Cosa significa non arrivare a fine mese? Un’accurata analisi ci arriva dalla Confcommercio e noi ve la giriamo, perché ve ne rendiate conto.
[box_light]Abbigliamento, mezzi di trasporto, alimentazione domestica, benessere personale sono le voci di consumo che, dal 1992 ad oggi, hanno visto ridursi maggiormente la loro quota nel paniere di spesa delle famiglie italiane con un calo di quasi il 2%; nello stesso arco di tempo, la quota di spesa per le telecomunicazioni è più che quadruplicata, passando dallo 0,8% al 3,3%, costituendo il principale cambiamento nelle abitudini di consumo; in crescita anche le spese per tempo libero (dal 6,9% all’8,8%), quelle per i pasti fuori casa (dal 6,3% al 7,4%) e i viaggi e vacanze (dal 2,6% al 3,1%).
Restringendo l’analisi al periodo 2007-2012, è ancora la componente legata alla tecnologia a registrare le migliori performance: infatti, gli acquisti di beni per la telefonia sono aumentati del 77%, quelli per computer, televisori, hi-fi e accessori di quasi il 21%; di contro, quella dei mezzi di trasporto è la voce di consumo che ha fatto segnare il risultato peggiore con un calo di oltre il 45%; da notare come l’andamento crescente dei prezzi relativi alle spese obbligate, come quelle per l’abitazione, abbia di fatto ridotto le risorse a disposizione delle famiglie che hanno dovuto ridimensionare il consumo di altri beni, come i mezzi di trasporto, l’abbigliamento e le calzature la cui quota di spesa in un solo anno si è ridotta di mezzo punto percentuale.
Questi, in sintesi, i principali risultati che emergono da un’analisi dell’Ufficio Studi di Confcommercio sui consumi delle famiglie italiane tra il 1992 e il 2012. Analizzando la composizione dei consumi nel lungo periodo e le tendenze più recenti, i dati seguenti mostrano che, almeno su base aggregata per 25 milioni di famiglie italiane, ad emergere è l’inerzia piuttosto che il mutamento. Se si dà il giusto valore all’inerzia dei consumi, imposta da tradizioni, gusti e preferenze ai quali il cittadino-consumatore tiene almeno quanto alla sua voglia di cambiamento – sarà più facile apprezzare la portata effettiva dello stesso notevole cambiamento intervenuto nella struttura dei consumi e nei comportamenti di spesa. L’alimentazione in casa cresce solo nel 2012 a causa dell’eccezionale crollo di redditi e consumi totali: al contrario di quanto accade nei periodi di crescita, nei periodi fortemente recessivi la quota dei beni basici sul budget complessivo sale. E’ l’ennesima testimonianza della gravità della crisi. In particolare nell’ultimo anno, in cui il calo dei consumi ha assunto dimensioni significative, le famiglie, strette dalla necessità di sostenere spese come quelle per la casa difficilmente comprimibili e nel tentativo di mantenere gli acquisti di alcuni beni e servizi ritenuti sempre più importanti nella definizione del benessere individuale, hanno operato un forte ridimensionamento nell’acquisto di beni quali i mezzi di trasporto e l’abbigliamento e le calzature.
In un solo anno l’incidenza sulla spesa per questi beni si è ridotta di mezzo punto percentuale. I prodotti di questi settori hanno tra l’altro una forte rilevanza all’interno della filiera del made in Italy con gli inevitabili riflessi negativi in termini di produzione e occupazione. E’ del tutto evidente che la principale modificazione della struttura delle quote di spesa, soprattutto in termini reali, riguarda le telecomunicazioni, la cui quota è più che quadruplicata rispetto a venti anni fa. Anche dalle dinamiche delle singole voci di spesa, emerge che nel tempo è la componente legata alla tecnologia a mostrare gli aumenti più sensibili, favorita sia da dinamiche di prezzo favorevoli, sia dalla continua introduzione sul mercato di nuovi modelli il cui utilizzo è divenuto nel tempo sempre più polivalente. In particolare, la spesa a volume per i beni per la telefonia è aumentata, tra il 2007 ed il 2012, del 77% e quella per gli elettrodomestici bruni e IT del 20,8% (computer, televisori, hi-fi e accessori). Per contro, i mezzi di trasporto evidenziano i cali più sensibili. Per questi ultimi i volumi acquistati dalle famiglie si sono ridotti in pochi anni di oltre il 45%. L’eccessiva fiscalità sul settore e la cultura dei divieti hanno contribuito a questa pesantissima flessione. [/box_light]