C’era una volta una tavola imbandita sul mare, gazebo di plastica bianca si alternavano a grandi cucine all’aperto arrangiate alla meno peggio. Contadini ed allevatori, nonne e casalinghe si improvvisano imprenditori; si stanziavano per tre giorni al porto turistico e provavano a vendere alla gente l’unica cosa che sapevano fare: formaggi, barattoli e conserve, senza stare troppo a pensare a certificati di origine, attestati di conformità ed autorizzazioni sanitarie.
Poi, all’improvviso, arrivò il boom di master chef, del mangiare bene ma sano, della ricerca dell’ identità di un territorio attraverso il caglio di maiale, i coglioni di mulo, la pecora alla callara ed i tondini del tavo.
Il red carpet al posto del contadino
E fu così che la tavola di Mediterranea venne rivestita da un red carpet che nulla aveva da invidiare a quelli di Cannes e Venezia (tanto che operatori ed operai si guardavano bene dal passarci sopra con le scarpe imbrattate di sudore e lavoro); i gazebo bianchi si trasformavano in castelli vestiti a festa, vista la possibilità di essere votati in un concorso fotografico su Facebook; le grandi cucine all’aperto, che fino all’anno prima sputavano fritto e strutto, si sistemavano all’interno di una street food di “cascette” verniciate di bianco per divenire comode (?) sedute che sarebbero state alla grande nella Factory di Andy Warhol, dove gli oggetti della quotidianità diventavano opere d’arte macina soldi.
Non c’è quasi più nulla del contadino con le mani sporche di terra che senza sapere né leggere né scrivere faceva la passata di pomodoro più buona del mondo: adesso l’espositore arriva in giacca e cravatta, parla in inglese e rilascia interviste alle tv senza lasciarsi tradire dall’accento. Fa lezioni sul lievito madre e si lamenta, attraverso i questionari di gradimento, se il manifesto della fiera non campeggia da almeno due mesi in ogni angolo della regione, sulle autostrade, nelle stazioni e in aeroporto perché il suo barattolo di talli d’aglio che ha superato ogni prova biologica, sanitaria, commerciale e culinaria deve trovare la strada per essere esposto nei primi dieci ristoranti del mondo.
Le stelle del nuovo business
E mentre nel piazzale del Marina di Pescara, l’equilibrio dell’enogastronomia abruzzese si regge su questo genere di contrasti, all’interno del padiglione sfavillano le stelle Michelin: aldilà di un piano cottura di 20 metri bianco latte, sovrastato da pannelli tridimensionali, con una regia alla “Amici” di Maria De Filippi, brillano gli chef emergenti, gli uomini e le donne che tutti vorremmo essere. Curati, ben vestiti, profumati, con le mani perfette per le riprese televisive, sfilano le eccellenze del territorio che ci propongono alghe e cappuccini di pesce. Anche loro, come noi, sono cresciuti nella cucina della nonna dove il sugo di carne sbuffava per 24 ore e le mani sapevano di aglio (e non di talli) e prezzemolo. Ma loro hanno intravisto in quella apparente normalità la strada dell’ascesa e sono diventati, a dispetto di chi li voleva dottori, avvocati e commercialisti, gli esponenti in fermento di un nuovo business.
Enogastronomia, il successo dell’Abruzzo
Potrà essere tutta una moda: magari, tra qualche anno, diventeremo cultori del digiuno perché avremo scoperto che l’aria, a stomaco vuoto, ha un sapore diverso. Ma qualcosa di buono c’è in questa favola dei tempi moderni: l’enogastronomia è l’unico settore in crescita in un Abruzzo a dieta di tecnologia, impianti industriali, brevetti ed invenzioni che si sostenta a furia di scioperi e casse integrazioni in deroga. E allora, visto che non si vive di solo pane, che ben venga il lieto fine tra il giovane in livrea bianca da chef e la nipote della nonna che studia all’estero per vendere nei circuiti internazionali, sempre più remunerativi, le conserve dell’antenata. La loro storia potrebbe cambiare le sorti di una regione in crisi da troppo tempo ed aprire le porte del castello fatato ad albergatori, ristoratori, commercianti e consumatori, per vivere tutti e davvero tutti, felici e contenti. (foto in copertina di Mario Sabatini)
Maura Di Marco