta, quarant’anni. Di attraversare il tempo conservandosi giovani. Proprio come Emidio, ottantadue primavere e una forma smagliante, il sorriso cordiale, l’eleganza della figura, l’austerità di poche parole e solo in abruzzese pare abbia deciso. Per lui, che di quel nettare è artefice e riflesso speculare, la forza è tutta nella stoffa del contadino sapiente, caparbio e intuitivo, fiero delle sue mani sporche di terra e convinto, da sempre, “di fare uno dei rossi migliori del mondo”.
All’avanguardia da sempre sul fronte della vinificazione tradizionale seguendo la filosofia della biodinamica, del “naturale” oggi tanto evocato. Un equilibrio raro da trovare, una storia esemplare e straordinaria quella di Emidio Pepe e della sua amata moglie Rosa, da mezzo secolo al suo fianco. Una passione condivisa, raccontata dalla dinastia di figlie, generi e nipoti, depositari del suo credo nel lasciar fare alla natura assecondandone l’operato. E raccontata anche dai tanti estimatori che intorno a lui si sono stretti nella giornata di festa in azienda per i cinquant’anni di attività della maison.
Affacciata sulle fertili colline vibratiane, a Torano Nuovo, la dimora-cantina della famiglia Pepe ha accolto sabato rappresentanti della comunità internazionale del vino per la presentazione del libro “Manteniamoci giovani” (edizioni Porthos) dedicata da Giuliano Sangiorgi, divulgatore del vino naturale, alla storia di Emidio Agostino Pepe. Un nome per l’anagrafe, l’altro “vero” nel senso di caratteriale: l’aggettivo augustinus indica appunto la caparbietà e Ustì è il nome dato al vigneto più nobile di Montepulciano, quello sotto casa Pepe. Assente la signora Rosa, proprio in mattinata scivolata sulle scale trafficando con lo splendido timballo da lei preparato per accompagnare le degustazioni.
Nel pomeriggio il riservato, emozionante, assaggio di dieci selezionate annate di MdA: “Cinquanta vendemmie, longevità e trasformazione del Montepulciano d’Abruzzo Pepe”. Il via con la prima storica del 1964, vino quest’anno battuto all’asta di Wall Street a 4.100 dollari. “Una fortezza volante” commenta Sangiorgi, “un vino ancora perfetto, fresco, equilibrato, spettacolare” esclama tra gli applausi Sofia Pepe, che dal 2005 affianca il padre nei processi di vinificazione. “Assaggiare l’annata ’64 è come parlare con una persona anziana che ti fa cogliere le idee di quel tempo” rivela il giovane cantiniere Stefano Mancinelli, cresciuto in azienda come in famiglia: “con Emidio sono entrato in sintonia da subito, per me è il terzo nonno” confessa.
Dal rosso del ’64 a proseguire con le annate ’75, ’79, ’83, ’85, ’90, ’93, ’98, 2001 e 2010. Carrellata lunga tre intensissime ore, arricchita strada facendo dall’assaggio fuori programma dell’annata ’95 di Montepulciano e poi di Trebbiano, invecchiato. “Questi vini” raccontano da Pepe “provengono tutti da uve allevate a tendone, vigneti esposti a mezzogiorno, ogni kg d’uva un metro quadro di luce, l’uva all’ombra ci dà freschezza di profumi e tenerezza delle bucce, protette dalle scottature della calura eccessiva”.
Vini che evolvono nel bicchiere: ogni vino buono è materia viva e deve consevare la capacità di non sapere cosa avverrà in futuro. Nessun folklore quando diraspiamo i grappoli a mano e pigiamo l’uva con i piedi, avverte Sofia. “Lavorando artigianalmente senza impiego di macchinari il chicco resta integro, fermenta quasi intero e il raspo non si rompe. C’è energia e vitalità nella bottiglia, che noi non filtriamo per conservarla fino al bicchiere. E attendiamo con pazienza finchè sarà pronta a concedersi. Ogni vino racconta una storia personale, come un essere vivente”.
L’ultima parola è tutta di Emidio, il fondatore, “un produttore mitologico istruito dall’esperienza”, “un custode della terra”, di recente nominato “Vignaiolo dell’anno“. “Non penso mai a quanto lavoro ci vuole. Penso piuttosto a fare un ottimo prodotto, il miglior rosso del mondo. Per l’Abruzzo è importante”.
Jolanda Ferrara