Ottantanove pagine,dieci storie, raccontate con il cuore fra le vite che continuano e la morte dei protagonisti. Un piccolo prezioso noir il terzo libro di Cristina Mosca, giornalista, insegnante, motore di tante cose anche enogastronomiche con la sua rivista C come Magazine. Anzi, più che noir “Loro non mi vedono” sa di poeticamente gotico, dalla copertina illustrata da Michela Tobiolo, alla scelta delle storie che regalano finali ora mozzafiato, ora disarmanti, ora commoventi, che non ti aspetti.
Anzi, a pensarci meglio ricorda anche una piccola, moderna Antologia di Spoon River, uscita il 6 giugno, pubblicata da Ianieri Edizioni per inaugurare anche una collana ad hoc #Bartleby, libro da comprare perché regala un’avventura bella ed emozionante, grazie ad una scrittura avvezza a raccontare storie. Come quella di Roberto Straccia che apre la rassegna di microracconti di cui il libro si compone. Il libro parte con un delicato tributo alla morte del ragazzo marchigiano che studiava a Pescara, due anni e mezzo fa, percorre i suoi ultimi passi, annega con lui, riemerge con i suoi ricordi, il suo corpo, la sua letteraria verità fatta di pensieri e parole bellissime.
Ci sono diverse citazioni, ma i morti non hanno nomi, sono tipologie semi anonime di ex viventi che per ragioni diverse smettono il proprio percorso terreno e diventano ora casi di cronaca, ora vittime di abbandoni, ora carnefici della pietà, ora creature addirittura non nate, ora solo esseri umani nati sfortunati.
Per Cristina è la terza creatura, Loro non mi vedono arriva dopo Silloge Pierrot scalzo (Tracce) E donne infreddolite negli scialli (Schena), un ponte con un mondo, quello della letteratura, in cui cammina da tempo, raccogliendo premi e consensi.
Leggete questo libro, vi accompagnerà dentro pensieri profondi, spesso anche scomodi, vi costringerà dolcemente a pensare alle separazioni fisiche e a tutto ciò che si portano dietro, vite irrisolte comprese o addirittura mai espresse. Un mondo a parte, quello delle vite che non hanno parole, non solo perché non ci sono più, ma, piuttosto perché non hanno avuto abbastanza tempo e occasioni per raccontarsi, come Cristina fa spiegare ad una delle anime più dure delle 10 che ha raccontato, perché questa dimensione diventi evidente:
Credete sia difficile vivere. Voi non sapete quanto sia difficile morire. Non sapete cosa significa guardare ad ogni alba volti liquefatti sui cuscini, circondati da una infinita pena: pupille che tradiscono l’augurio di morire, morire presto. Voi non conoscete il desiderio del perché non prendi me, pur di non vedere, non testimoniare l’arsione pazza che divora le cellule più giovani. Non vedete irrigidirsi le vene lungo le braccia dei padri e dei mariti quando le unghie si incidono nei palmi, quasi a voler trattenere la persona amata come un lenzuolo tirato di notte. Ma la vita, al contrario di quello che ci insegnano, non è aria, non si tiene ferma nei pugni chiusi.