Se la carne diminuisce dai piatti delle famiglie italiane, ora cala anche il pesce e in modo ancora più sensibile: il calo delle quantità di pesce fresco acquistato raggiunge il 15 per cento per i calamari e il 14 per cento per le alici, ma riduzioni si registrano anche per i polpi (-10), le trote (-9), cozze (-6) merluzzi (-4) mentre a crescere sono solo le triglie (+6 per cento). E’ quanto emerge da una analisi di Coldiretti Impresa-Pesca sugli effetti della crisi sui consumi di pesce degli italiani sulla base dei dati Ismea relativi al primo trimestre del 2013, in occasione di slow fish.
Ma non è colpa solo del prezzo e della crisi. Il pesce, lo dcevano statistiche recentissime, è finito. Il fabbisogno italiano del 2013 è già esaurito e dunque la legge della domanda e dell’offerta agiscono sul prezzzo e “puniscono” il consumo, lo condizionano pesantemente. “Complessivamente – sottolinea Coldiretti Impresa-Pesca – si è verificato un crollo delle quantità di pesce fresco acquistate dalle famiglie italiane del 5,1 per cento anche per effetto del fatto che si e’ ridotto del 6 per cento il numero di famiglie che ha lo messo nel carrello della spesa nel corso del trimestre. La crisi fa scendere i consumi di pesce al di sotto dei limiti di guardia su valori stimati sotto i 20 chili a testa all’anno, nettamente inferiori a quelli degli altri partner comunitari con sbocchi sul mare come il Portogallo (oltre 60 chili di consumo pro capite annuo), la Spagna (49 chili a persona all’anno ) e la Francia (oltre 33 chili a persona all’anno). A essere danneggiati non sono soli i consumatori ma – sostiene Coldiretti Impresa-Pesca – anche i pescatori italiani che oltre alla riduzione degli acquisti devono affrontare il ritardo di oltre quattro mesi nei pagamenti dei fondi alle imprese di pesca che hanno effettuato il fermo biologico nel 2012”.
Un problema, il debito dello Stato che rischia di affondare la flotta italiana si somma a quello della mancata erogazione della cassa integrazione straordinaria (Cig) ai marinai imbarcati sui pescherecci che hanno rispettato lo stop alle attivita’ di pesca nell’estate scorsa.
“A oggi non sono state liquidate più del 20 per cento delle imprese che hanno diritto al premio per il fermo. In questa situazione di totale incertezza – sottolinea Coldiretti Impresa Pesca – difficilmente si potrà nuovamente parlare e ragionare di fermo tecnico per l’anno 2013. Al momento è pensabile effettuare il fermo solo con la chiusura delle aree di ripopolamento senza il blocco delle imbarcazioni, le quali non potranno più sopportare prolungati periodi di inattività se non debitamente e tempestivamente sostenuti. Dovranno anche essere chiarite alcune strane situazioni verificatesi nei pagamenti del fermo 2012 nello scorso mese di dicembre, dove compartimenti marittimi, che hanno concluso il fermo con anticipo su altri, si sono visti non pagare”.
Un ennesimo crollo degli acquisti degli alimentari, voce che comprende più di ogni altra i beni di prima necessità e che in quantità, su base tendenziale, registra a marzo un meno 3%. Dato che va ad aggiungersi alle diminuzioni precedenti, che durano ormai ininterrottamente dal 2007″. E’ quanto afferma anche il Codacons in una nota commentando l’andamento dell’indicatore dei consumi di Confcommercio. Secondo il Codacons, “si può dedurre che a questo punto un terzo delle famiglie italiane vive come nel dopoguerra. La loro priorità, infatti”, si legge nel comunicato, “è diventata la ricerca dei soldi per poter acquistare il cibo fino a fine mese. Per uscire da questa situazione occorre che il Governo restituisca il drenaggio fiscale, salvaguardando il potere d’acquisto delle famiglie, riduca le tasse sui ceto medio bassi, ed infine, riduca, anche con le liberalizzazioni, le spese obbligate che le famiglie pagano per banche, assicurazioni, luce, gas, benzina, rifiuti, acqua”.