Riceviamo e pubblichiamo l’intervento de di Silvano Ferri, presidente Federdop sulla vicenda del suicidio dell’olio d’oliva, sollevata di recente da una striscia di vignette del New York Times. Ecco come la pensano gli addetti ai lavori abruzzesi del comparto che promuove olio di qualità con buna storia che unisce eccellenza a valore del territorio.
L’inchiesta e le vignette del New York Times non raccontano nulla di nuovo nel mondo dell’olio. C’è però da rilevare che tutto questo “chiacchiericcio mediatico” ha creato e crea danno enorme al nostro vero olio extra vergine d’oliva e ai produttori abruzzesi che negli ultimi anni hanno conquistato significative quote di mercato negli Stati Uniti e Canada, con i nostri oli Dop ed Extravergine. A tal proposito la crescita dell’export dell’olio nella nostra regione nel 2010 ha raggiunto 15,6 milioni di euro ( 1,0 % del totale nazionale) in aumento del 150,9% rispetto al 2003 ( fonti Cresa). L’attacco all’immagine del principale prodotto simbolo della Dieta Mediterranea ci fa sorgere qualche dubbio,perche potremmo dire “Da che pulpito viene la predica!”. In un paese come gli Stati Uniti con la più alta concentrazione di frodi il giro di affari dell’Italian Sounding ha generato nel solo 2009 un fatturato di 24 miliardi di euro (40% del totale valutato in 60 miliardi) a fronte di esportazioni per 2,6 miliardi di euro (falso 1 prodotto su 9). Per esempio viene commercializzato un olio extra vergine d’oliva Pompeium Olive Oil che non ha nulla a che vedere con la Campania, ma viene imbottigliato nel Maryland, o quel Romolo prodotto dalla Spagna insieme ad altri marchi, come Bellissimo o Viva Tuscany, tanto per citarne una piccolissima parte a dimostrazione di strategie messe in atto per confondere i consumatori evocando vita, paesaggi e territori italiani.
Gli accordi commerciali per il libero scambio delle merci oltre Atlantico se hanno avuto uno sviluppo positivo UE- Canada in particolare per la tutela ed il riconoscimento ai prodotti a indicazione geografica DOP e IGP, hanno profilo diverso per quelli fra gli Stati Uniti e Comunità Europea. Benchè pubblicizzati da Obama nel G8, vanno a rilento poiché i negoziatori statunitensi non vogliono riconoscere i prodotti a Denominazione D’origine, in quanto metterebbero fuori gioco tutti i marchi di olio, mozzarella, formaggi ed altri prodotti agroalimentari che usano e abusano imitando i marchi originali. E’ risaputo che da anni importiamo più olio d’oliva di quello che produciamo; i paesi fornitori sono la Spagna col 72%, la Grecia col 15,9%, la Tunisia col 9% ed il Portogallo col 2%.
Inoltre, i più importanti imbottigliatori e marchi storici sono di proprietà straniera. Nel corso degli anni tutto questo è accaduto nel silenzio più assoluto, e ancora oggi molto marchi della filiera agroalimentare passano in mano straniera. Per il comparto dell’olio extravergine d’oliva il fenomeno è ancora più grave o addirittura “drammatico”, in quanto negli ultimi vent’anni il settore olivicolo – oleario è stato abbandonato a se stesso. A livello comunitario le lobby hanno condizionato le azioni che dovevano e potevano fare chiarezza sul mercato dell’olio favorendo la crescita e la consapevolezza del consumatore.
Questo ha favorito la creazione di due mercati paralleli, quello industriale e quello tipico del produttore e frantoiano generando due tipologie di olio. Il primo di apparenza , il cui valore è stato soltanto quello di ridurre il costo dell’olio mettendo così in ginocchio i produttori. Il secondo, olio di sostanza, espressione di territorio, cultura, tradizioni avendo come valore la ricerca costante della qualità. A questo va aggiunto lo svuotamento e la mancanza di politiche nazionali (nello stesso periodo la Spagna ha realizzato 4 piani olivicoli nazionali). In tal senso, l’Italia è rimasta fanalino di coda pur sapendo che l’olio extravergine d’oliva rappresenta un valore identitario che coinvolge il territorio, il paesaggio, la storia, la cultura e l’enogastronomia.
Le 43 indicazioni geografiche (42 DOP e 1 IGP), 3 in Abruzzo rappresentano un patrimonio straordinario non ancora valorizzato, anche se cresce l’interesse da parte del mercato mondiale. Nonostante sia venuta meno una politica nazionale del settore olivicolo, è stato positivo l’accesso a piani di sviluppo rurale (PSR) che hanno favorito l’ammodernamento tecnologico, la realizzazione di infrastrutture e promozione. Tutto ciò ha generato in Abruzzo una nuova classe imprenditoriale, che con professinalità, passione e dedizione riescono a produrre olio di altissima qualità all’altezza di competere sul mercato sempre più globale.
Silvano Ferri, presidente Federdop
DATI DI MERCATO
COSTI DI PRODUZIONE NEI PRINCIPALI MERCATI ITALIANI
COSTI MEDI DI PRODUZIONE DI 1 KG DI OLIO
Centro Nord
Puglia
Calabria
Sicilia
Fonte: ns. elaborazioni su diverse fonti statistiche e indagini interne (ISMEA-UNAPROL).
SISTEMA ITALIA (dati medi)
PRODUZIONE MEDIA 470.000-500.000 TONNELLATE
Il 60% della produzione è rappresentato da olio extra vergine.
L’autoconsumo e la vendita attraverso la filiera corta coinvolgono volumi pari a circa 100.000 tonnellate.
CONSUMI: 700.000 TONNELLATE (13,13 Kg pro-capite )
EXPORT: 320.000 TONNELLATE
IMPORT: 570.000 TONNELLATE
DOVE SONO DIRETTE LE ESPORTAZIONI:
STATI UNITI 30,5%
GERMANIA 11,7%
FRANCIA 7,8%
CANADA 6,1%
GIAPPONE 6,1%