La Notte dei ricercatori a Lanciano comincia con una “non conferenza stampa”. In uno dei salottini del Teatro Fenaroli. L’atrio, sotto, pullula di gente arrivata da tutta la provincia per capire che obiettivi e programma abbia la “non iniziativa”, messa in piedi
dalla Rete di Abruzzesi per il Talento e l’Innovazione in vista della Notte dei Ricercatori Europea che si celebrerà nel settembre 2014, con il patrocinio del Comune di Lanciano e varie collaborazioni, fra cui Regione, gli Atenei di Teramo e Chieti, la Provincia e la Confindustria di Chieti.
Sulle poltrone di velluto rosso c’è l’ex ministro Fabrizio Barca, ancora gravitante nelle stanze governative, ancora appassionato dell’Abruzzo. Accanto a lui un volto storico del Pd e dell’economia, Michele Salvati, docente all’università di Milano, a capo de Il Mulino, ancora, Eugenio Coccia, direttore del Gran Sasso Science Institute, ente formativo di eccellenza, una delle fucine dei talenti made in Abruzzo costretti ad emigrare per metter in pratica gli anni di studio matto e disperatissimo, a dare voce all’altra fucina c’è il rettore Luciano D’Amico, nuovo corso dell’Ateneo di Teramo. A tenere le fila del discorso di questo parterre di ospiti che più tardi prenderanno posto sul palco per un “non convegno”, “Viaggio oltre la notte”, la vera attrazione della serata, c’è Alberto Orioli, vice direttore del Sole 24 Ore. A radunarli, invece, Giovanni di Fonzo, che è presidente della Rati oltre che frentano dal bagaglio di amministratore, onorevole, politico.
L’utilizzo del “non” davanti agli eventi scelti per la seconda significativa tappa della Notte dei ricercatori Rati, chiarisce subito che il perimetro delle idee che prenderanno vita è sterminato. “La nostra regione ha bisogno di innovazione e crescita per andare avanti – esordisce Di Fonzo presentando gli ospiti alla stampa – Dobbiamo recuperare la capacità di coltivare il talento nel nostro futuro. Serve a questo il patto per la ricerca che noi vogliamo lanciare: trovando risorse per progetti veri, già in parte avviati, da portare alla Notte dei Ricercatori europea come contributo dell’Abruzzo alla sua crescita”.
Un monito rivolto ai giovani, i grandi assenti dal panorama dei pubblici coinvolgimenti per crescita e sviluppo, loro malgrado: l’Italia esporta materia grigia fresca, ma non la importa. E in un Paese che istituzionalizza un simile comportamento, oltre che necessario, diventa facile fuggire dalla mancanza di prospettive future, dalla necessità di costruirle. La Rati, due anni fa, è nata per cercare di farlo, di costruire, di mettere le basi per la scelta di rimanere. E qualcuno la fa. Anzi, dà l’esempio: a finanziare evento e progetti c’è anche una coppia di sposi, hanno fatto una cosa folle e bellissima al contempo, ovvero versare i soldi raccolti sposandosi per finanziare un progetto di ricerca! Poi ci sono enti privati che fanno da stampella ad un Pase che taglia fondi e toglie orizzonti proprio alla ricerca, alla cultura, al suo futuro. Paese che non è un’entità astratta, le responsabilità ci sono e sono evidenti, anche se nessuno lo dice chiaramente: è colpa della “non politica” che ci affligge in questo momento di crisi e transizione. E’ così.
Michele Salvati lo sa e lo sottolinea: “Siamo l’unico Paese dove i tecnici devono sostituire i politici – esordisce prensentandosi. Fa un accenno a Spadolini e a quella che sembrava la crisi peggiore, all’epoca, invece – Il problema è che poi i partiti tornano a fare pasticci. Nonostante tutto credo che possiamo farcela. Finché ci sono persone di talento che hanno anche la determinazione di cambiare le cose, una speranza ancora c’è. Ma devono sentirsi coinvolti, perché la rivoluzione cominci”.
La chiave sta nei comportamenti. Lo sottolinea Fabrizio Barca, ex ministro allo Sviluppo Territoriale rimasto legatissimo alla nostra regione: “Certo, la diagnosi della nostra situazione economica non è bella – dice – ma voglio restare ottimista, perché il nostro futuro si determinerà grazie a nuovi comportamenti. Guardate, sta già accadendo. Abbiamo toccato il fondo e ce ne siamo accorti, ma sappiamo che il Paese può ancora fare qualcosa. Ad esempio lottare per ricostruire un ponte generazionale che consenta ad una nuova classe di dirigere e affermarsi, perché è formata, ha le competenze per andare avanti. Competenze che finiscono all’estero, perché l’Italia non gli dà spazio”.
A L’Aquila, per esempio, un barlume di rivoluzione è già cominciata, con il Gran Sasso Science Institute, che ha istituito un dottorato di ricerca per le eccellenze: “Bisognerebbe fare scelte politiche con mentalità più aziendalistica – è il suggerimento del professor Italo Coccia che lo dirige – Grazie a Barca e alla Regione che ci hanno creduto, oggi il dottorato è divenuto una realtà: abbiamo 550 domande di partecipazione, è un numero elevatissimo, siamo la prima scuola a nascere a sud di Pisa. Possiamo evitare il declino, dobbiamo volerlo”.
Puntando sulla cultura, lo sottolinea il rettore dell’Ateneo di Teramo Luciano D’Amico: “Lo sapete che il Cnr francese assume anche ricercatori stranieri? Ebbene, il 40 per cento di quelli assunti arriva dall’Italia: sono menti che non ritornano in Patria. L’Abruzzo ha i numeri per cambiare le cose: ogni 100 residenti abbiamo una media del
4,58 per cento di studenti universitari, la media nazionale è del 2,7! L’Abruzzo ha meno giovani inoccupati della Lombardia. Questi dati dicono una cosa precisa, siamo vicini ad un punto di svolta, dobbiamo mettere in moto la rivoluzione, quella che cambia le cose attraverso i talenti che ha”.
Un intento che ha coinvolto un giornalista di lungo corso come Alberto Orioli e lo ha trasformato in conduttore della serata: “Non conduttore – precisa – che è la ragione per cui un topo di giornale come me, ha deciso di uscire dalla sua tana e venire a vedere che stava accadendo. La fiducia serve a far girare all’economia, credetemi, ho a che fare con i numeri ogni giorno al Sole 24 ore. E il cambiamento si fa con i comportamenti nuovi, a cui accennava Barca: per ingenerare fiducia, bisogna averne, perché ciò accada, bisogna fare largo a gente che nutre questo dentro. Gente di cui l’Italia è piena”.
Molta di quella gente riempie il foyer del teatro, dove il Gal Majella Verde, partner operativo della Notte, ha scelto 10 prodotti tipici da salvare, li ha cucinati e farri assaggiare al pubblico. Un non buffet, per chiarire l’intento del mondo sconosciuto della cultura e del talento del territorio.
Altri, invece, seguono un doppio evento di grande suggestione, poco distante, anzi, sotto il pavimento del teatro. Dalla vicina chiesa di San Francesco, uno spettacolo rivela la Lanciano sotterranea: un percorso archeologico che si muove da lì e arriva fino al teatro.
Guide speciali fra le gallerie sono i ballerini della compagnia di Antonio Minini, giovanissimo talento della danza che dopo essersi formato fra Rotterdam e Londra, aver lavorato fra Scala, Napoli, l’Arena di Verona e girato mezza Europa, debutterà con una nuova produzione di Anna Bolena al Teatro Comunale di Teramo, il prossimo 6 dicembre con l’orchestra Fonderie Sonore. C’è anche quella nel percorso, come ci sono le mani, ben quattro, del duo Maclè, Sabrina Dente e Annamaria Garibaldi, che eseguono al piano la versione de “Le sacre du printemps”, Stravinsky, mentre le ragazze ballano e guidano la platea nel loro immaginario artistico e culturale.
E’ un viaggio che regala stupore, quello fra i resti frentani della chiesa, dell’Auditorium Diocleziano, penetrati di notte, guidati dalla danza e dalla musica, scoperti attraverso un percorso che accosta cultura e talento e che piace e avvince, quando c’è. Quando c’è. Quello della Notte dei ricercatori è un tentativo riuscito, che si può replicare. Infatti il simbolico albero di progetti da concretizzare, 100, che campeggia sopra quel percorso, in piazza, dimostra che materia per provarci c’è. Va attivata.
Il convegno offre una guida. Il teatro Fenaroli è pieno. Ad aprirlo è un prologo inatteso, teatrale, che richiama il sindaco Mario Pupillo ad una delle sue antiche passioni, il teatro. Con un attore diventa Galileo, discetta dell’importanza della scoperta e si consegna agli applausi del pubblico con una certezza aver aperto la porta della cultura. Un esempio pratico di cosa produce il talento è la raffica di immagini che aprono il convegno e intrattengono la platea in attesa dei relatori: una selezione degli scatti patrimonio di Paesaggi d’Abruzzo, oggi
oltre 106mila utenti di una pagina che attrae e restituisce le immagini più belle della nostra regione, un fenomeno di promozione turistica e culturale attraverso le immagini, capace di creare nuovi canali di comunicazione da esplorare, canali potentissimi (guarda anche il sito), che non arrivano dalle istituzioni, ma che uniscono talenti, quelli di quanti scattano foto e producono immagini a popolarità, quella della gente che li assorbe, perché ne sente il bisogno.
“Siamo qui per dimostrare che il talento conta – sul palco sale Carlo Ricci, a capo del Gal Majella Verde – L’idea è nata due anni fa, insieme all’associazione che oggi ha organizzato tutto questo. Il bilancio abruzzese in tema di cultura è in rosso. I talenti vanno via e non tornano perché, dicono, l’Abruzzo non è attrattivo. Che terra è una terra che non può offrire lavoro ad un gruppo di giovani qualificati, talentuosi? E’ una terra che non fa ricerca e non la alimenta puntando sull’innovazione. E che comunità è quella che ne deriva? Una comunità che non crede in sé stessa, non ha fiducia. Noi non vogliamo essere una comunità di questo genere. E siamo certi che a pensarla così non siamo i soli”.