Lui si chiama Davide Cordoni ed è un giovane chef. Dove si è formato? Nelle cucine del territorio teramano: 27 anni, di Campli-Campovalano, la patria della porchetta, del tartufo e di molte altri piatti e prodotti tipici abruzzesi meravigliosi e ora studia per diventare un tecnico dell’alimentazione.
E’ Davide il motore della cucina della VII Festa Nazionale dell’Agricoltura che si sta svolgendo a Teramo. Si mette ai fornelli da campo che lo hanno visto tante volte in prima linea dove c’era bisogno di braccia, cuore e talento culinario e propone ogni giorno un viaggio enogastronomico tutto abruzzese agli ospiti serali, perché nel ristorante della Festa si cena.
Quattro menù, uno per provincia, l’apertura concessa a Teramo e a una delle specialità del posto, il Vitellone Bianco, ma nella scelta delle cose da mettere in pentola, ci sono anche le cozze! “Cucino da quando avevo 14 anni – racconta Davide – ho cominciato dal pesce, ma per me è indifferente, cucino carne, pesce, verdure, tutto quello che arriva dal nostro territorio che è ricchissimo. Ho cominciato in un ristorante di pesce della costa teramana, oggi non ho ancora una sede fissa, diciamo che sono uno chef “freelance”, ma le occasioni di farsi promotori del territorio e di ciò che l’Abruzzo produce, non manca!”
Chef volontario, per la Croce Rossa che gli mette a disposizione la cucina da campo dentro cui ha cucinato a L’Aquila, in Emilia e in altri luoghi in cui c’è stato bisogno di farlo: “Mi piace esserci, dare una mano – racconta – con questa cucina abbiamo portato sollievo e aiuto in luoghi che mi rimarranno per sempre impressi. Ci deve essere anche questo nella vita di uno chef, aiuta a conoscere il mondo, a restare in mezzo alla gente”. Talent? Per il momento non ne sente il bisogno. Cucina di tendenza? Lui preferisce quella a chilometro zero, quando può e nel piatto della Festa ne ha portate diverse di eccellenze.
Primo giorno di Festa Nazionale dell’Agricoltura antipasto casalingo, Davide ha scelto i tartufini di Campovalano e patate,tanto per giocare in casa, di primo chiatarra teramana, di secondo uno spezzatone di vitellone bianco, carne che il territorio produce, Teramo è uno dei territori italiani più ricchi di questa particolare e saporita Igp, retaggio della mezzadria e della storia della terra abruzzese. Secondo giorno, cucina mare monti in onore alla provincia di Chieti, terra dei Trabocchi e allora sagne ceci e cozze e un secondo di cif ciac di maiale nero. Tributo aquilano, il terzo menu, con antipasti di pecorini e salumi, taccozzelle con fagioli di Paganica e pistilli di zafferano Dop dell’Aquila, di secondo pecora alla cottora. Quarta provincia e quarto giorno dedicato a Pescara col fiadone di antipasto, pasta alla mugnaia e di secondo agnello cacio e ovo. I dolci di chiusura? Tutti tipici! Celucci e cagionetti teramano, bocconotto frentano, peschette e brutti e buoni aquilani e, dulcis in fundo, il parrozzo dannunziano.
“Ho scelto una serie di piatti che raccontassero l’Abruzzo e le province – spiega – anche se è davvero difficile riassumerle tutte in quattro giorni, ne abbiamo tantissime. Ma nel piatto deve andarci la stagione, oltre che il talento di quel territorio. Si possono provare accostamenti particolari, si possono rileggere in modo creativo, innovativo, ma non si può rinunciare mai alla stagionalità e alla qualità dei prodotti che si scelgono e qui c’è davvero l’imbarazzo della scelta”.