La primavera ortonese sa di pecorino. Sarà perché a un passo da Ortona, nel bel mezzo di una assolata domenica di primavera da Dora Sarchese si percorre una verticale di pecorino che riporta indietro di 10 anni. Un evento che serve per festeggiare il nuovo pecorino della cantina di cui è motore Nicola D’Auria con la nota mamma e il resto della famiglia. Dora d’oro si chiama il frutto della vendemmia 2013, spremuto dai 2,5 ettari che dal 2004 vinificano ciò che sulla costa sembrava impossibile da realizzare.
“Una coltura tipica della zona pedemontana aquilana”, spiega il professor Leonardo Seghetti durante convegno e degustazione che si svolgono nella fresca bottaia della cantina. Wine maker, non enologo Seghetti, ma nel mondo del vino sono le visioni che contano e la sua visione sul vitigno è datata 2004, l’anno del primo pecorino di Dora Sarchese offerto in degustazione con gli altri due: annata 2008 e 2013.
Conosciuto più da vicino vitigno, caratteristiche, vino e abbinamenti alimentari nel pre degustazione con un parterre tecnico di tutto rispetto moderato da Pasquale Pacilio, si passa alla degustazione, affidata a Gianluca Marchesani, nei panni “scomodi” del sommelier. “Vorrei cominciare col chiarire che non parlerò dei sentori di mele renette che sono in questi vini – dice schernendosi dal convegno che ha fatto un po’ le pulci a certa pedanteria tecnica del settore – ma vi inviterò semplicemente a bere e a raccontare cosa sentire”. Descrive il pecorino 2013 come un vino contestualizzato, che vede il territorio circostante e lo ripropone nel suo grado alcolico, in quell’acidità tipica del vino alla prima stagione. “Trasparente, specchiato, acido quanto basta – dice – cominciamo dall’ultimo perché sarà più chiaro stabilire le differenze sensoriali dai vini datati venuti fuori dalla stessa vigna, dallo stesso vitigno, dalla stessa tecnica. L’unica differenza sta nell’età e nella condizione del territorio che si porta dentro”.
Mentre la platea apprezza si passa al 2008, il pecorino intermedio è profumatissimo, ma liquoroso, dal sapore corposo, un vino esuberante, viene definito, che fa il suo viaggio senza problemi, perché, chiarisce Seghetti: “E’ un vino libero come non lo sono tanti altri anche se vengono dichiarati tali”.
Le analisi graffianti del professore, una vera e propria pietra d’angolo della cantina con cui collabora dal 1978, lasciano spazio alla soddisfazione piena appena il primo sorso del Pecorino 2004 arriva alle papille gustative del pubblico.
Un sapore strutturato, chiaro, amabile: “Emozionante – dice – che un vino si presenti così dopo 10 anni. Tanto emozionante che dovremo limitarne l’uso per vedere dove andrà a finire, come si conserverà fra vent’anni ancora”. Come detto sono una ventina le bottiglie rimaste, ci racconterà poco dopo Nicola D’Auria, ma quel pecorino portava con sé la responsabilità e, insieme, la dorata sfrontatezza del pioniere.
“Sì, è vero. Fu il pecorino intorno a cui organizzammo un convegno davvero rivoluzionario nel 2005 – dice D’Auria – Emblematico e provocatorio il titolo: Dopo il Montepulciano, il Pecorino. Era così, perché fino ad allora si parlava solo di Montepulciano. Tutti gli altri vini abruzzesi sparivano di fronte a questo, come se dovesse essere famoso soltanto lui. Ma perché? Ci siamo detti. E ritrovandoci per le mani un Pecorino buono come quello che avete assaggiato e un vero e proprio esperimento riuscito sulla costa nei nostri vigneti, beh, facemmo il convegno e fu un successo. Sia di opinione che di pubblico. Invitai molti colleghi vignaioli, alcuni arrivarono indignati perché lavoravano anche loro al Pecorino, noi non fummo i primi, ma non fecero in tempo a raccontarlo. Da allora questo vino è diventato uno dei nostri punti forti. Ed è a causa del suo carattere che vi abbiamo convocato: perché due settimane fa lo abbiamo riassaggiato e ci siamo resi conto che valeva la pena fare una verticale per raccontarne la storia negli ultimi 10 anni”.
Già, perché in Abruzzo non c’è solo il Montepulciano. E lo sanno in tanti, tutti coloro che al rosso fermo per eccellenza hanno accostato cococciole, trebbiani, cerasuoli e, ultima tendenza, i biologici o liberi che dir si voglia. Il mondo del vino abruzzese non ha e d’altronde non può avere confini angusti, perché ospita l’inventiva di chi coltiva, il genio di chi crea il vino e l’innovazione di chi lo commercializza. “Questi fattori non possono andare sciolti – rimarca Seghetti – Il bello di stare qui per uno che fa vino è la libertà di agire fino al risultato senza che il vignaiolo arrivi a dire la sua su come ottenerlo. Per questo il sodalizio funziona”.
Pecorino che va con tutto: carne, pesce, salato e dolce. In cucina che proprio mamma Dora a dimostrarlo. Cuore e cucina della cantina Dora Sarchese impasta e stende, spadella e cuoce un menù bagnato dall’ultima creatura della casa: carciofi ripieni, gnocchi al pecorino (quello a base di latticini però), un timballo rosso della mamma, per andare poi sulla pecora alla callara e chiudere con uno strudel con crema chantilly accompagnato da un moscato di Pecorino di grande profumo.
Il prossimo appuntamento? A Ortona sarà con un nuovo viaggio, stavolta nei vigneti della cantina, per Abruzzo Terrad’oro, il contest video-fotografico made in Sarchese sabato 12 aprile offirà il destro per una passeggiata fotografica tra i vigneti. h 10,30 oppure h 15,30.
Gli appassionati di fotografia che hanno raccolto la sfida stagionale del contest Abruzzo Terrad’oro alla prima edizione e hanno immortalato la natura vitivinicola e il territorio ortonese durante l’ebbrezza estiva, i colori autunnali e il riposo invernale si godranno la primavera e il risveglio globale: il contest rimette sul piatto e rilancia la sfida anche a chi non è riuscito ad aderire al contest sin dall’inizio, dando la possibilità a tutti di concorrere per una piccola sessione di premi tutta speciale!